Il Traditore: il caso Tommaso Buscetta nel film di Marco Bellocchio

La vera storia di Tommaso Buscetta, protagonista de Il traditore di Marco Bellocchio, il boss dei Due Mondi e più grande collaboratore di giustizia della storia del nostro Paese.

Il 79° Festival di Cannes ha visto il ritorno in grande stile di Marco Bellocchio (I pugni in tasca, La Cina è vicina, La condanna, Il fotografo di matrimoni), che si è presentato con il suo Il traditore, la storia di Tommaso Buscetta, il collaboratore di giustizia più famoso della storia recente, interpretato da Pierfrancesco Favino (Romanzo criminale, A.C.A.B. – All Cops Are Bastards, Suburra).

Il lavoro di Bellocchio risulta di pregevole qualità, non solo a livello tecnico (regia, sceneggiatura, recitazione e via dicendo), ma soprattutto perché delicato ed equilibrato nel destreggiarsi tra il film autoriale e quello di cronaca. Ciò rende Il traditore una pellicola da vedere sia per gustarsi un bel film sia perché è necessario conoscere una delle storie più nere, ma anche più importanti dello Stato italiano.

Il Traditore: la colonna sonora del film di Marco Bellocchio

Ma chi era Tommaso Buscetta? E quali sono i passaggi della storia che Bellocchio ha tanto tenuto a raccontare con rispetto e precisione?

La storia vera de Il traditore: chi era Tommaso Buscetta?

tommaso buscetta, il traditore Cinematographe.it

Ho accettato ieri le sue sigarette perché era un pacchetto già aperto. Ma una stecca o anche un qualche pacchetto intero non li avrei accettati perché avrebbero significato che lei intendeva umiliarmi.

Nato a Palermo il 13 luglio del 1928 in una famiglia poverissima (madre casalinga e padre vetraio), Tommaso Buscetta era l’ultimo di 17 figli. “Talento precoce”, iniziò giovanissimo un’attività illegale nel mercato nero, come il furto di generi alimentari e la falsificazione delle tessere per il razionamento della farina, diffuse durante il ventennio fascista, che lo rese celebre a Palermo, dove, nonostante l’età, venne soprannominato don Masino.

Il 1945 è l’anno dell’affiliazione a Cosa Nostra, precisamente nel mandamento di Porta Nuova. Appena 4 anni dopo iniziò i suoi viaggi in Sud America, scegliendo di trasferirsi prima in Argentina e poi in Brasile, dove aprì una vetreria. Questo primo soggiorno all’estero non portò però fortuna a Buscetta, il quale, nel 1956, fu costretto a tornare a Palermo, dove si occupò del contrabbando di sigarette e stupefacenti, diventando un pericoloso killer alle dipendenze del boss Angelo La Barbera. Che tradì durante la “prima guerra di mafia” (siamo nel 1962) a favore dello schieramento di Salvatore “Cicchiteddu” Greco.

Il Traditore. Il film di Bellocchio visto dalla critica americana

In seguito alla strage di Ciaculli, Buscetta divenne uno dei principali ricercati dalle forze dell’ordine italiane, motivo che lo spinse ad iniziare la sua lunga latitanza all’estero. All’inizio fuggì in Svizzera, in Messico, in Canada e infine negli Stati Uniti d’America, dove aprì una pizzeria. Nel 1970 Buscetta soggiornò sotto falso nome a Zurigo, a Milano e a Catania con lo scopo di partecipare ad alcuni incontri per discutere sulla ricostruzione della Commissione. Nello stesso periodo lasciò gli Stati Uniti e si trasferì in Brasile, da dove iniziò un traffico di eroina e cocaina verso il Nord America, creando in pochi anni un sistema di trasporto aereo e una compagnia di taxi dove poter reinvestire il denaro del traffico di stupefacenti. Per dieci anni riuscì ad eludere la legge, utilizzando false identità, sottoponendosi ad un’operazione di chirurgia plastica e spostandosi da Paese a Paese, passando per Stati Uniti, Brasile e Messico.

Il 2 novembre 1972 avvenne il primo grande arresto ai danni di don Masino (venne arrestato diverse altre volte nel corso degli anni precedenti, ma sempre con conseguenze minime): catturato dalla polizia brasiliana e successivamente estradato in Italia, dove venne rinchiuso a Palermo nel carcere dell’Ucciardone e condannato a dieci anni di reclusione, poi ridotti a otto in appello, per traffico di stupefacenti.

Nel suo deposito in Brasile fu trovata eroina pura per un valore di 25 miliardi di lire. Era nato il boss dei Due Mondi.

La storia vera de Il traditore: il ruolo di Buscetta nella seconda guerra di mafia

padrini di cosa nostra, Il traditore Tommaso Buscetta Cinematographe.it

Luciano Liggio, Totò Riina, Stefano Bontate e Gaetano Badalamenti

La mafia che io ho conosciuto non tornerà più.

Trasferito nel carcere piemontese di Le Nuove nel 1980, riuscì ad evadere quando gli venne concessa la semilibertà e si nascose nella villa dell’esattore Nino Salvo, sotto la protezione dei boss Stefano Bontate e Salvatore Inzerillo. Era ormai arrivata l’epoca dell’ascesa definitiva dei Corleonesi, guidati ufficialmente dal boss Luciano Liggio, ma di fatto sotto il comando di Salvatore Riina e del suo braccio destro, Bernardo Provenzano, e Bontate e Inzerillo cercarono di convincere Buscetta a fare fronte comune per contrastare la minaccia.

Cannes 2019 – Il Traditore: recensione del film di Marco Bellocchio

Tuttavia, nel gennaio 1981, don Masino decise di tornare in Brasile per estraniarsi dalla vicenda e si sottopose a un nuovo intervento di chirurgia plastica e ad un altro per modificare la voce.

Durante la “seconda guerra di mafia”, lo schieramento dei Corleonesi, sotto il comando di Riina, dopo aver fatto strage di tutti gli avversari, decise di eliminare anche Buscetta perché strettamente legato a Bontate, Inzerillo e Badalamenti. Egli costituiva l’ultimo tassello per costituire la “dittatura” corleonese di Cosa Nostra, essendo una figura ancora molto influente e potenzialmente capace di raccogliere intorno a lui gli ultimi avversari di Riina ed organizzare un contrattacco.

Non potendo arrivare facilmente alla sua villa brasiliana, attuarono delle vendette contro i suoi parenti: tra il 1982 e il 1984 i due figli di Buscetta, Benedetto e Antonio, scomparvero per non essere mai più ritrovati, inoltre gli vennero uccisi un fratello, un genero, un cognato e quattro nipoti. Dopo gli omicidi dei suoi familiari, Buscetta era intenzionato a uccidere il suo capomandamento Pippò Calò, il traditore che si era unito ai Corleonesi, ma, il 23 ottobre 1983, quaranta poliziotti circondarono la sua abitazione a San Paolo in Brasile e lo arrestarono mentre era in compagnia di Leonardo Badalamenti, figlio del boss Gaetano. A nulla valse un tentativo di corruzione operato dallo stesso Buscetta, che venne rinchiuso in prigione per alcuni omicidi collegati allo spaccio di droga.

La storia vera de Il traditore e di Tommaso Buscetta: l’ultimo “uomo d’onore”

tommaso buscetta, il traditore Cinematographe.it

Il fenomeno mafioso non è comune. Non è il brigatismo, non è la solita criminalità. Perché il brigatismo e la criminalità lo Stato Italiano li combatte, e bene. È qualcosa di ben diverso: è la criminalità, più l’intelligenza, più l’omertà.

Nel 1984 i giudici Giovanni Falcone e Vincenzo Geraci si recarono da Buscetta, invitandolo a collaborare con la giustizia, ma inizialmente egli rifiutò. Lo Stato italiano ne chiese allora l’estradizione alle autorità brasiliane, ma quando questa venne concessa, don Masino, per evitarla, tentò il suicidio ingerendo della stricnina.

Salvato, arrivò in Italia dove decise di collaborare, ma a patto di interfacciarsi solamente con il giudice Falcone. Le ipotesi sui motivi del ripensamento di Buscetta furono molte, soprattutto perché egli stesso si dichiarò sempre un uomo d’onore, rigettando a più riprese la nomea di “pentito di mafia”. Il suo rapporto con Falcone fu oggetto di speculazioni, leggende  e controversie (addirittura c’è chi chiamò il giudice “l’amante dei mafiosi“), ma, qualsiasi siano state le modalità, i rapporti o i dialoghi, il loro rapporto permise, per la prima volta nella storia, di capire e conoscere la struttura gerarchica di Cosa Nostra. Al livello base vi erano i soldati scelti dalla famiglia, sopra di essi i capi decina, scelti dal capo della famiglia, sopra ancora vi erano i consiglieri e il sottocapo, e infine il capo famiglia o boss. L’unica cosa di cui Buscetta si rifiutò di parlare furono i legami politici di Cosa Nostra perché, a suo parere, lo Stato non era ancora pronto per dichiarazioni di quella portata.

Signor giudice. Dopo questo interrogatorio lei diventerà una celebrità. Ma cercheranno di distruggerla fisicamente e professionalmente. E con me faranno lo stesso. Non dimentichi che il conto che ha aperto con Cosa Nostra non si chiuderà mai. È sempre del parere di interrogarmi?

Nel 1984 venne estradato negli Stati Uniti dove ricevette dal governo una nuova identità, la cittadinanza statunitense e la libertà vigilata in cambio di nuove rivelazioni contro Cosa Nostra americana (famosa la sua testimonianza nel processo “Pizza connection”, che, tra gli altri, vide imputato niente meno che Gaetano Badalamenti).

Nel 1986 al Maxiprocesso di Palermo scaturito dalle dichiarazioni rese a Falcone, Tommaso Buscetta si presentò in aula per testimoniare, ribadendo nuovamente la sua fedeltà a Cosa Nostra e accusando tutti gli arrestati di essere loro i veri traditori. Loro la avevano snaturata, privata dei suoi principi, regole etiche e scopi nobili. Soprattutto si scagliò contro Riina, indicandolo come il principale fautore, con la sua mancanza di onore e rispetto, della caduta di Cosa Nostra.

Il confronto più importante di Buscetta al Maxiprocesso fu quello con Pippo Calò, il traditore che si schierò dalla parte dei Corleonesi, vendendo i suoi alleati e causando probabilmente anche la morte dei figli di don Masino, da cui venne affiliato, in giovane età, a Cosa Nostra e al quale era legato da sempre. La sua era una delle figure più importanti dopo Riina, Provenzano e Liggio, essendo di fatto il “cassiere” della nuova Cosa Nostra e colui che strinse i rapporti a Roma con i politici e con la famosa banda della Magliana.

Il risultato del confronto provò ancora una volta l’imperturbabilità di Buscetta, che ribatté colpo su colpo alle diffamazioni di Calò, il quale arrivò a parlare dei problemi privati della famiglia di don Masino (cosa considerata di una bassezza inaudita nell’ambiente mafioso tradizionale) e perfino a rinnegare l’amicizia profonda che li legava fin da giovani. Nonostante la natura dei due uomini, si percepì quello che Falcone disse più volte quando parlò dei suoi colloqui con Buscetta: egli era rimasto, di fatto, un uomo d’onore.

La storia vera de Il traditore e di Tommaso Buscetta: la caduta di un gigante

giovanni falcone Il traditore Tommaso Buscetta Cinematographe.it

Giovanni Falcone

La mafia non è affatto invincibile; è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo l’eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni.

Il 23 maggio 1992, uno dei giorni più neri della storia italiana recente, avvenne la drammatica strage di Capaci, l’attentato in cui morirono Giovanni Falcone, la moglie e gli uomini della scorta; la ritorsione definitiva di Cosa Nostra e la risposta di Riina al Maxiprocesso ed al presunto disinteresse dello Stato riguardo le sentenze.

Buscetta accusò molto l’evento, avendo stretto un rapporto di profondo rispetto con il giudice Falcone (in una ricostruzione è stato riportato che Buscetta stesso affermò di “amare Falcone“), considerato da tutti il nemico n°1 di Cosa Nostra. All’epoca don Masino era in America, ma dopo l’attentato anche di Paolo Borsellino, decise di tornare in Italia e di esporsi, anche come segno di rispetto alla memoria dei due giudici, che da soli erano riusciti a sferrare un attacco come mai prima d’ora a tutta l’organizzazione mafiosa. Dunque Buscetta iniziò finalmente a parlare con i magistrati anche dei legami politici di Cosa Nostra, accusando gli onorevoli Salvo Lima, assassinato qualche tempo prima, e Giulio Andreotti di essere i principali referenti politici dell’organizzazione.

Nello specifico riferì di aver conosciuto personalmente Lima alla fine degli anni cinquanta e di averlo incontrato anche durante la sua latitanza, e affermò inoltre di aver saputo che l’omicidio del giornalista Mino Pecorelli (1979) sarebbe stato compiuto nell’interesse di Andreotti.

Per via di queste sue dichiarazioni fu uno dei principali testimoni dei processi a carico di Andreotti per associazione mafiosa e per l’omicidio Pecorelli.

Ma il 15 gennaio 1993 avvenne una svolta: la cattura del capo dei capi Totò Riina. Con lui Buscetta ebbe il secondo confronto dopo quello con Calò al Maxiprocesso, ma il capo dei Corleonesi si rifiutò di parlargli, facendo nuovamente leva sulla vita privata dell’ex mafioso, il quale rispose affermando con risolutezza che ormai “la mafia è finita.

Al contrario di Riina, Andreotti verrà invece assolto dall’accusa di aver commissionato l’assassinio di Pecorelli (a nulla valse la testimonianza di Buscetta, che finì invece con l’essere screditato durante il processo), mentre verrà accertata la sua connivenza con la mafia per i fatti anteriori al 1980, prescritti al momento dell’emissione della sentenza.

La storia vera de Il traditore: Tommaso Buscetta, il mafioso in pensione

Il traditore, Tommaso Buscetta Cinematographe.it

Non sono un infame. Non sono un pentito. Sono stato mafioso e mi sono macchiato di delitti per i quali sono pronto a pagare il mio debito con la giustizia.

Tommaso Buscetta ebbe tre mogli e sei figli, due dei quali vittime della lupara bianca (tipico omicidio mafioso con occultamento di cadavere). I suoi ultimi giorni li trascorse con la terza moglie, che rimase al suo fianco per tutti i difficili anni di collaborazione con la giustizia. Scalpore fece una crociera che trascorse con la famiglia. Per via dell’enorme lusso della vacanza si ipotizzò infatti che se la sarebbe potuta permettere solamente usando i soldi donatigli dallo Stato italiano, cosa che però egli smentì con vigore più volte.

La verità è che i suoi ultimi anni furono probabilmente mesti: egli pensava sul serio che grazie alla sua collaborazione con Falcone prima e con il sistema giudiziario in generale poi, sarebbe riuscito a far crollare Cosa Nostra, la quale invece non solo sopravvisse, ma vide salvaguardati tutti i suoi presunti rapporti con lo Stato.

Buscetta morì di cancro il 2 aprile del 2000, all’età di 71 anni.

Oltre un libro-intervista, l’ultima volta che Buscetta ebbe modo di manifestare tutto il suo disappunto riguardo il fallimento sostanziale della guerra alla mafia fu in un’intervista rilasciata al compianto giornalista Enzo Biagi.

Vi lasciamo con questo video in cui potete rivederla: