Il mistero della tragica morte di Bruce Lee e del figlio Brandon

Bruce Lee e suo figlio Brandon sono morti entrambi prematuramente in circostanze misteriose. Cosa si nasconde dietro alla loro tragica scomparsa?

Marilyn Monroe e James Dean, Philiph Seymour Hoffman e Heath Ledger, Bruce e Brandon Lee. Lontana dall’essere materializzazione di un paradiso in technicolor, Hollywood presenta una storia costellata di incidenti sul set, perdite dolorose e morti improvvise; furono molti gli attori di fama mondiale scomparsi tragicamente sotto le accecanti luci della ribalta.

La loro morte, dovuta a malattie improvvise oppure all’eccesso di alcol e droghe, è da sempre stata oggetto di speculazioni, di ipotesi apparentemente azzardate congetturate e condivise da intere fanbase. Senza ombra di dubbio, però, tra le scomparse più misteriose, svolte nelle più oscure circostanze, figura la morte di Bruce Lee, mortalmente accomunata al tragico destino del figlio Brandon.

Bruce Lee: la tragica morte di una leggenda del cinema

morte di Bruce Lee Cinematographe.it

Debuttando come attore nel panorama cinematografico di Hong Kong alla tenera età di tre mesi, Bruce Lee viene ricordato come uno dei volti più noti della cinematografia del XX secolo, come il primo ad aver introdotto nello scenario culturale occidentale l’arte marziale della lontana Cina. Creatore del cosiddetto Jeet Kun Do – il proprio stile personale – l’attore asiatico trascorrerà una vita totalmente immersa nella fama. Una vita trascorsa interamente sotto i riflettori del cinema, dove incontrerà anche la propria tragica e misteriosa scomparsa.

10 maggio 1973, sessioni di doppiaggio de I tre dell’Operazione Drago, studi della Golden Harvest. Colto da potenti convulsioni – accompagnate da conati di vomito e vampate di calore – Bruce si allontana, raggiungendo la toilette. Immediatamente trasportato all’ospedale più vicino, all’attore fu diagnosticata la presenza di un edema cerebrale per il quale gli venne somministrato il mannitolo, un medicinale necessario a ridurre il gonfiore al cervello e che gli salvò la vita. Tuttavia, fu sempre questo male a togliergli la vita due mesi più tardi. Era la sera del 20 luglio 1973. Bruce si trovava ad Hong Kong.

Mentre Lee si trovava a casa di Betty Ting Pei, attrice e produttrice cinematografica taiwanese, l’attore lamentò una forte emicrania. Cercando di alleviarla, assunse una pastiglia di Equagesic, contenente aspirina e meprobamato, e successivamente si andò a sdraiare. Quel breve riposo si dilatò eccessivamente nel tempo. Bruce Lee non si svegliò più.

Trasportato con un grave ritardo presso il Queen Eizabeth Hospital, venne dichiarato “dead on arrival“. Arrivato morto.
La morte di Bruce Lee venne imputata ad una probabile reazione allergica a una o più sostenute contenute nel farmaco consumato. Con tutta probabilità la fatalità è da attribuire al meprobamato. L’autopsia evidenziò, inoltre, che “il cervello di Lee era gonfio come una spugna”. Pesando mediamente attorto ai 1400 grammi, nel caso dell’attore raggiunse il peso di 1575g: un aumento del 13%.

Come riportato dal giornalista Alex Ben Block, i risultati medici potevano essere imputati ad un particolare colpo di Kung-Fu, di cui Bruce Lee poteva essere stato un’inconsapevole vittima. Per stessa ammissione de produttore Raymond Chow, infatti, durante i combattimenti sul set, l’attore aveva ricevuto colpi non previsti dalla sceneggiatura.

Brandon Lee e l’improvvisa scomparsa sul set de Il Corvo

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Altro set maledetto per Brandon Lee. Trasfigurato nel protagonista Eric Draven, Brandon sarebbe dovuto entrare in un appartamento ricreato sul set de Il Corvo. In mano le buste della spesa. Doveva essere aggredito, stando alla sceneggiatura del film, da alcuni malfattori. L’attore Michael Massee, interpretando il personaggio di Funboy, avrebbe dovuto sparare al giovane attore di origini asiatiche. Si sarebbe dovuto trattare di una semplice ripresa. Eppure, negli studi di Los Angeles a otto giorni dalla fine delle riprese per Il Corvo, la scena divenne mortale. Era il 31 marzo 1993. 

“Lo vidi crollare a terra, con un lamento, il foro del proiettile mi parve perfettamente simulato”, ricorda il regista Alex Proyas, “e il sangue era forse fin troppo abbondante. Nel complesso, però, la scena era riuscita a meraviglia e, dopo aver gridato “stop”, dissi che ne avremmo girata un’altra per sicurezza.

Sebbene il colpo fosse a salve, nella canna della pistola c’era ancora il frammento di una cartuccia sparata in uno dei precedenti take. Ripresa anche attraverso una telecamera laterale, grazie alla quale il tragico evento si sarebbe dovuto vedere in modo più chiaro, il nastro contentente la scena non verrà mai trovato.

“Visto che non si muoveva, decisi di avvicinarmi a lui”, continua il regista de Il Corvo “e notai che la macchia di sangue continuava ad allargarsi. Mi chinai, toccando con il dito quel liquido. Era tiepido e denso, come sangue. Sangue vero. Sul set cadde un silenzio di morte. La prima persona a capire fu Eliza Hutton, fidanzata di Brandon. Faceva parte del cast come assistente alla produzione. Lanciò un urlo e si precipitò verso Brandon, mentre io mi rendevo conto che respirava debolmente e che le sue condizioni dovevano essere gravi”.

Trasportato d’urgenza presso l’ospedale più vicino – il New Hanover Regional Medical Center di Wilmington nella Carolina del Nord – Brandon si spense velocemente per morte dichiarata accidentale. Nello stomaco venne rivenuto un corpo metallico, l’ogiva di un proiettile, oggetto che si rivelò essere mortale.

La tragedia, come si ipotizzò in seguito, fu forse dovuta ad una disattenzione del personale, il quale non aveva controllato con la necessaria attenzione la pistola usata durante la scena.
Per motivi di tempo, infatti, lo staff comprò veri e propri proiettili, dai quali venne rimossa la polvere da sparo contenuta. Usata diverse volte, la pistola presentava, all’interno della canna, un proiettile, bloccato a causa di una carica debole. Ricaricata l’arma con proiettili a salve prima di essere utilizzata durante la scena mortale, una carica a salve fu abbastanza forte da smuovere il proiettile bloccato, provocando la ferita fatale nell’addome di Brandon Lee.

Il lavoro sul set de Il Corvo fu terminato attraverso l’uso di un sosia, che interpretò diverse scene, e tramite l’utilizzo della tecnica digitale, che portò ad un brusco aumento dei costi di produzione. La scena in cui si vede Brandon Lee entrare con le buste della spesa nel suo appartamento venne eliminata. La salma del giovane venne inumata accanto a quella del padre, presso il Lake View Cemetery di Seattle.

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E se la morte di Bruce Lee e quella del figlio Brandon fossero state ordite da una forza segreta?

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La morte di Bruce Lee fu la causa della creazione di ipotesi fantasiose che, con la tragica scomparsa del figlio Brandon, divennero vere e proprie paranoie.
Nelle ricostruzioni delle fanbase, la maledizione della famiglia Lee ha origine con la nascita di Bruce, che, cominciando a recitare in diverse produzioni locali grazie all’aiuto del padre, iniziò ad essere protetto dalla cosiddetta Triade, organizzazione criminale cinese di stampo mafioso. Altri, invece, collegano l’adesione alla criminalità con un episodio giovanile della vita dell’attore, il quale, diciottenne, scatenò una rissa particolarmente violenta dove picchiò il figlio di un importante membro.
A fianco di tali congetture, ne esiste una terza: a causa della sua posizione predominante all’interno del panorama cinematografico, la Triade voleva gestire la fama del giovane Bruce Lee, promessa del cinema mondiale.

Secondo tali supposizioni, la mafia cinese uccise Bruce Lee dopo averlo maledetto. La morte sarebbe, quindi, una punizione per aver esposto al mondo occidentale gli antichi segreti delle arti marziali.
Tuttavia, non si hanno prove ufficiali sulla veridicità di tali tesi. Triade o no, la morte di Bruce Lee, così come quella del figlio, fu immersa in circostanze oscure e misteriose, circostanze che molto probabilmente ci resteranno ignote per sempre.