Wish Upon: recensione del film di John R. Leonetti

Wish Upon riesce a trovare il giusto equilibrio fra il thriller e le sfumature soprannaturali, ma pecca sul versante prettamente horror.

Wish Upon è un film del 2017 scritto da Barbara Marshall e diretto da John R. Leonetti, già affezionato direttore della fotografia di James Wan e regista di Annabelle. La pellicola consiste in una declinazione moderna, in chiave thriller/horror, del celeberrimo racconto di William Wymark Jacobs La zampa di scimmia, sempre verde metafora sui pericoli legati ai nostri desideri e sulle più imponderabili conseguenze delle nostre azioni. I protagonisti del film sono Joey King (Slender Man, The Kissing Booth), Ki Hong LeeSydney ParkShannon Purser. Presente inoltre in un piccolo ruolo Sherilyn Fenn, indimenticabile interprete del personaggio di Audrey in Twin Peaks.
Wish Upon Cinematographe.it

La diciassettenne Claire (Joey King) si ritrova a vivere una situazione difficile a scuola, dove viene frequentemente bullizzata o presa in giro per il suo aspetto, a casa, con il padre in grosse difficoltà economiche, e soprattutto dentro di lei, a causa del ricordo sempre presente della madre, impiccatasi davanti a lei diversi anni prima. La sua vita viene improvvisamente stravolta quando il padre le regala una misteriosa scatola musicale, con incise delle scritte cinese. Claire scopre che le scritte dicono che l’oggetto è capace di esaudire 7 desideri del proprietario. Quasi per gioco, la ragazza esprime un desiderio di vendetta nei confronti di una compagna particolarmente aggressiva nei suoi confronti, che poco dopo comincia a manifestare vistose necrosi. Claire scopre però anche il prezzo da pagare per i suoi desideri, ovvero il decesso di una persona a lei collegata. Ha così inizio un vortice di morte e fatalità.

Wish Upon: attento a ciò che desideri

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John R. Leonetti percorre strade e tematiche già affrontate diverse volte nel cinema di genere (per esempio nelle saghe di Wishmaster – Il signore dei desideri e Final Destination), dando però vita a un prodotto che, in un’ottica di puro disimpegno, risulta a tratti godibile e non lontano per atmosfere e tematiche dai titoli Blumhouse, di cui il regista è uno stretto collaboratore. Il tema centrale del film è quello del desiderio come sogno da anelare ma anche come generatore di caos e di morte, intorno al quale si snoda ben presto il più classico meccanismo di morti a catena, impreziosito dalla palpabile tensione generata dalla consapevolezza che, per il volere della scatola magica, il male prima o poi si concretizzerà.

Se da una parte Wish Upon trova il giusto equilibrio fra il thriller e le sfumature soprannaturali, con una messa in scena tutto sommato credibile e di buon impatto visivo, le cose non funzionano altrettanto bene sul versante horror, che, a parte qualche saltuaria e innocua spruzzata di sangue, risulta decisamente carente. Lo spettatore si trova così all’interno di un meccanismo piacevole, di cui conosce regole e convenzioni, ma che non lo appaga mai totalmente, creando la giusta tensione ma lasciando sempre il vero orrore fuori dall’inquadratura. Nonostante la buona caratterizzazione dal punto di vista di sceneggiatura e interpretazione della protagonista, Wish Upon risulta inoltre poco convincente sul versante dell’approfondimento sociale, non riuscendo mai a coniugare la suggestione del racconto con tematiche sempre più importanti come il bullismo e il desiderio di fama reale o virtuale.

Wish Upon: un film senza infamia e senza lode

Ci troviamo così di fronte a un film che a tratti tenta di elevarsi dalla media del genere del periodo, finendo però sempre per essere ricacciato nell’anonimato dalla propria mancanza di ambizione e dalla necessità di non scuotere fino in fondo lo spettatore (negli USA, il film è uscito con l’innocua classificazione PG-13). Un peccato non tanto per le aspettative dello spettatore, non particolarmente elevate, ma per il coraggio che Wish Upon dimostra in alcuni risvolti del racconto, portando lo spettatore verso strade non scontate e soprattutto verso un finale inaspettatamente cupo e cinico, preludio alla classica scena post credits che lascia un gancio per un possibile sequel.

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In conclusione, Wish Upon si rivela un prodotto senza infamia e senza lode, spendibile senza troppi rimpianti per 90 minuti di puro disimpegno. Un film lontano dall’essere un cult, capace però di intrattenere in maniera dignitosa utilizzando i sempre suggestivi concetti di desiderio, sacrificio e fatalità e le nostre più ancestrali paure.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.8