Venezia 79 – Bones and All: recensione del film di Luca Guadagnino

La recensione di Bones and All, il film di Luca Guadagnino con Timothée Chalamet e Taylor Russell presentato a Venezia 2022.

Ormai abbonato alla Mostra di Venezia, Luca Guadagnino riporta il proprio cinema al festival con Bones and All, selezionato per competere al Leone d’oro e che lo riunisce con Timothée Chalamet dopo Chiamami col tuo nome. Il film traspone sul grande schermo l’omonimo romanzo della statunitense Camille DeAngelis, adattato da David Kajganich, già sceneggiatore per Guadagnino di A Bigger Splash e Suspiria.

On the road attraverso gli Stati Uniti, il film segue Maren (Taylor Russell), adolescente che lascia la propria casa per cercare la madre, di cui non ricorda nulla. La giovane è in cerca di risposte, perseguitata da un segreto che è parte saliente della sua natura: ha bisogno di cibarsi di carne umana. Convinta di essere unica al mondo per questa sua “condizione”, durante il viaggio Maren scopre di essersi sempre sbagliata incontrando diversi suoi simili. Fra questi, Lee (Chalamet), che decide di aiutarla nella sua missione e in cui presto la ragazza comincerà a vedere più di un semplice amico.

Bones and All: tra la love story di Chiamami col tuo nome e l’horror di Suspiria

bones and all recensione cinematographe.it

In qualche modo, Bones and All sembra una sintesi fra le due precedenti opere di Guadagnino, mescolando il romantico incontro tra due anime affini raccontato in Chiamami col tuo nome e il macabro senso dell’orrore suscitato in Suspiria. Le immense location a cielo aperto ricordano il film del 2017 che già vedeva Chalamet protagonista, con le distese lombarde sostituite però dalle radure e dai rilievi montuosi del Nord America; i lunghi viaggi in furgone prendono il posto dei giri in bicicletta; pur macchiata dal sangue delle vittime di cui si nutrono i protagonisti, la storia d’amore alla base rimane quella di due personaggi che, attraverso il loro rapporto, riescono a dare maggiore senso al mondo circostante e al posto che in esso occupano.

Un posto difficile da trovare per chi, come loro, fugge da sempre, cercando di convivere con il proprio peculiare appetito. Nascosti tra la gente, questi “cacciatori” attendono il momento giusto per attaccare come fossero vampiri, senza però i fastidi che affliggono la stirpe di Nosferatu, potendo godersi le giornate di sole e sistemarsi davanti allo specchio senza temere di non trovare il proprio riflesso. Maren e Lee non hanno tuttavia nulla della noia esistenziale dei vampiri dandy di Intervista col vampiro o del fascino aristocratico di un Gary Oldman in Dracula di Bram Stoker. Più simili ai grandi predatori africani, ci vengono mostrati mentre sbranano le proprie vittime come se queste fossero carcasse di prede abbattute, sopravvivendo ma chiedendosi al contempo se non abbia ragione chi li addita come mostri.

Luca Guadagnino sbatte in faccia allo spettatore una violenza che è metafora di diversità

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Guadagnino non nasconde nulla dei truculenti banchetti, inondando la scena di sangue, mostrando lembi di pelle lacerata e arti divorati fino all’osso. La fame vorace come metafora del percepirsi diversi, inadeguati, come molti si sentono mentre navigano a vista nel mare dell’adolescenza. Se è però vero che il regista scuote con le immagini che crea, passato lo straccio e pulito lo schermo dalle budella, Bones and All sembra rivelare poco più di una languida storia d’amore.

Se non altro, Chalamet si conferma un interprete tanto giovane quanto capace di bucare lo schermo e il suo passo a due con l’altrettanto ottima Russell regge in gran parte l’impalcatura dell’arco romantico del film. Allo stesso modo, Mark Rylance sfoggia l’ennesima performance brillante, dando volto a un personaggio affabile e inquietante al contempo. Il suo Sully è certamente fra le presenze più indelebili del film, ma da ringraziare è appunto in gran parte la prova dell’attore, piuttosto che per la scrittura del ruolo, elemento di disturbo inserito quasi a forza nella romantica avventura dei due protagonisti.

Bones and All: una storia d’amore che gira su se stessa, resa degna di nota solo dalla brutalità che la circonda

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I grandi spazi e le lunghe superstrade statunitensi sono l’ambientazione perfetta per il racconto di due giovani innamorati, che vagano per il Paese alla ricerca di un genitore scomparso incapaci di comprendere se siano o meno un errore. Guadagnino sa fotografare il senso di sperdimento dei suoi protagonisti e gli interpreti sono altrettanto efficaci nel dargli dei volti autentici, ma nel suo voler parlare di identità, di adolescenza perduta e di un’America rurale i cui figli sembrano abbandonati a loro stessi, il film finisce per girare su se stesso, aggrappandosi unicamente alla crudezza che lo riveste. Una brutalità che invece di essere arricchente ingrediente in più, si rivela in fondo l’unico elemento in grado davvero di far sì che il titolo si distingua dalle tante storie d’amore fra adolescenti che ogni anno Hollywood ci propina.

Diretto da Luca Guadagnino e in concorso a Venezia 79, Bones and All sarà per lo schermo il romanzo di Camille DeAngelis. Il cast comprende anche Mark Rylance, Michael Stuhlbarg, André Holland, Jessica Harper, Chloë Sevigny, Francesca Scorsese e David Gordon Green. L’uscita nelle sale italiane è fissata al 23 novembre, curata da Vision Distribution.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Recitazione - 4
Fotografia - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3.3