Infiltrati alla Casa Bianca – recensione della miniserie HBO di Alex Gregory e Peter Huyck

La satira politica del duo Huyck/Gregory racconta quella facciata dello scandalo Watergate che mai prima d’ora ci era stata mostrata. Woody Harrelson e Justine Theroux ne sono i volti e i corpi protagonisti, al servizio di una miniserie incredibilmente spassosa, grottesca eppure tragicamente vera, il cui titolo avrebbe potuto essere, Tutti i cretini del presidente.

Peter Huyck, co-creatore di Infiltrati alla Casa Bianca, lo conosciamo dal 2012, anno d’uscita di Veep – Vicepresidente Incompetente, altro caso seriale di satira politica direttissima e sfrontata, tanto da virare ben presto verso la demenzialità più sregolata.
Prima ancora di Veep, la carriera da sceneggiatore di Huyck si divide tra il Late Show di David Letterman, e la scrittura di alcuni episodi della celebre serie tv King of the hill, proseguita fino ad oggi, della quale restiamo in attesa, considerato il sempre più chiacchierato revival o remake di produzione HBO.

Se di Peter Huyck conosciamo molto bene personalità di scrittura e gusto stilistico, del suo fidato collaboratore Alex Gregory, che Huyck porta con sé fin dai tempi del Late Show, del Larry Sanders e di King of the hill, non possiamo che immaginare grandi doti, e soprattutto quanto i due condividano un gusto umoristico e drammaturgico pressochè univoco, tanto da intrecciare le reciproche carriere, dagli esordi ad oggi, senza mai allontanarsi l’uno dall’altro.

Da Veep a Infiltrati alla Casa Bianca

Infiltrati alla Casa Bianca - Cinematographe.it

Infiltrati alla Casa Bianca, nella speranza di replicare il successo e consenso critico di Veep, torna sul luogo del delitto – la politica – cercando di riproporre la medesima ricerca umoristica, satirica, narrativa e documentaristica premendo ulteriormente il piede sull’acceleratore dei toni grotteschi e nerissimi, tanto da riuscire ad offrirci attimi di inaspettata, esilarante, eppure inquietante destabilizzazione.

Non c’è più Julia Louis-Dreyfus, ma siamo comunque in buone mani, poiché Woody Harrelson (E. Howard Hunt) e Justin Theroux (G. Gordon Liddy), i due protagonisti assoluti, nonché veri e propri mattatori di questo interessantissimo e atipico caso seriale in cinque episodi  di produzione HBO si divertono visibilmente nella costruzione paradossale, folle, tragica, eppure buffa di due uomini estremamente differenti tra loro, la cui unione non può che identificarsi nella causa superiore, ossia la fede nei confronti della loro nazione d’appartenenza, gli Stati Uniti d’America.

Moltissimi autori in anni e anni di cinema si sono cimentati con il racconto cinematografico dello Scandalo Watergate (17 giugno 1972 – 9 agosto 1974), eppure nessuno mai prima del duo Huyck/Gregory era riuscito nell’impresa assai complessa di rendere quelle dinamiche storico-narrative ormai così conosciute, consolidate e approfondite, davvero esilaranti, interessanti e d’intrattenimento, ed è una vera sorpresa.

Le quattro volte, Hitler e il buddy movie

Fin dalle primissime sequenze si ha immediatamente chiaro il tono della miniserie, che non fa mistero alcuno della propria natura fortemente grottesca, se non del tutto demenziale, nel presentare l’ingresso tragicamente impreparato della chiacchieratissima banda capitanata da Hunt e Liddy al Watergate. Un ingresso che si ripete per ben quattro volte nel corso dei mesi – o anni -, vuoi per una chiave sbagliata, oppure perché qualcuno si è scordato gli attrezzi necessari. Difficile a credersi, eppure è andata esattamente così.

Dilettanti allo sbaraglio? Assolutamente no. Se infatti i collaboratori messicani di Hunt e Liddy appaiono inevitabilmente sopra le righe, macchiettistici e apparentemente fuori luogo, i due capi squadra interpretati rispettivamente da Woody Harrelson e Justin Theroux rispondono direttamente ai vertici della CIA, forti di una preparazione trentennale avvolta tra le ombre oscure di quel rimosso che gli Stati Uniti non possono – e vogliono – far altro che tenere sepolto e sotto silenzio, così da dare al popolo l’illusoria impressione che tutto sia sempre filato liscio, dall’omicidio Kennedy, ad un volo di linea improvvisamente dirottato e fatto schiantare, fino ad un presidente uscente che pur di conseguire un’ennesima vittoria alle elezioni organizza una campagna di disinformazione, spionaggio e quant’altro.

Non vi sono regole nella realtà della politica sembra dirci senza messe misure Infiltrati alla Casa Bianca, e in qualche modo il tono satirico poggiando sui volti e corpi decisamente temibili di Harrelson e Theroux rende questa miniserie ancor più realistica e specchio dei nostri tempi di un successone recente come House Of Cards, focalizzata anch’essa sulla politica americana.

Infiltrati alla Casa Bianca, mescolando i linguaggi estetici e narrativi del cinema di Adam McKay (La grande scommessa) e di Craig Gillespie (I, Tonya) elabora l’intero percorso in cinque episodi non tanto come quello di una classica miniserie televisiva, piuttosto di un lungometraggio dalla durata importante, mettendo da parte i plot twist conclusivi, così come le sottotrame di sviluppo, preferendo un’unica narrazione drammaturgica dall’incedere lento, perfino troppo, riuscendo comunque ottimamente a raggiungere quella catarsi così fortemente desiderata e in qualche modo perfino orgasmica.

Un buddy movie, o meglio, una buddy series dai toni profondamente grotteschi, nerissimi e goffamente immorali che servendosi di un duo di interpretati d’altissima caratura drammatica e comica non può che riservare allo spettatore una costante ed incessante destabilizzazione, passando dalla risata più sguaiata e libera, alla commozione più disperata e lucida.

A sorprendere poi della miniserie di Alex Gregory e Peter Huyck è l’assenza di una direzione precisa rispetto alla moralità – e più in generale umanità – dei suoi protagonisti e personaggi di contorno, ed è un bene.
Nessuno infatti viene presentato mai come profondamente buono, così come al contrario, nessuno mai viene presentato come profondamente cattivo, nemmeno dinanzi all’esaltazione appassionata di Adolf Hitler in quanto figura simbolo di riuscita nel desiderio e raggiungimento del massimo potere nella vita, da parte di Gordon Liddy.

Interessante inoltre la riflessione sul significato – ma anche peso e responsabilità – della famiglia e del matrimonio che torna continuamente, deridendo l’ideale machista della virilità americana eternamente dominante rispetto alle figure femminili, così definitivamente devote e silenziose.

A vestire i panni di colei che tutto distrugge e muta è la sempre ottima Lena Headey (Dorothy Hunt) che da una parte consiglia il marito ex agente, ormai divenuto spia e faccendiere, e dall’altra si fa carico dell’intera faccenda economica e strutturale del complesso gioco strategico tra sistemi corrotti – e deviati – e organi di stato per i quali Hunt e Liddy hanno incautamente e ciecamente servito, incuranti delle conseguenze nefaste delle moltissime missioni portate a termine, ultime delle quali, l’incursione notturna al Watergate.

Conclusione e Valutazioni di Infiltrati alla Casa Bianca

Questa meravigliosa e atipica miniserie è dedicata a tutti coloro che hanno vissuto nell’ingenua convinzione di conoscere ogni dettaglio del celebre Scandalo Watergate, incuranti della sua natura così definitivamente sciocca, imprevedibile, se non del tutto demenziale, a patto che non si lascino frenare dai toni nerissimi che Alex Gregory e Peter Huyck seminano nell’arco di ciascun episodio, presentando momenti di inevitabile fastidio e al tempo stesso divertimento che come spesso viene detto in casi come questo: o si amano, o si odiano. Noi li abbiamo amati.

Infiltrati alla Casa Bianca è disponibile sul catalogo Sky a partire da domenica 11 giugno 2023.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 4

4.2

Tags: HBO Sky