Venezia 76 – Panama Papers: recensione

Recensione di Panama Papers, in autunno su Netflix: l'ultimo film di Steven Soderbergh che racconta uno scandalo finanziario con toni da black comedy.

Finalmente è stato presentato il nuovo film di Steven Soderbergh, The Loundromat che in Italia uscirà con il titolo di Panama PapersLa pellicola, che arriverà sulla piattaforma di streaming Netflix il prossimo autunno, è in concorso al Festival del cinema di Venezia 2019 e racconta con toni grotteschi lo scandalo che coinvolse lo studio legale Mossak-Fonseca, nel 2015, e che smascherava molti dei potenti del mondo nell’atto di nascondere i propri soldi in società offshore eludendo così i controlli fiscali. Il materiale di partenza si trova nel libro Secrecy World: Inside the Panama Papers Investigation of Illicit Money Networks and the Global Elite del giornalista Jake Bernstein che ha lavorato in una fase iniziale insieme al regista della trilogia Ocean’s per inserire nel film più dettagli possibili.

Panama Papers: Steven Soderbergh racconta uno degli scandali finanziari più famosi degli ultimi anni

Panama Papers Cinematographe.it

Panama Papers si apre con Gary Oldman e Antonio Banderas, rispettivamente nei panni degli avvocati Jürgen Mossak e Ramón Fonseca che spiegano sguardo in macchina, in chiave metacinematografica, direttamente al pubblico come dal baratto si sia passati alla moneta di scambio. È tutta questione di mucche e banane! Un racconto ironico in cui i due attori vestiti con completi bianchi (panama in testa d’obbligo) raccontano una storiella: “Immaginatevi che a chi serva una mucca debba comprarla da chi odia le banane”. Subito dopo entra in campo Meryl Streep nei panni di Ellen Martin, una donna in vacanza a New York alle cascate del Niagara, che viene coinvolta in un incidente in barca nel quale muore il marito.

Quando la donna scopre che l’incidente mortale non verrà rimborsato a causa di una truffa assicurativa ai danni dei proprietari dell’imbarcazione sulla quale viaggiavano, inizia a indagare su una falsa polizza che potrebbe legarsi a uno studio legale di Panama City. Studio che costituisce società fittizie per riciclare denaro. Dopo è tutta questione di gusci di conchiglie e consigli non ascoltati che rendono Panama Papers un film godibile, che sposa il tono ironico per raccontare un tema molto importante, ma che di sicuro avrebbe potuto osare di più.

Panama Papers vuol smascherare l’illegalità e l’assurdità della finanza

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I temi del film infatti sono evasione fiscale, corruzione e tutte quelle assurdità finanziarie illecite a cui i super ricchi possono accedere e di cui i comuni mortali sono costretti a subire le conseguenze. Già La grande scommessa con comicità e in modo ancor più grottesco The Wolf of Wall Street hanno raccontato le distorsioni del mondo della finanza e soprattutto quello legale che permette scappatoie per evadere il fisco. Il risultato è che ad “Oggi il 50% della ricchezza mondiale è nelle mani dell’1% della società” come ha raccontato Soderbergh in conferenza stampa a Venezia, motivo per cui è urgente e necessario scegliere il registro della black comedy per raccontare tematiche importanti, affinché il film possa arrivare a più persone possibili.

Il finale di Panama Papers è una sorpresa

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Proprio per questo il film, volutamente, non scende nel dettaglio: Soderbergh non sceglie la strada più ovvia del genere del giornalismo investigativo, proprio perché non vuole spiegare i meccanismi della finanza e dei delinquenti che lucrano sulle persone comuni, quanto raccontare attraverso episodi divertenti le assurdità di un sistema corrotto. Diviso in capitoli e con delle interpretazioni di carattere da parte di tutti i protagonisti, Panama Papers soddisfa le aspettative senza però essere incisivo fino in fondo (era il caso di spingere ancor di più sul grottesco?), con 95 minuti di divertimento e un finale a sorpresa da ciliegina sulla torta.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 2
Emozione - 3

3.2