Paolo Sorrentino e la toccante lettera alla madre “Chissà se, nell’aldilà, è consentito andare al cinema”

"Chissà se, nell'aldilà, è consentito andare al cinema", così inizia la toccante lettera scritta da Paolo Sorrentino alla madre.

È stata la mano di Dio, l’ultimo film di Paolo Sorrentino uscito su Netflix il 15 dicembre 2021 dopo un fortunato passaggio al cinema e dopo essere stato presentato alla 78ma Mostra del Cinema di Venezia, è un’opera diversa rispetto alle precedenti del regista premio Oscar. La diversità consiste nel fatto che non è un capolavoro, non quello che ci si aspettava da lui almeno (motivo per cui non ha vinto il Leone d’Oro a Venezia), è piuttosto un film molto più intimo, che ripercorre i miti e le leggende della sua esistenza, attraversando e raccontando quel dolore che sconquassò la sua vita da adolescente: la morte dei genitori.

È stata la mano di Dio è quindi molto più di un film tratto dalla storia vera di Paolo Sorrentino, è una lettera d’amore alla sua famiglia, a Napoli e a Diego Armando Maradona. È un modo per afferrare quei volti che nessun figlio si rassegna a lasciar andare, l’idea di rivivere la felicità e la sicurezza di essere figli. A tal proposito Paolo Sorrentino ha espresso il suo auspicio in una lettera toccante e personale, che però riguarda un po’ tutti noi e che ci insegna a riflettere sul tempo, le mancanze e quei “vizi” a cui ci abitua l’amore genitoriale. Una presenza che diamo per scontata, perché di fatto nessuno si abitua mai all’idea della scomparsa.

Nella sua lettera si sofferma sulla natura della madre, interpretata nel film da una meravigliosa Teresa Saponangelo, descrivendone i suoi modi sbrigativi ma affettuosi, quel minimizzare necessario che il regista si rende conto di aver ereditato.
Un pensiero profondo, tenero e universale: una lettera rivolta alla madre, ma anche a tutti. Il regista partenopeo, non a caso, termina la sua missiva spingendo chi legge a essere ridicolo, sentimentale e piene di lacrime, perché non ci sono altre porte da oltrepassare se non queste, per diventare grandi. Perché il pianto di un adulto è l’unico modo per tornare bambini.

Paolo Sorrentino e la lettera alla madre, interpretata da Teresa Saponangelo in È stata la mano di Dio 

“Chissà se, nell’aldilà, è consentito andare al cinema. Così mia madre potrebbe vedere la lettera che le ho scritto, attraverso questo film. La lettera che sosta tutti i giorni nell’anima dei figli diventati grandi. Dove scriviamo, col pensiero e con le parole che non abbiamo detto, quella meraviglia che è stata o non è stata, ma che sempre rimarrà nella nostra vita sentimentale, l’idea di meraviglioso.
Abbiamo avuto madri meravigliose e da ragazzi non lo sapevamo. Coltivavano pedagogie traballanti, fameliche di sensi di colpa. Mia madre, per esempio, nei momenti di conflitto, era solita dire: ‘Quando non ci sarò più, soffrirete tantissimo’. Non volevamo crederci, perché rifiutavamo il concetto di scomparsa. Invece, naturalmente, è stato così. Come poteva essere altrimenti. Era uno squarcio di cattiveria gratuita e in buona fede. D’altronde la cattiveria tende a essere sempre gratuita. Ma era un altro mondo.
Mia madre era sbrigativa ma molto affettuosa. L’ironia era il sollievo per qualsiasi problema. Ai primi sintomi di adolescenza, quando si cominciava a frequentare, con quella gravosità affranta, la profondità, mia madre ricorreva a uno strumento irritante: minimizzava. Da adulto, ho compreso. Mi è parsa l’unica strada. Minimizzare. Non è utile, ma è difficile rintracciarne altre. Oggi l’educazione dei figli è una missione. Per la generazione di mia madre era solo un altro fardello che la vita imponeva. Eppure, era tutto amore. Ma l’ho capito dopo. E quando ho avuto le parole per dirglielo, lei non c’era più.
Per questo mi piace pensare, con un’ingenuità da bambino profondo, che nell’aldilà si possa vedere un film. Per dire quello che non ho potuto dire. E per chi può, ho un solo consiglio: ditelo. A costo di essere ridicoli, sentimentali e pieni di lacrime. È necessario, per diventare grandi, passare attraverso le porte del ridicolo e del pianto. Il pianto degli adulti. L’unico modo, per una madre, di ritrovare, davanti a sé, il bambino meraviglioso che tutti siamo stati”.

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