400 giorni – Simulazione spazio: recensione del film con Brandon Routh

400 giorni – Simulazione spazio si rivela niente di più che uno scadente film di fantascienza, dignitoso nella messa in scena ma mai realmente appassionante

400 giorni – Simulazione spazio è un film per la TV distribuito negli Stati Uniti da SyFy, canale via cavo specializzato nella trasmissione di produzioni low budget di genere fantascientifico, apocalittico e paranormale. La pellicola è diretta da Matt Osterman (al suo secondo lungometraggio dopo Phasma Ex Machina) e interpretata da Brandon RouthCaity Lotz, entrambi nel cast delle popolari serie televisive Arrow e Legends of Tomorrow.

400 giorni – Simulazione spazio

Con la corsa spaziale sempre all’ordine del giorno e l’approdo del primo uomo su Marte sempre più vicino, il governo degli Stati Uniti decide di isolare i quattro aspiranti astronauti Theo (Brandon Routh), Emily (Caity Lotz), Dvorak (Dane Cook) e Bug (Ben Feldman) in un bunker sotterraneo per 400 giorni, con lo scopo di testare la loro resistenza all’isolamento assoluto, alla convivenza forzata e alla simulazioni di alcuni possibili imprevisti. Con il passare dei giorni, fra allucinazioni e sinistre apparizioni, il clima nel bunker si fa sempre più pesante e misterioso, precipitando i protagonisti in uno stato di perenne inquietudine e paranoia.

400 giorni – Simulazione spazio: un thriller fantascientifico dalle buone premesse, vanificate da un pessimo sviluppo narrativo

400 giorni – Simulazione spazio

Nel campionario dei B-movie in orbita SyFy, ondeggianti fra mockbuster di grandi produzioni hollywoodiane, soporiferi action e monster movie e il trash compiaciuto e consapevole alla Sharknado400 giorni – Simulazione spazio si distingue per la ricerca di dignità visiva e di maturità nei temi trattati, finendo però per vanificare i buoni spunti di partenza con un intreccio disordinato e piatto, afflosciato da dialoghi inconsistenti e da mediocri interpreti.

400 giorni – Simulazione spazio si apre in modo convenzionale e interlocutorio, introducendo i vari personaggi, il loro background e la loro crescente agitazione, fra immagini di repertorio degli ex presidenti JFK e Obama e omaggi più o meno espliciti a cult passati e recenti del genere fantascientifico come Alien, 2001: Odissea nello spazio, Solaris e Moon. Fin dalle prime sequenze è però ben chiara la fragilità della sceneggiatura di Matt Osterman, che produce personaggi piatti, bidimensionali e privi di spessore, affossati ulteriormente dalle scialbe prove degli attori principali. Con il passare dei minuti, il regista procede per accumulo, inserendo elementi dall’indiscutibile fascino come la segregazione, le cospirazioni e inquietanti scenari apocalittici. Assistiamo così a una crescendo di misteri e tensione, tanto potenzialmente intrigante quanto maldestramente gestito, che genera nello spettatore più confusione che reale interesse.

400 giorni – Simulazione spazio: un B-movie rassegnato e dimesso, capace di fare presa esclusivamente su un pubblico occasionale e poco esigente

Fra flashback, allucinazioni, ambiguità e colpi di scena, 400 giorni – Simulazione spazio assesta qualche buon colpo, senza però riuscire a compensare i suoi svariati difetti. Lo scadente sviluppo di plot e personaggi porta a una narrazione sciatta e sconclusionata, che naviga a a vista fra falle di sceneggiatura, abuso di stereotipi e un inopportuno sentimentalismo. La mancanza di coesione e di una direzione chiara da seguire conduce inevitabilmente a un finale monco e inconcludente, che cela dietro alla sua pressoché totale mancanza di risposte un’imbarazzante incapacità di gestire in maniera coerente e unitaria i tanti spunti disseminati all’interno della trama. Un cinema fintamente cerebrale, capace di fare presa esclusivamente su un pubblico occasionale e poco esigente.

400 giorni – Simulazione spazio

Nonostante le buone premesse, 400 giorni – Simulazione spazio si rivela niente di più che uno scadente film di fantascienza, dignitoso nella messa in scena ma mai realmente appassionante, soprattutto per gli appassionati del genere. Un B-movie rassegnato e dimesso, sconfitto non dallo scarso budget ma da una imperdonabile superficialità nell’affrontare temi e atmosfere che meriterebbero maggiore attenzione e migliori capacità.

Regia - 2
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 1.5
Sonoro - 2
Emozione - 1.5

1.8