Oxygène: recensione del film Netflix di Alexandre Aja

La recensione del fanta-thriller claustrale di Alexandre Aja con Mélanie Laurent. Dal 12 maggio su Netflix.

Continua la sfilata di registi noti che hanno deciso di accogliere l’invito a entrare nella famiglia allargata di Netflix, realizzando per il colosso dello streaming a stelle e strisce un film o una serie che ne porta la firma. Con Oxygène è stato il turno di Alexandre Aja, apprezzato cineasta francese la cui ultima fatica dietro la macchina da presa è stata rilasciata sulla piattaforma statunitense il 12 maggio. Il film in questione, scritto per lui da Christie LeBlanc, gli consente di continuare a esplorare il vasto ventaglio di generi, che dall’esordio con Furia nel 1999 ha avuto modo di percorrere in lungo e in largo passando da un colore a un altro con estrema scioglievolezza. Oxygène in tal senso gli ha dato la possibilità di tornare alle origini, ossia a quella fantascienza con la quale aveva mosso i primi passi sulla lunga distanza portando sul grande schermo il racconto dispostico dello scrittore Julio Cortázar. Poi tanto cinema horror-splatter, del quale è diventato uno dei più quotati esponenti.

Oxygène: uno Sci-Fi dai risvolti mistery, in cui la fantascienza si mescola con il thriller

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Eccolo dunque alle prese con uno Sci-Fi dai risvolti mistery, in cui la fantascienza si mescola senza soluzione di continuità con il thriller per raccontare l’odissea di una donna che si risveglia senza memoria in un’unità criogenica. Il suo nome è Elizabeth Hansen e la sua vita è appesa ad un filo, per la precisione al poco ossigeno rimasto a disposizione. Un errore di sistema ha infatti causato un guasto all’impianto, con l’aria si va rapidamente esaurendo. Per non morire dovrà cercare di scavare nella sua memoria e contemporaneamente cercare una via di fuga.Ad assisterla in questa lotta contro il tempo c’è un Medical Interface Liaison Operator (la voce nella versione originale è affidata a Mathieu Amalric) , programmato per rispondere a ogni suo bisogno medico. In preda a crisi psicotiche causate dall’isolamento, mentre cerca risposte e indaga nella sua mente tra i ricordi per cercare delle risposte, la donna è costretta a prendere scelte difficili per tentare di sopravvivere e venire a conoscenza dei motivi per i quali si trova lì.

Oxygène: un nuovo rompicapo cervellotico che la protagonista di turno e di riflesso lo spettatore dovranno sbrogliare

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Oxygène si trasforma di fatto in un nuovo rompicapo cervellotico che la protagonista di turno e di riflesso lo spettatore dovranno sbrogliare, trovando delle risposte alle domande di rito: dove si trova e perché? Domande alle quali ovviamente non saremo noi a fornire delle soluzioni, poiché in opere di questo tipo lo spoiler poco gradito è dietro l’angolo. Motivo per cui affidiamo il compito alla visione del film di Aja, che per la seconda volta consecutiva si è ritrovato a misurarsi con un survivor-movie in ambiente ostile dopo Crawl, nel quale un padre e una figlia rimangono intrappolati in seguito a una tempesta all’interno un seminterrato infestato da alligatori. Stavolta la topografia è una capsula di una manciata di m², nella quale la donna è bloccata dalla testa ai pieni. E la mente torna per forza di cose alla famosa scena della sepoltura della sposa tarantiniana in Kill Bill e soprattutto a Buried di Rodrigo Cortés. Proprio con il film del collega spagnolo ci sono una serie di analogie piuttosto evidenti, che tolgono al plot e alla sua messa in quadro una dose cospicua di originalità.

Oxygène: un assolo che pesa sulle spalle della cinepresa e dell’interprete Mélanie Laurent

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L’esito fa riaffiorare una serie di operazioni che fanno dell’unità spazio temporale il baricentro narrativo, drammaturgico e formale: da Saw a Cube, da Escape Room a Il buco, passando per Panic Room, Mamba e il più recente Meander di Mathieu Turi. Il ché fa perdere interesse nei confronti di un prodotto che sembra inseguire, durante l’intera timeline, quella virgola, quel cavillo e quella situazione altra, in grado di differenziarlo da ciò che di simile è apparso sul grande schermo in precedenza. Peccato che quello che ha pensato la LeBlanc non è sufficiente a dare una spinta propulsiva al plot che ruota e si sviluppa intorno a un vero e proprio one girl show. Il tutto pesa unicamente sulle spalle dell’interprete designata, che nel caso di Oxygène è Mélanie Laurent, scelta dopo le defezioni di Anne Hathaway prima e di Noomi Rapace poi. L’attrice francese offre una performance convincente, trovando nel lavoro della cinepresa in uno spazio assai ridotto una spalla più che valida.

Oxygène: in una manciata di m² la macchina da presa riesce a trovare efficaci soluzioni visive

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Il risultato è un assolo al quale si va ad aggiungere l’elemento claustrale, su e attraverso il quale il film genera atmosfere ansiogene che potrebbero provocare, come accaduto ad esempio con Buried dei mancamenti d’aria a chi soffre gli spazi chiusi e stretti, gli stessi nei quali la macchina da presa riesce a trovare efficaci soluzioni visive (su tutte il piano sequenza a 360°).

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2.5
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

2

Tags: Netflix