Cannes 2018 – Cold War: recensione del film di Pawel Pawlikowski

Cold War racconta gli anni della subdola Guerra Fredda dall’improbabile prospettiva di un’impossibile storia d'amore, riuscendo in modo perfettamente esauriente ad evocare le dinamiche e i sentimenti di un momento storico che non permetteva movimenti di nessun genere.

Cold War (Zimna Wojna) vede il regista polacco Pawel Pawlikowski, premio Oscar per Ida, cimentarsi nel racconto di una storia d’amore impossibile, ambientata fra le macerie post-apocalittiche della fine della seconda guerra mondiale e la successiva Guerra Fredda. Lo stesso tipo di conflitto che coinvolge Wiktor (Tomasz Kot) e Zula (Joanna Kulig), due magneti viventi che tuttavia non hanno nulla a che vedere l’uno con l’altra, opposti su un piano socio-culturale quanto geografico-politico (Wiktor viene esiliato a Parigi), ma nonostante questo impossibilitati a dimenticarsi.

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Cold War è una storia d’amore appassionata fra due persone di ambienti e temperamenti diversi, fatalmente male assortite e tuttavia fatalmente condannate l’uno all’altra. Ambientato sullo sfondo della Guerra Fredda degli anni ’50 in Polonia, Berlino, Jugoslavia e Parigi, il film dipinge una storia d’amore impossibile in tempi impossibili.

Si capisce fin dal primo sguardo tra i due, quando il musicista deve valutare l’audizione della ragazza per uno spettacolo folcloristico del quale è direttore artistico. La voce di Zula non è la più bella fra quelle delle altre ragazze, ma Wiktor ne rimane ipnotizzato,  intuisce subito che lei ha “qualcosa” in più, uno spirito vitale che impedisce all’uomo di staccarle gli occhi di dosso, nonostante i fatti immediatamente successivi suggeriscano i primi segnali dell’inopportunità di tale relazione.

Cold War: un amore urgente quanto impossibile

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Cold War narra così, con la leggiadria di un passo di danza e un malinconico bianco e nero, l’amore impossibile cantato da Zula durante il provino, che si rivelerà mezzo e presagio per il futuro dei due amanti, fra esili, allontanamenti, riconciliazioni ed amareggianti espedienti per forzare un destino che sembra non volerne sapere di piegarsi.  Un amore che segue contemporaneamente i movimenti di un Paese – la Polonia –  che fatica a rialzarsi, chiuso come il formato del film (4:3) in una ripresa lenta ed estenuante, che appare sempre più lontana, mentre la fatica aumenta e la fiducia in un destino diverso da quello che sembra scritto vacilla progressivamente, dipingendo la frustrazione sui volti dei personaggi.

Pawel Pawlikowski incornicia questo amore con una confezione impeccabile, composta da una regia volteggiante e misurata, in cui ogni scena apre e chiude  – con la massima economia – un capitolo della vita faticosa dei protagonisti, fino all’unico epilogo ritenuto possibile, che non smette di sottolineare il rifiuto dei due amanti a lasciarsi sopraffare dagli eventi, continuando a perseguire la bellezza di un amore fuori contesto, non adatto a questo mondo ma allo stesso tempo urgente ed irrinunciabile, solido attraverso gli anni come nient’altro che appartiene al suo background riesce ad essere. Un’unica certezza alla quale non è possibile non appigliarsi.

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Coronato dalle interpretazioni eccezionali dei  protagonisti (due volti estemporanei e dotati di un’eccezionale espressività, che sembrano davvero appartenere a un altro mondo), Cold War racconta gli anni della subdola Guerra Fredda dall’improbabile prospettiva di un’impossibile storia d’amore, riuscendo in modo perfettamente esauriente ad evocare le dinamiche e i sentimenti di un momento storico che non permetteva movimenti di nessun genere. Con l’unica possibile pecca (che corrisponde con ogni probabilità a una precisa scelta stilistica) di riversare inevitabilmente un po’ del “freddo” di quegli anni nel rapporto fra i protagonisti, col risultato di creare quel briciolo di distanza di troppo che da spettatori impedisce – nel bene e nel male – di andare alla deriva insieme a Wiktor e Zula.

Il film si appresta a raggiungere le sale italiane per conto di Lucky Red (già distributore di Ida) il 20 dicembre 2018; nel cast della pellicola troviamo anche Borys Szyc, Agata Kulesza, Cédric Kahn, Jeanne Balibar, Adam Ferency e Adam Woronowicz. Una possibile Palma d’Oro per quest’edizione del Festival di Cannes, la cui proiezione ha  meritato la prima ovazione di pubblico e critica, sicuramente di buon auspicio.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 2.5

3.6