10 film di Venezia 75 da recuperare tra cui Roma, Sulla mia pelle e Zan
È difficile selezionare i titoli migliori di Venezia 75 ma siamo riusciti a fare una lista di 10+1 film da recuperare, da Roma a Sulla mia pelle.
Ora che questa 75ª Mostra del Cinema di Venezia è giusta al termine, la parola spetta al pubblico e da questo 2018 a essere interessato non è solo quello delle sale, ma anche il pubblico di Netflix, la piattaforma dello streaming legale che si sta ritagliando uno spazio di assoluta autorità nel mondo dei Festival, come ci fanno notare anche i premi assegnati in questa edizione.
Detto questo, però, noi di Cinematographe.it abbiamo deciso di consigliare il pubblico, di guidarlo quanto possibile presentando la nostra classifica dei 10 film presentati durante questa Biennale fantastica, universale ed eterogenea che dovete assolutamente recuperare appena ne avete la possibilità.
Roma di Alfonso Cuarón
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Sicuramente non si può non partire che con Roma, il capolavoro di Alfonso Cuarón, film che ha messo d’accordo critica, pubblico e addetti ai lavori e la cui mancata vittoria finale sarebbe stata a dir poco un crimine.
Ma per fortuna non è stato così e oggi celebriamo la vittoria di un film coraggioso, pieno di poesia, dramma, sentimenti, magicamente girato e diretto, dove protagonista è una famiglia messicana dei turbolenti anni settanta. Maestoso nella potenza espressiva, perfetto nelle maestranze, è sicuramente l’opera che sarà per sempre legata a questa mostra di Venezia, a questa 75ª edizione.
Il fatto che Roma sia firmato da Netflix è solo un elemento di ulteriore riflessione per quel mondo del cinema più conservatore e meno incline a investire su un cinema più coraggioso e creativo, meno legato alla logica di puro mercato.
Non potrete dirvi fan della Mostra del Cinema di Venezia se non lo guarderete (almeno) una volta.
La Favorita di Yorgos Lanthimos
Leggi la nostra recensione de La Favorita (The Favourite)
Proseguiamo con l’altro film che ha affascinato e catturato i consensi di tutti, il bellissimo La Favorita (The Favourite) di Yorgos Lanthimos, straordinario affresco storico sul ‘700 inglese, con un cast di enorme spessore che comprende Olivia Colman (Coppa Volpi come Miglior Attrice ), Emma Stone, Nicholas Hoult, Rachel Weisz e Joe Alwyn.
Premiato con il Leone d’Argento, La Favorita è uno straordinario racconto su tre donne, sul loro rapporto complicato e profondo. La pellicola segue un registro narrativo in cui emergono il cinismo e l’egoismo, facendo sì che tutto si stacchi dalla mera storicità e abbracci una dimensione più personale, dove l’uomo (o meglio la donna) fa la storia e non viceversa.
Fantastico nelle maestranze, è attraversato da uno humor nero molto british, da una visione della società e dell’umanità miserevole, disincantata ma tutto sommato onesta.
Il tutto con costumi, scenografie, fotografia e colonna sonora semplicemente fantastiche e una regia a dir poco pazzesca. Non perdetelo!
The Sisters Brothers di Jacques Audiard
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The Sisters Brothers è uno dei film che ha più sorpreso quest’anno a Venezia ma che di certo ha soddisfatto i fan della frontiera americana, e ancora di più chi ha sempre visto nel western crepuscolare qualcosa di magnifico, tragico e viscerale.
Protagonisti sono, per l’appunto, i due fratelli Sisters (due grandissimi Joaquin Phoenix e John C. Reilly) tagliagole (o meglio “regolatori” com’eran chiamati a quei tempi) al soldo del potente di turno, incaricati di recuperare un misterioso fuggitivo (Riz Ahmed) sulle cui tracce c’è già un detective privato interpretato da Jake Gyllenhaal.
Film meno cupo di quanto sembri, violento, dolente, con una sceneggiatura che omaggia i grandi western di Peckinpah o Leone, abbellito da una fotografia che valorizza al massimo i grandi paesaggi dell’Ovest Selvaggio (e non solo), ha però nei personaggi il cardine di un racconto attraversato anche da un’ironia assolutamente geniale.
Un western intimo, mai banale, umanissimo, dove nessuno è fino in fondo né buono né cattivo, ma figlio della necessità, del suo tempo, della sua vita. Un western che abbraccia un percorso narrativo esistenzialista profondo e mai banale. Per gli amanti del genere e non solo!
Opera Senza Autore di Florian Henckel von Donnersmarck
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Opera Senza Autore è stato trattato in modo diseguale dalla critica, ma non dal pubblico, che gli ha preferito solo il film di Cuaron e La Favorita.
Curioso ma spiegabile con un certo atteggiamento preconcetto di una critica che è disposta ad incensare film d’autore incomprensibili e inutilmente complicati a discapito di un film classico, quasi antico nel suo essere melodramma, ma non per questo meno bello, anzi.
Il film di Donnesmark, in realtà una miniserie televisiva presentata in anteprima, regala grandi emozioni, che narra attraverso gli occhi del giovane protagonista – la Germania dal secondo conflitto mondiale agli anni ’60 – e lo fa benissimo.
Film con una fotografia, una colonna sonora e un regia bellissime, non è il capolavoro che ha unito il pubblico e la critica, ma semplicemente un film bello e che regala molto agli spettatori. E non è così facile come si crede.
Il tutto grazie ad un cast magnifico e a una sceneggiatura che forse avrebbe meritato più considerazione da parte della giuria.
Zan (Killing) di Shinya Tsukamoto
Sicuramente il film più disturbante, di certo uno di quelli che ha disatteso meno le aspettative dei fan e della critica a Venezia. Zan di Tzukamoto merita sicuramente di essere riconosciuto come il film più coraggioso ed innovatore del festival, di sicuro quello stilisticamente più azzardato. Il regista di culto nipponico crea, con questo sanguinolento racconto, una vera e propria decostruzione della figura del samurai, una distruzione del suo mito, della retorica che lo ha sempre voluto come nobile e altruista guerriero.
Zan ha quindi permesso a Tzukamoto di portare a Venezia una sua personalissima visione del guerriero nipponico, della sua visione del mondo, del suo rapporto con il mondo che lo circonda. Ne esce un quadro desolante, osceno, dove lo spettatore nel seguire la vicenda di un giovane guerriero smanioso di eccellere, impara quanto la sofferenza, la morte e la crudeltà di quel mondo siano sempre state eccessivamente nascoste o addirittura edulcorate. Un film imperdibile e di grande bellezza.
Ricordi? di Valerio Mieli
Tra i film italiani, Ricordi? di Valerio Mieli è stata la sorpresa più gradita, più bella e anche la meno attesa, perché nessuno si aspettava che il film con protagonisti Luca Marinelli e Linda Caridi potesse essere talmente raffinato, ben fatto e coinvolgente.
Il film sviluppa in modo delicato, visionario e originale nel suo alternare le diverse dimensioni temporali e narrative, i diversi punti di vista, come in una sorta di caleidoscopio dove ciò che conta è l’emozione, i significati, l’iter non il modo in cui essi sono presentati.
Ricordi ci parla dei sentimenti, di come la loro immagine ed interpretazione cambi, muti a seconda del punto di vista, della persona che osserva gli eventi.
Alla fin fine Ricordi? traccia un quadro onesto e umano di un sentimento, di una relazione, evitando i cliché e i déjà vu.
Dragged Across the Concrete di S. Craig Zahler
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Dragged Across the Concrete è stato uno dei film che più hanno spiazzato Venezia ed il suo pubblico, che non sapeva esattamente cosa aspettarsi.
Ora lo sappiamo, il film è un noir pieno di tensione, violenza, ironia (ove possibile) e che riesce a farsi comprendere e seguire in modo perfetto, grazie ad una regia e sceneggiatura di Zahler semplicemente sensazionali, perfette nel creare un film che è in tutto e per tutto qualcosa di cui James Ellory sarebbe stato fiero.
Cupo, presago di morte e fallimento, è un’odissea urbana piena zeppa di canaglie, disperati, emarginati e furfanti in cerca di riscatto. Ma nessuno di loro viene odiato o è inviso allo spettatore, anzi. Il cast formato da Mel Gibson, Vince Vaughn, Micheal Jay White, Thomas Kretschmann, Jennifer Carpenter, Tory Kittles e Laurie Holden è ben lontano dall’irrealtà o dalla mancanza di genuinità che spesso affligge tale genere negli ultimi anni. Con una fotografia magnifica e un montaggio al millimetro, Dragged Across the Concrete è un thriller che non potete perdervi!
At Eternity’s Gate di Julian Schnabel
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Moltissimi film e documentari sono stati fatti su Vincent Van Gogh, ma chi temeva che At Eternity’s Gate di Julian Schnabel fosse un buco nell’acqua è rimasto sicuramente sorpreso dalla potenza, maestria e originalità con cui il regista-pittore ha parlato del grande genio olandese e della sua tormentata esistenza.
Su tutto e tutti domina un Willem Dafoe che ha semplicemente stracciato la concorrenza per l’assegnazione della Coppa Volpi e che di certo ha contribuito e non poco a far vincere al film il Green Drop Award come film più ecologista della rassegna.
Del resto il bellissimo film di Schnabel ha reso merito come pochi altri alla natura, quella natura che era ossessione e assieme salvezza dell’animo perduto e sensibile di un Vincent Van Gogh dipinto non solo come anima dannata e persa, ma anche come spirito libero, umano, soggetto a tutte le emozioni concepibili. Non per forza solo quelle negative.
Un vero e proprio quadro in movimento, con una regia originale e che non annoia per un solo istante. Un capolavoro dagli echi Pasoliniani che ha incantato gli spettatori di Venezia.
The Ballad of Buster Scruggs dei fratelli Coen
Leggi la nostra recensione di The Ballad Of Buster Scruggs
Che i Coen fossero un po’ matti lo si era sempre saputo, ma certo con The Ballad of Buster Sgruggs hanno messo a segno un colpo da KO contro i detrattori che li accusavano di essere ripetitivi, senza fantasia.
Western ad episodi, che omaggia i classici italiani degli anni ’60, il film dei fratelli Coen ha portato qualcosa di assolutamente originale e fuori dagli schemi, da ciò che Venezia era abituata a vedere in questi ultimi anni.
Strutturato su sei episodi, il film è un omaggio al western in generale, in tutte le sue diverse anime e versioni, da quello crepuscolare ai grandi classici di John Ford, da Sergio Leone a Peckinpah. Gradevole, dalle mille facce e mille sfumature, un film che ha ben meritato a Venezia il Premio alla Miglior Sceneggiatura per aver saputo creare sei filoni narrativi, sei storie, tutte incredibilmente coinvolgenti eppure diverse tra loro.
22 luglio (22 July) di Paul Greengrass
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La terrificante strage accorsa presso l’isola di Utoya in Norvegia nel 2011 è al centro di 22 luglio, firmato da Paul Greengrass, dove lo spettatore si trova catapultato tra gli spari, le urla e l’orrore che videro 69 ragazzi venir macellati dal pazzo filonazista Anders Brevik.
Paul Greengrass ha creato un viaggio del dolore e della rinascita, un’onesta, sincera e assolutamente non retorica analisi non solo dei tragici momenti in quell’isola di giovani che diventò la loro tomba, ma anche del percorso che portò i sopravvissuti, la società norvegese, ad interrogarsi su cosa fosse andato storto, su cosa fosse successo.
Un film forte, realista, con uno dei cattivi migliori visti al cinema negli ultimi anni e che ci parla di quell’odio per il diverso, per l’altro, per chi non la pensa come noi, che ci tocca tutti, da vicino, nella sua banale quotidianità.
Menzione Speciale per Sulla mia pelle, il film su Stefano Cucchi
Merita un discorso a parte quel Sulla Mia Pelle che è stato sicuramente il film più discusso di tutta la rassegna.
Non è semplicemente un film, è qualcosa di più, è il cinema italiano che si riappropria del racconto della nostra società, che si fa portatore di un’istanza di giustizia e umanità.
I film che abbiamo analizzato, con tutte le differenze del caso, di genere e via discorrendo, gli sono superiori in tante cose. Ma anche inferiori per la centralità e importanza della tematica e per la sua urgenza, visti i tempi che corrono.
Su tutto e tutti domina un Alessandro Borghi che, Willem Dafoe a parte, non ha avuto pari per bravura, espressività e profondità in questo Festival, facendo del suo Stefano Cucchi non un eroe, non un Cristo moderno, ma un essere umano travolto dall’indifferenza e del lassismo prima ancora che dalla violenza. Un film forte, un film crudo, ma un film che non è semplicemente un film!