Roman Polanski: 6 cose che (forse) non sai sul regista

Genio e sregolatezza, dramma e controversie, per uno dei grandi maestri del cinema

La fama, il successo, un continuo exploit artistico caratterizzato dalla complessità di una vita tumultuosa; Roman Polanski è genio, Roman Polanski è sregolatezza, Roman Polanski è la storia del cinema che attraversa l’Europa e arriva in America per poi fuggire nuovamente, in un agglomerarsi di controversie legali legate alla sua sfera privata e un drammatico succedersi di tragedie personali che lo hanno segnato fin dall’infanzia. Dal 1955 ad oggi, il regista di origine polacca, con passo pesante ha imposto la propria impronta sull’industria che lo ha accolto a braccia aperte come un rivoluzionario, come un estroso giovane artista meritevole di imprimere il proprio nome a caratteri ben definiti e di potersi esprimere sinceramente, in maniera del tutto personale. A quasi ’70 anni di distanza da quel suo primo progetto, il regista de L’inquilino del terzo piano e Il pianista (oggi disponibile su Netflix) è pronto a tornare con il suo nuovo lungometraggio, The Palace che verrà presentato fuori concorso al Festival di Venezia. Noi nel frattempo, in attesa dell’imperdibile evento di settembre, andiamo ad approfondire quelli che sono i temi più curiosi costruitisi attorno alla figura di uno dei più grandi maestri del cinema odierno, con le 6 cose che (forse) non sapete su di lui.

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1. Un’infanzia in fuga

Roman Polanski cinematographe.it

Figlio dello scultore polacco di origine ebraica, Ryszard Liebling, e di Bula Katz-Przedborska, russa di famiglia ebraica poi convertitasi al cattolicesimo, Rajmund Roman Thierry Polański nasce a Parigi il 18 agosto 1933. Il periodo segnato da discriminazioni e dal crescente antisemitismo costrinse la famiglia a trasferirsi a Cracovia, città natale del padre, dove furono presto rinchiusi nel ghetto, in seguito all’invasione nazista. Madre ad Auschwitz e padre a Mauthausen, egli riuscì a fuggire grazie all’aiuto dei genitori che pagarono un’ingente somma ad una famiglia cattolica la quale, a sua volta, lo diede poi in affidamento ad una famiglia ulteriore, con la quale Roman rimase sino alla liberazione della Polonia.

2. Gli esordi cinematografici di Roman Polanski

Dopo qualche prima piccola esperienza come attore agli inizi degli anni ’50, Polanski debutta come regista nel 1955 con il cortometraggio Rower, da lui anche interpretato, e realizza poi altri corti durante gli studi (Due uomini e un armadio nel 1958 e When Angels Fall l’anno successivo). Si laurea nel 1959, quando sposa l’attrice Barbara Lass, e 3 anni dopo, nel periodo del prematuro divorzio, realizza il suo primo lungometraggio. Il coltello nell’acqua, scritto assieme a Jerzy Skolimowski, è un’opera che dà subito la misura della poetica del regista: inquietante, angoscioso, un chiaro sguardo pessimistico sui rapporti, le interazioni sociali e le dinamiche della psiche umana.

3. Dalla Polonia alla Francia, dalla Francia all’America

L'inquilino del terzo piano cinematographe.it

Originario di Parigi, l’autore abbandona la Polonia comunista per tornare in Francia, dove già nel 1961 aveva girato Le gros et le maigre e I mammiferi. Dopo qualche anno, però, si rende conto della xenofobia dilagante nell’industria francese e la scarsa apertura nei confronti di autori stranieri e, dopo la chiamata di uno dei dirigenti della Paramount, Robert Evans, decide di partire per gli Stati Uniti. La casa di produzione gli chiede di leggere il libro di Ira Levin, Rosemary’s Baby, e dopo circa 3 settimane il regista si presenta con una sceneggiatura di quasi 300 pagine, pronto a dirigere il lungometraggio che gli valse la nomination come Miglior sceneggiatura non originale, agli Oscar del 1969.

4. Tra autobiografismo e biografismo di guerra

Il pianista, uno dei più grandi capolavori del cineasta franco-polacco, uscito nel 2001, è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo autobiografico, scritto dal musicista Władysław Szpilman durante i conflitti della seconda guerra mondiale. Le esperienze strazianti vissute dal protagonista sono del tutto assimilabili ai drammi che hanno segnato l’infanzia di Polanski e che ne hanno disgregato la famiglia. La pellicola ha riscosso moltissimo successo sia di critica che di pubblico, ottenendo una serie di riconoscimenti in tutto il mondo: Palma d’oro a Cannes, i César per il miglior film e il miglior regista e l’Oscar alla regia, che l’autore non poté ritirare poiché in arresto.

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5. L’arresto ad Hollywood

Una pura formalità 
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Era l’11 marzo del 1977 quando Roman Polanski fu arrestato a casa di Jack Nicholson per molestie e aggressione, in seguito alla denuncia dell’allora 13enne Samantha Gailey, che avrebbe dovuto posare come modella per un servizio fotografico di Vogue. Incriminato per 6 capi d’accusa, il regista si è dichiarato non colpevole, con molti rappresentati del mondo dello spettacolo scesi in campo per prendere le sue difese. Trovato poi un patteggiamento con la controparte, Polanski si è dichiarato colpevole del reato di abuso di minore e dopo 42 giorni di reclusione è uscito di prigione, pronto per scontare la sua pena in libertà vigilata. Avendo, però, sentito delle voci riguardo all’intenzione del giudice Laurence J. Rittenband di ignorare il patteggiamento, il regista non si è presentato all’udienza, partendo alla volta dell’Europa qualche ora prima. Protetto dall’estradizione poiché cittadino francese, tutt’oggi il cineasta vede delle accuse pendenti su di lui.

6. Il fatale incontro tra Roman Polanski e Sharon Tate

Il primo incontro tra Roman Polanski e Sharon Tate avviene durante le riprese di Per favore, non mordermi sul collo!, lungometraggio girato tra il 1966 e il 1967 che vede l’inizio della relazione tra i due, culminata il 20 gennaio 1968 con il matrimonio. La tragica fine della storia d’amore tra i due è però ben nota: nell’estate del 1969, per l’esattezza nella notte tra l’8 e il 9 agosto, i membri della setta nota come Mason family, composta da un giovane gruppo di anarchici violenti al seguito di Charles Manson, hanno fatto irruzione nella casa di Polanski, mentre il regista si trovava in Europa per lavoro, per poi uccidere la Tate, all’8° mese di gravidanza, l’ereditiera Abigail Folger, l’hairstylist Jay Sebring, l’aspirante scrittore Wojciech Frykowski e Steven Parent, un ragazzo di 18 anni, che venne ucciso mentre stava lasciando l’abitazione del custode.


Verso la fine del 1969 Charles Manson, assieme ai suoi seguaci, fu arrestato, processato e, 2 anni più tardi, dichiarato colpevole di 27 capi d’accusa. Scoperto tardi il cancro al colon che lo ha colpito mentre si trovava nella prigione di Corcoran, il pluriomicida ha perso la vita a causa di un arresto cardiaco all’età di 83 anni, nel 2017.

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