L’imprevedibile viaggio di Harold Fry: recensione del film di Hettie MacDonald

Jim Broadbent sulle tracce di Hanks e McDormand raggiunge l'indiscutibile prova di carriera, vestendo i panni di un pellegrino logorato dal proprio passato che attraverso la morte riscopre la vita e così anche l'importanza del viaggio. L’imprevedibile viaggio di Harold Fry è al cinema a partire da giovedì 5 ottobre. Distribuzione a cura di BIM.

Diretto dalla Hattie MacDonald di Beautiful Thing, L’imprevedibile viaggio di Harold Fly è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Rachel Joyce, qui nelle vesti di sceneggiatrice.
Come sempre accade in qualsiasi road movie che si rispetti, due momenti su tutti dimostrano la qualità del film, dialogando fortemente con l’emotività dello spettatore, il modo in cui è raccontato tanto l’inizio del viaggio, quanto la sua fine.

Passando inevitabilmente per quella classica sequenza nella quale chi viaggia è costretto molto spesso a fermarsi, mettendosi a sedere e parlando con qualcuno che si è incontrato lungo la strada, o in altri casi, osservando silenziosamente il paesaggio circostante.
L’imprevedibile viaggio di Harold Fry, rispettando appieno le regole del genere fa centro, seppur prendendosi diverse libertà, anche se non sempre ottimali.

Non ci sono né auto, né motociclette al centro o ai margini del viaggio di Harold Fry. Quello del duo MacDonald/Joyce è un modello di road movie che trova la sua forza ed il suo simbolismo tornando alle origini, alla possibilità e volontà di muoversi e mettersi sulla strada, nel suo senso più profondo, servendosi unicamente delle proprie gambe e della propria tenacia, che un po’ resta incontrastata e un po’ svanisce, alimentando e poi arrestando un cammino che è in primo luogo dell’anima e solo secondariamente del corpo.

Sono lontani ormai i tempi dell’Alvin Straight, del ben più nostalgico, riflessivo e singolare, Una storia vera di David Lynch, interpretato da Richard Farnsworth, che in quel film si serve di un trattorino rasaerba, sempre più scassato e anch’esso prossimo alla morte, pur di attraversare un’area vastissima degli Stati Uniti d’America, raggiungendo il fratello reduce da un infarto.

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Infatti, l’Harold Fry di Jim Broadbent (qui nella sua prova di carriera e su questo non vi è alcun dubbio), nonostante un’evidente anzianità, decide di attraversare un’area altrettanto vasta, questa volta però dell’Inghilterra, sfruttando soltanto la forza delle sue gambe e dei suoi piedi, messi sempre più a dura prova da un paio di scarpe logore e bucate e da un passato che celato nel cuore resta lì, nient’affatto conciliato, all’opposto, profondamente irrisolto e traumatico.

Quali sono gli eventi che possono dimostrarsi capaci di dare una svolta immediata e inaspettata alle nostre vite? Risulta complesso e soggettivo immaginare una ideale e comune risposta.
Eppure ad Harold Fry risulta sufficiente la bugia bianca di una commessa adolescente che incontrando Harold nel piccolo supermercato in cui lavora, lo inganna, pur dicendogli la verità, rispetto alla forza senza eguali della fede, che può – e deve – coincidere non soltanto con quella religiosa, piuttosto emotiva, negli altri, nell’amore e nella ferrea volontà di perseguire un qualsiasi obiettivo prefissato, senza mai lasciarlo andare.

Harold il suo lo conosce bene, il raggiungimento del perdono. Decide così di mettersi in cammino, incurante di divenire lungo la strada un vero e proprio fenomeno di massa, apparendo su giornali, telegiornali e social media, ispirando curiosamente un’ondata di pellegrini che come lui, combattono per la sopravvivenza alla morte e soprattutto al dolore, attraverso la fede degli uomini, nei confronti di altri uomini e non di un’entità superiore o di una qualsiasi religione.

Dapprima in solitaria, il tranquillo viaggio di Harold Fry si fa imprevedibile coinvolgendo Wilf (Daniel Frogson) un adolescente problematico e spaventato dal proprio futuro e dalle dipendenze, e poi un cane, che rappresenta per Harold un ritorno al passato e ad una forma di dolore che si fa via via più salvifica e mutevole.

Sul coraggio di partire, senza conoscere il ritorno

Tra i toni della commedia agrodolce di Richard Curtis e il dramma senza sconti sulla crisi di coppia e le conseguenze del matrimonio in fallimento, dunque del pianto, del silenzio e dell’invisibilità reciproca, proprie della letteratura di Richard Yates, L’imprevedibile viaggio di Harold Fry, passando per l’elaborazione del lutto e la necessità dell’ottenimento del perdono, coinvolge il suo pubblico in un cammino terribilmente realista, lucido, spietato e commovente, che difficilmente respingerà, confortando piuttosto, seppur tra le lacrime.

Non sono poi molti i casi di road movie che negli ultimi anni di cinema hanno saputo raccontare e mostrare con il meritato rispetto e la doverosa sensibilità il dramma, o in altri casi il caos, capace di far scattare la scintilla nella mente del pellegrino conducendolo alla strada e al suo ritorno alla natura e ai sentimenti primordiali fino a quel momento sconfessati, o altrimenti perduti.

Passando per i notevoli Into The Wild di Sean Penn, Wild del compianto Jean-Marc Vallée, fino allo spassoso A walk in the Walk in the Woods di Ken Kwapis, e infine al memorabile e in qualche modo unico, Nomadland di Chloé Zhao, fino a L’imprevedibile viaggio di Harold Fry.
Sul coraggio di partire, trovando la strada e forse perfino sé stessi, senza però conoscere il momento esatto del ritorno, che per alcuni può arrivare, mentre per altri no, Jim Broadbent si rimette sulle tracce di Hanks e McDormand, vestendo i panni di un pellegrino logorato dal proprio passato che attraverso la morte riscopre la vita e così anche l’importanza del viaggio.

L’imprevedibile viaggio di Harold Fry: valutazione e conclusione

Così come si infrangono le onde sulla riva, al termine del loro lungo viaggio, osservate malinconicamente da Harold e la moglie Maureen (Penelope Wilton) in uno dei momenti più significativi del film, Hettie Macdonald e Rachel Joyce, servendosi di uno scarno scambio di battute e un paio di rapide inquadrature, ci dimostrano in effetti, quanto la semplicità sia spesso e volentieri capace di raccontare molto più di una miriade di sequenze e sproloqui esistenziali e che il viaggio è prima di tutto un’esperienza solitaria, perciò silenziosa, mistica e potente.
La grande prova interpretativa di Jim Broadbent vale di per sé la visione del film.

L’imprevedibile viaggio di Harold Fry è al cinema a partire da giovedì 5 ottobre 2023. Distribuzione a cura di BIM.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.3