Paradiso Perduto: la spiegazione del finale del film di Alfonso Cuarón

Liberamente tratto dal celebre romanzo di Charles Dickens Grandi Speranze, Paradiso Perduto, oltre a poter vantare un cast stellare, anticipa collaborazioni, tematiche e tecniche di ripresa molto care a Cuarón.

Alfonso Cuarón è senza dubbio uno dei nomi più importanti del cinema moderno e probabilmente è anche uno dei registi tecnicamente più bravi e ispirati degli anni 2000. Fresco fresco della vittoria del Leone D’oro a Venezia per Roma (2018), l’autore messicano ha firmato film come I figli degli uomini (2006) o Gravity (2013), per quest’ultimo premiato con l’Oscar alla regia e il Director Guild of America Award (primo messicano nella storia).

Tutti questi dati, sommati all’esiguo numero di lungometraggi (appena 9 dal 1991 ad oggi), rende ragionevolmente difficile pensare che qualche titolo tra i lavori di Cuarón possa essere semisconosciuto ai più. Eppure questo è il caso di Paradiso Perduto del 1998 (QUI la nostra recensione).

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Paradiso Perduto: un Dickens alla messicana

Liberamente tratto dal celebre romanzo di Charles Dickens Grandi Speranze (1860-61), Paradiso Perduto, oltre a poter vantare un cast stellare, composto da stelle del calibro di Gwyneth Paltrow (Shakspeare in Love), Ethan Hawke (Boyhood), Chris Cooper (Ladro di Orchidee), Anne Bancroft (Anna dei Miracoli) e Robert De Niro (Il Padrino – parte II, Toro Scatenato), anticipa collaborazioni, tematiche e tecniche di ripresa molto care a Cuarón.

Affiancato dall’abitué  3 volte premio Oscar Emmanuel Lubezki, probabilmente il miglior direttore della fotografia su piazza al momento, Cuarón mette in scena una storia d’amore travolgente in cui l’arte, il talento e la sensualità si mescolano in una miscela dal sapore agrodolce e con un retrogusto che cambia fino all’ultima scena. Il tutto tramite una messa in scena quasi affrescata, con dei colori caldi come la sabbia del golfo della Florida o gli splendidi interni della villa di Mrs. Dinsmoor, in contrasto con il buio della città di New York. Il regista messicano mette in mostra, come al solito, tutto il suo talento dietro la macchina da presa, regalando uno dei suoi, ormai caratteristici, piani sequenza, riservato per l’occasione alla scena più potente della pellicola, e riuscendo in generale a confezionare una regia non banale, arricchendo una tipologia di film che nella maggior parte dei casi non si lascia ricordare per questo.
Una curiosità, i dipinti sono stati tutti realizzati dal “nostro” Francesco Clemente, membro di spicco della transavanguardia italiana.

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Paradiso Perduto: la danza dei sentimenti

A Finn Bell (Hawke), nato e cresciuto in Florida dalla sorella Maggie e dal suo compagno Joe (Cooper), interessava solo una cosa da bambino: la pittura. Viveva per disegnare e non perdeva occasione per recarsi in spiaggia e farsi un giro con la barca in cerca della giusta ispirazione. Questo fino a quando non venne scelto dalla vecchia signora Dinsmoor (Bancroft) come compagno di giochi per la sua nipotina Estella (Paltrow). La donna era la persona più ricca della contea e viveva con la bambina in una stupenda villa chiamata il Paradiso Perduto, figurarsi la gioia della povera famiglia di Finn quando la Dinsmoor si propose di pagare purché il giovane passasse tutti i sabati con loro. E certamente Finn non ebbe nulla da obiettare perché sin dal primo istante s’innamorò perdutamente di Estella.

Nonostante gli avvertimenti della signora, il cui cuore spezzato anni prima ancora non riusciva a guarire, il tempo passava e l’amore tra i due ragazzi cresceva. Finché un giorno Estella partì per New York e Finn abbandonò definitivamente la pittura, sino alla comparsa di un misterioso benefattore disposto a pagargli gli studi e a mantenerlo a New York. Proprio nella Grande Mela i due ragazzi si ritrovano, ma Estella è ormai in procinto di sposarsi con un uomo ricco e, essendo stata educata alla zia a non innamorarsi, finisce con lo spezzare il cuore al suo eterno innamorato. L’opera del misterioso benefattore però non è finita e la sua ricomparsa ricorderà a Finn come la sua vita non sia cambiata quando la signora Dinsmoor lo scelse, ma quando il destino gli regalò un curioso incontro sulla spiaggia.

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Paradiso Perduto: il finale

La pellicola parla di sentimenti, esaltandone la potenza inarrestabile e, di conseguenza, la pericolosità. Dall’amore alla rabbia il passo è molto breve, essendo legati a filo doppio l’uno all’altra, ma a noi rimane la scelta di come vivere: possiamo decidere di abbandonarci ad una vita in nome della vendetta oppure renderci conto di quanto valga la pena assecondare il destino, cercando di far scorrere tutto quanto c’è di positivo in noi e tracciare la nostra strada.

La ricomparsa del criminale super ricercato (De Niro), prima Abel Magwitch e poi Arthur Lustig, segna la svolta della vicenda. Infatti, sin dal loro incontro sulla spiaggia, l’ex membro di Cosa Nostra è rimasto colpito da Finn, il quale cercò di aiutarlo in tutti i modi per sfuggire alla legge. In nome di questo ed essendo rimasto colpito dal talento del ragazzo per il disegno, Magwitch decide di diventarne il benefattore, pagandogli gli studi e comprando tutti i suoi quadri. Questo secondo incontro darà la forza a Finn di continuare la sua vita anche senza Estella, avendogli fornito la prova inconfutabile che esiste qualcosa di più importante nella vita che lottare per essere all’altezza della ragazza. Lottare per esprimere pienamente se stessi.

Nonostante ciò la narrazione ruota intorno al piano della signora Dinsmoor, un cuore spezzato che ha cercato di istruire la nipote a diventare una glaciale predatrice di uomini. Dunque Finn finirà con il rincontrare nuovamente la sua Estella al Paradiso Perduto e stavolta i due continueranno il cammino insieme: la ragazza asseconderà il suo cuore, mettendo da parte gli insegnamenti della zia.