10 anni di The Walking Dead: storia e successo della serie survival horror

The Walking Dead compie 10 anni: ecco spiegata l'importanza della serie tv che ha fatto la storia del genere, tra successi, critiche e manie.

Sono molte le serie TV che riscuotono un discreto successo, ma sono poche quelle che diventano così famose da essere conosciute anche da chi non ne ha mai vista una sola puntata. Questi titoli, nel bene e nel male, hanno il pregio di aver cambiato la storia della serie TV, il modo di fruirla, l’atteggiamento che lo spettatore assume di fronte allo schermo. Dopo i pilastri del genere, come Lost, 24, Breaking Bad e molti altri, anche The Walking Dead è entrata di diritto nella classifica delle serie più note al mondo, nonostante gli alti e bassi che dopo un decennio di vita si sono fatti sentire.

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Giunto alla sua decima stagione, The Walking Dead ha dimostrato quanto sia importante l’affetto del pubblico, capace di superare i difetti e di trasformare un prodotto in un titolo cult. Per celebrare i dieci anni di questa longeva serie, ecco qui uno speciale sulla sua storia!

Attenzione! L’articolo contiene spoiler di The Walking Dead!

The Walking Dead: uno show che ha cambiato la storia della serie tv

C’è chi lo ha amato, c’è chi l’ha odiato e chi non l’ha proprio seguito, ma è impossibile dire che The Walking Dead abbia lasciato indifferente il mondo delle serie TV. Il suo enorme impatto sulla cultura di massa è testimoniato dal grande seguito della serie e dalla creazione – anch’essa molto apprezzata – di un vasto merchandising.

La nascita del fenomeno va tuttavia cercata altrove, tra le pagine dell’omonimo fumetto scritto da Robert Kirkman nel 2003 e giunto al termine proprio nel 2019. Da questo avvincente horror post-apocalittico ha preso vita la serie TV, con i suoi conflitti e i suoi più iconici personaggi. Non sempre la trasposizione televisiva ha tenuto fede agli eventi del fumetto – tradendoli soprattutto nelle ultime stagioni -, ma il contributo di Kirkman è stato immancabile per determinare lo sviluppo di un fenomeno di massa tutt’ora in corso.

The Walking Dead Cinematographe.it

Di strada The Walking Dead ne ha fatta tanta, da quel lontano pilot del 2010 in cui tutto è iniziato, fino ai contrasti attuali con i Sussurratori, e sebbene le più recenti stagioni abbiano perso il fascino dei primi tempi, questa serie è sempre attuale poiché in grado di mostrare un mondo nuovo, ma facilmente riconoscibile. La facilità dell’immedesimazione e la componente survival, sono probabilmente i due elementi chiave del successo di questo titolo.

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Fin dalle sue prime puntate The Walking Dead crea un contesto narrativo improbabile, ma al tempo stesso realistico, un mondo di cui non è difficile sentirsi parte. La realtà post-apocalittica causata da un virus che ha trasformato in zombie gran parte della popolazione è complessa da immaginare, ma man mano che la storia procede si rivela essere paradossalmente più simile del previsto al mondo che conosciamo. L’umanità subisce una forte regressione, si formano nuove comunità, gerarchie e regole ferree da rispettare per restare in vita.

In una situazione tanto difficile solo chi si sa adattare sopravvive, una norma che in molti casi si può applicare anche alla realtà attuale. In questo senso il mondo di The Walking Dead non è cambiato così tanto rispetto al passato, ma offre semplicemente una nuova chiave di lettura della vita.

Fonti e impatto di The Walking Dead sulla cultura di massa

Si potrebbe parlare per ore del sostrato culturale che sta alla base di un prodotto come The Walking Dead. Per comprendere le ispirazioni di questo titolo così noto è fondamentale conoscere la sua figura centrale: lo Zombie, un morto vivente privo di coscienza, e guidato solo dalla fame di carne umana.

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Fondamentali per la creazione del nemico numero uno di The Walking Dead e per la diffusione della figura del morto vivente nell’immaginario collettivo sono state due figure: l’autore Richard Matheson e il regista George A. Romero. Il primo – pur senza parlare nello specifico di zombie, bensì di vampiri – ha creato in Io sono leggenda una realtà post-apocalittica governata da creature infette e ha così ispirato il secondo. Romero, con il film del ‘68 La notte dei morti viventi, ha ulteriormente plasmato la figura dello zombie donandole i tratti che tuttora la caratterizzano: un essere deceduto e ritornato in vita, cannibale e famelico.

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George A. Romero, La notte dei morti viventi, 1968

I “walkers” di The Walking Dead non sono dunque una novità nel panorama cinematografico, letterario e seriale, poiché molti prima di Kirkman e dell’omonima trasposizione del fumetto si sono cimentati nel genere. Tuttavia The Walking Dead ha il merito di aver dato nuova vita allo zombie, inserendolo in un contesto narrativo ben costruito ed edificando attorno a essa una storia avvincente ed emotivamente coinvolgente.
L’impatto della serie TV è stato enorme sulla cultura di massa, tanto da influenzare essa stessa il genere zombie, che ormai viene istintivamente associato al nome di The Walking Dead.

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Il successo di questo titolo è stato talmente grande da convincere i produttori a dare vita a quattro web series, due spin-off, dei lungometraggi futuri incentrati su Rick Grimes, videogiochi, merchandising e molti altri prodotti che testimoniano la diffusione del fenomeno. L’impatto ha raggiunto anche le produzioni esterne. L’editoria ha subito l’influenza di The Walking Dead dedicando numerose pubblicazioni al genere zombie (tra romanzi e i saggi dedicati allo storytelling della serie stessa), mentre il fascino inquietante di un mondo post-apocalittico popolato da morti viventi è diventato per alcuni fan quasi un’ossessione.

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Casa anti-zombie

Durante gli anni di maggior successo di The Walking Dead sono infatti comparse sul web fotografie di abitazioni costruite con appositi sistemi anti-zombie, nonché guide specifiche su come preparare la propria casa a una futura invasione. Peculiare è stata la decisione di alcuni imprenditori di dare vita a veri e propri punti vendita di articoli utili al combattimento contro i terribili morti viventi. Una moda – sicuramente passeggera e molte volte ironica – che da un lato fa sorridere, ma dall’altro invita a riflettere su quanto una serie TV possa influenzare le abitudini dei fan e lo stesso immaginario collettivo.

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The Walking Dead: chi ci ha lasciato e chi è rimasto

The Walking Dead non è solo una serie TV, ma un microcosmo che sottosta a vere e proprie regole. La prima di questa diventa chiara fin dalle prime puntate: non affezionarsi a nessuno.

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La psicologia stessa dei personaggi e le loro caratteristiche divenute iconiche hanno reso impossibile non sentirsi legati ad almeno uno di loro, ma la crudeltà di questa serie insegna in più di un’occasione quanto la serenità sia solo un’illusione e la sicurezza qualcosa di ingannevole. Stagione dopo stagione, episodio dopo episodio, in molti ci hanno lasciato. Eccovi un breve resoconto delle perdite subite nel corso degli anni.

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Nella prima stagione abbiamo dovuto dire addio a Ed e Amy, rispettivamente il marito di Carol (Melissa McBride) e la sorella di Andrea (Laurie Holden) e al povero Andy, tutti e tre morsi dai vaganti, mentre per colpa dell’autodistruzione del laboratorio di analisi si sono lasciati morire tre altri membri del primo gruppo: Jacqui e Vi.

La seconda stagione ha riservato altre brutte sorprese a Carol, che per colpa di uno zombie ha perso anche la figlia Sophia, mentre tra gli altri personaggi principali abbiamo salutato Dale (Jeffrey DeMunn) e Shane (Jon Bernthal). La terza stagione ha decretato la fine di T-Dog, Lori (la moglie di Rick interpretata da Wayne Callies), Merle, il fratello di Daryl interpretato da Michael Rooker, Milton (Dallas Roberts) e Andrea. Durante la vita presso la prigione, nella quarta stagione sono morti Karen e David, uccisi e bruciati, Hershel – il padre di Maggie e Beth (Lauren Cohan e Emily Kinney), Alisha e lo spietato Governatore (David Morrissay). Ci hanno lasciato anche Lily, Mika, Lizzie, Bob, Tyreese e Noah.

Anche ad Alexandria, nuovo baluardo del gruppo di sopravvissuti nella sesta stagione, non sono mancati i massacri. Tra l’attacco dei lupi, dei Salvatori e degli zombie, abbiamo dovuto dire addio a Deanna, Jessie e ai suoi figli.

Dure perdite anche nella settima stagione, a partire dalla agghiacciante morte di Abraham (Michael Cudlitz) e di Glenn (Steven Yeun). Nel corso della stagione ci lasciano anche Sasha (Sonequa Martin-Green), Shiva (la bellissima tigre del Re Ezekiel) e – con una morte straziante – il figlio di Rick, Carl (Chandler Riggs).
La nona stagione è stata fatale per Gregory, Jesus, Tammy, Enid, Tara ed Henry.

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A conti fatti le perdite sono state davvero ingenti, tra i personaggi principali e quelli secondari (per non contare poi le uccisioni di massa che nella serie non mancano di certo). Tante perdite nella tv moderna si possono contare solo nel Trono di Spade e come nella serie tratta dai romanzi di George R. R. Martin anche in The Walking Dead si possono contare sulle dita delle mani i personaggi rimasti fin dalla prima stagione. Inaspettatamente non è stato il protagonista Rick (Andrew Lincoln) a vincere questa lunga battaglia, scomparso (più che davvero morto) all’inizio della nona stagione. A sfangarla sono invece due soli personaggi: la coriacea Carol e Daryl Dixon (Norman Reedus). Il loro carattere particolare (determinato quello di lei e teneramente scontroso quello di lui), non ha impedito un eccellente lavoro di crescita psicologica, che li ha resi molto apprezzati tra i fan.
Dopo questa panoramica sui 10 anni di The Walking Dead, non resta che gustare la decima stagione della serie, nella speranza di poter vivere qualche nuova avventura in un mondo post-apocalittico abitato da pericolosi umani e da famelici non-morti.