Cannes 2018 – Le livre d’image: recensione del film di Jean-Luc Godard

Le livre d'image dischiude agli occhi dello spettatore una carrellata di fotogrammi dissonanti e "sporchi", montati con intenzionale asimmetria di successione temporale e suoni, ognuno interrotto all'apice del suo crescendo narrativo, a voler sottolineare l'assenza dell'intento comunicativo legato alla parola e al filo logico della narrazione.

Jean-Luc Godard torna a Cannes 2018 a 4 anni di distanza dalla vittoria del Premio della Giuria a pari merito con Mommy di Xavier Dolan per l’enigmatico (a voler usare un eufemismo) Adieu au langage. Un cinema, quello di Godard, sempre più volto verso lo sperimentalismo e l’avanguardia, al costo di perdere completamente la connotazione di arte narrativa e figurativa. In le livre d’image il cineasta francese si lascia andare ad una libera (almeno agli occhi di chi scrive) associazione d’idee sull’onda della tematica della presumazia dell’immagine sulla parola, laddove il linguaggio (al quale – appunto – Godard aveva già dato l’addio nel 2014) si rivela solo uno dei mezzi per comunicare, e spesso nemmeno il più efficace.

Ecco allora che Le livre d’image dischiude agli occhi dello spettatore una carrellata di fotogrammi dissonanti e “sporchi”, montati con intenzionale asimmetria di successione temporale e suoni, ognuno interrotto all’apice del suo crescendo narrativo, a voler sottolineare l’assenza dell’intento comunicativo legato alla parola e al filo logico della narrazione. Il risultato è un’opera pressoché indecifrabile, composta da varie citazioni cinematografiche e nuove immagini, il tutto racchiuso in una suddivisione in 5 capitoli, corrispondenti al numero di dita della mano, primo mezzo per sperimentare la realtà.

Le livre d'image Cinematographe.it

Le livre d’image propone quindi un’idea di cinema in cui il corpo in movimento diviene l’attore principale, presentando una frammentata digressione sul mondo arabo, dal quale il regista si ritiene particolarmente affascinato. Esercizio di stile? ad avere gli strumenti per coglierlo senz’altro, basta dimenticarsi tutto ciò che la settima arte può dare su un piano narrativo. Forse una pretesa piuttosto irrealistica, laddove il regista sembra presupporre la presenza di una completa connessione fra il suo flusso di coscienza e gli occhi dello spettatore, che non può che rimanere frastornato come di fronte ad un’imponente scultura della quale si intuisce la difficoltà di realizzazione, ma tuttavia non si riesce ad attribuirle un senso o una bellezza.

Le livre d’image arriverà nelle sale cinematografiche italiane in data ancora da definirsi.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Sonoro - 3
Emozione - 0.5

2.1