American Gods – stagione 3: recensione dei primi episodi

La nostra recensione della stagione 3 di American Gods, la serie TV tratta dall'omonimo romanzo di Neil Gaiman. Tra Dei vecchi e nuovi, continua la guerra per vincere la fede cieca dell'umanità.

Quando nel 2017 Bryan Fuller e Michael Green hanno dato vita all’adattamento di American Gods di Neil Gaiman per Starz, era diventato ovvio per tutti che le immagini mitologiche e trascendentali dello scrittore britannico sarebbero state trasposte perfettamente sullo schermo grazie a una CGI visionaria e profondamente artistica, nonché a un’attenzione particolare ai significati più mistici del materiale di partenza. E così è stato: American Gods ha portato avanti uno sguardo preciso che ha accompagnato la narrazione la quale, tutto sommato, ha sempre tenuto il passo. Ora, però, a giudicare dalle prime puntate della stagione 3, il timore è che la serie stia perdendo il ritmo e, di conseguenza, appeal.

Nel corso degli episodi, dalla prima alla seconda stagione, abbiamo seguito la storia di Shadow Moon (Ricky Whittle) alle prese con la guerra tra le Divinità Vecchie e Nuove, tra Odino e Mr. World, tra culti millenari e mass media. Appena uscito di prigione, alle prese con la morte della moglie Laura (Emily Browning), l’uomo incontra il misterioso Mr. Wednesday (Ian McShane) e il violento leprecauno Mad Sweeney (Pablo Schreiber). Presto si renderà conto che il loro non è stato un incontro casuale: Wednesday è il divino Odino e sta portando avanti una guerra per l’egemonia della fede mondiale contro gli Dei del nuovo mondo, i Media, la Tecnologia, la Sorveglianza. Tra violenza pulp ed estetica, la guerra continua senza esclusione di colpi, mietendo vittime da entrambi i lati della barricata.

American Gods - Cinematographe.it

Nella stagione 3 Shadow Moon arriva a Lakeside

La stagione 3 si apre riprendendo i fili della seconda: Sweeney è morto per mano di Shadow, il quale è fuggito e sembra aver scoperto la sua vera identità in quanto figlio di Odino. Wednesday continua a cercare alleati e lo stesso vale per Mr. World che, nel frattempo, ha assunto una nuova forma. Gli Dei vecchi e nuovi sembrano essere in balia degli eventi, vittime del loro stesso potere.

I nuovi episodi si aprono con le solite splendide visual: delle ballerine danzano dandoci le spalle su un palco, accompagnate da note delicate e illuminate da luce soffusa. All’improvviso irrompe una batteria, le luci si accendono e le ballerine si voltano rivelandoci di essere ricoperte del sangue proveniente da un sacrificio umano esposto sul palco con loro. A suonare è una band metal chiamata Blood Death (il cui front-man è l’irriconoscibile Marilyn Manson), il cui concerto è un tributo a Wednesday; le mani dei fan adoranti si allungano per toccare Odino in persona, urlano il suo nome, invocano la sua benedizione. Da questo momento la serie tenta di tornare all’estetica delle due precedenti stagioni, senza però mai abbinargli il giusto intento. I visual, di tanto in tanto, sono ancora interessanti, ma capita anche che risultino vuoti, sordi. La meraviglia che accompagnava spesso la visione di American Gods, sta iniziando a lasciare spazio alla noia e questo nonostante sia chiaro che la produzione ce la metta tutta per intrattenere i suoi spettatori con grafiche d’avanguardia.

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La stagione 3 porta Shadow (ora conosciuto come Mike Ainsley) a Lakeside, in Wisconsin, luogo che i lettori del romanzo d’origine riconosceranno e che avranno atteso con ansia. La cittadina è abitata da gente per bene, tutti conoscono tutti, non c’è mai nulla che non va, a Lakeside. Un giorno, però, una ragazzina scompare e Shadow è il primo sospettato. Siamo davvero sicuri che tutto sia come sembra?

American Gods sta perdendo colpi: basta davvero un’estetica accattivante?

Nel frattempo i grandi antagonisti della serie sembrano essere ancora i nuovi Dei, primo tra tutti Tech boy. Eppure, nulla viene aggiunto alla conversazione: la tecnologia e i social media sono malvagi, mezzi che vengono usati dalle divinità per acquisire seguaci, credenti, ma questo ci era già stato spiegato. Il vuoto che accompagna la ricerca disperata di seguaci, sui social e nella realtà, è un argomento trito e ritrito e, probabilmente, da American Gods ci saremmo aspettati qualcosa di più (soprattutto dopo 16 episodi nei quali il tema viene affrontato più volte).

American Gods - Cinematographe.it

Il fatto è che l’impressione generale, ormai, è che American Gods stia girando su se stesso affidandosi alle sempre bellissime grafiche mistiche delle sue divinità. Perché sono belle davvero, senza dubbio. Nel cast troviamo attori capaci e volti noti i quali danno vita a personaggi che, però, potrebbero essere più interessanti di così. Ci viene offerto uno sguardo più approfondito al passato di Laura Moon, la quale però non smette di essere profondamente insopportabile. Si soffre dell’assenza di Sweeney (sarà morto per davvero? Speriamo di no) e Wednesday sembra aver perso l’effetto sorpresa che lo caratterizzava. La speranza è che lo show ingrani nel corso dei 10 episodi che caratterizzano questa terza stagione, ma una cosa è certa: almeno nella prima metà, non succede nulla che valga la pena di ricordare. Peccato.

American Gods torna con la terza stagione il 10 gennaio su Starz e sarà dal giorno dopo (lunedì 11 gennaio) su Amazon Prime Video con un episodio a settimana.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 1

2.5