Godless: recensione della miniserie western Netflix con Jeff Daniels

Dopo aver aperto recentemente una piccola breccia nel western con la pellicola brasiliana L'assassino, Netflix irrompe prepotentemente nel genere con una produzione di ampio respiro e alto budget.

Godless è una miniserie di genere western ideata da Scott Frank (già sceneggiatore di Minority Report, Io & MarleyLogan – The Wolverine) e il celeberrimo Steven Soderbergh, premio Oscar per Traffic. Mentre quest’ultimo si è limitato al ruolo di produttore esecutivo, Scott Frank ha invece diretto i 7 episodi da un’ora circa ciascuno che compongono lo show. Fra i principali interpreti di Godless figurano Jack O’Connell (Unbroken, Skins), Michelle Dockery (Downton Abbey), Merritt Wever (Nurse Jackie, The Walking Dead), Scoot McNairy (Halt and Catch Fire) e Jeff Daniels, celebre per i suoi ruoli ne La rosa purpurea del Cairo, Qualcosa di travolgente, Steve Jobs e nella serie televisiva The Newsroom. Lo show è disponibile su Netflix dal 22 novembre. Godless

Nel New Mexico della seconda metà del diciannovesimo secolo, il temibile fuorilegge Frank Griffin (Jeff Daniels) si aggira con la sua banda alla caccia del suo giovane ex compagno Roy Goode (Jack O’Connell), colpevole di averlo tradito, lasciando dietro di sé morte e distruzione. Nel corso della sua fuga, Roy trova riparo nei dintorni della città La Belle a casa della vedova Alice Fletcher (Michelle Dockery). Questa cittadina ha la particolarità di essere abitata quasi esclusivamente da donne, costrette a contare solo sulle loro forze dopo che un grave incidente ha decimato la popolazione maschile. Con la furia di Jack in arrivo, il mediocre sceriffo Bill McNue (Scoot McNairy) si mette sulle sue tracce, lasciando la cittadina nelle mani del suo giovane e inesperto vice Whitey Winn (Thomas Brodie-Sangster) e della sua determinata e agguerrita sorella Mary Agnes (Merritt Wever).

Le donne di La Belle si preparano così a difendere con le unghie e coi denti la loro incolumità e quella dei loro cari dall’imminente minaccia di Griffin.

Godless: l’ambiziosa sfida western al femminile di Netflix

Godless

Dopo aver aperto recentemente una piccola breccia nel western con la pellicola brasiliana L’assassino, Netflix irrompe prepotentemente nel genere con una produzione di ampio respiro e alto budget, che continua il percorso di riscoperta di questo filone dato da molti prematuramente per morto (fra le opere più recenti citiamo il remake de I magnifici sette, Brimstone, Sweet Country e lo show televisivo Westworld) con uno sguardo alle atmosfere e alle dinamiche tipiche dei grandi classici del passato e qualche notevole guizzo di originalità. Proprio in un momento in cui l’universo femminile cinematografico (e non solo), sulla scia dei recenti scandali hollywoodiani sta faticosamente rialzando la testa dopo anni di soprusi e discriminazioni, Godless mette proprio le donne, da sempre messe in secondo piano nel western, non solo al centro del racconto, ma in prima linea nel difendere anche con la forza il loro territorio dai pericoli circostanti.

La cittadina di La Belle diventa così il teatro di una vera e propria rivoluzione al femminile, fatta di donne coraggiose, determinate e disincantate, che non rinunciano però né all’amore né al sesso, messi in scena senza alcun tipo di filtro morale o di genere. A ritagliarsi così un ruolo di rilievo a fianco del lungo inseguimento degli ex compari Frank e Roy sono così sopratutto due donne indurite dalla vita e dalla sventura, capaci di mettere in campo tutto il loro carisma decisionale e per niente intimorite dall’imbracciare un fucile quando necessario.

Godless: una narrazione flemmatica e compassata

Senza nulla togliere al minaccioso Frank e alla sua nemesi Roy, i personaggi più interessanti dell’intero show, grazie anche alle solide performance delle rispettive interpreti, si rivelano Alice e Mary Agnes, tanto differenti nel carattere e nel portamento quanto simili per il loro modo di anteporre i fatti alle parole e per la loro capacità di dimostrare cosa serve realmente per occupare un ruolo di responsabilità e rilevanza nella società. Un doveroso plauso va tributato comunque ai principali interpreti maschili, fra i quali si distinguono un Jack O’Connell solo apparentemente monoespressivo, ma abile invece a rendere tutto il travaglio interiore del suo personaggio, e un Jeff Daniels mai così inquietante, anima di un duello a distanza dal doloroso passato che acquista spessore e intensità con il passare dei minuti.

Godless si prende tutto il tempo necessario nel delineare la trama e i suoi risvolti, prediligendo una narrazione flemmatica e compassata e affidandosi di frequente a lunghe (e potenzialmente indigeste) sequenze quasi totalmente prive di dialoghi, con gli splendidi paesaggi e gli sguardi dei protagonisti a farla da padroni. Scott Frank riesce però a tenere sempre alti il tono della storia e la tensione narrativa, ricorrendo a flashback rivelatori, efficaci digressioni e convincenti dialoghi per dipanare al meglio il racconto.

Godless raccoglie degnamente il testimone di Deadwood

Il risultato è una serie che raccoglie degnamente il testimone della storica Deadwood, fortificata da un’atmosfera crepuscolare ma mai malinconica ed esaltata da improvvise e rabbiose esplosioni di violenza, che acuiscono il clima di generale cinismo e disillusione. Un’opera moderna, dal forte impatto visivo e dall’invidiabile compattezza di scrittura, che riesce a ravvivare e ad aggiornare la grande epopea del western e al tempo stesso a ripercorrerne le tematiche e i meccanismi prediletti dagli appassionati del genere. Fra inganni, intrighi, tradimenti e bottini, a prendere piede soprattutto nella puntata conclusiva è infatti la più brutale e cinica violenza, che sublima in scontri a fuoco corali e di rara intensità e nei più classici e immancabili duelli all’ultimo sangue, soluzione finale per porre fine alla reciproca collera e al desiderio di rivalsa e vendetta e coniugazione perfetta fra tradizione e attualità.

Godless

In conclusione, Godless si rivela un esperimento riuscito da parte di Netflix, capace di riportare in auge un filone storico della narrazione audiovisiva adattandolo ai nostri tempi e senza distorcerne lo spirito e la più intima essenza. Una serie matura e dal pregevole impianto tecnico e scenografico, che non scontenterà gli appassionati del genere e che appassionerà gli spettatori disposti ad accettare qualche calo di ritmo in nome di una caratterizzazione dei personaggi e del loro contesto moderna ed esemplare.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4