The Covenant: recensione del film Prime Video di Guy Ritchie

La recensione del war movie di Guy Ritchie con Jake Gyllenhaal e Dar Salim, disponibile su Prime Video dal 27 luglio 2023.

È davvero un Guy Ritchie che non ti aspetti quello di The Covenant, alle prese per la prima volta in carriera con un war movie e con un film che in generale non risponde minimamente per tono e stile ai canoni del suo cinema. Si tratta di un film geneticamente lontano anni luce da quelli ai quali ci ha abituati sin dagli esordi, insolitamente serio e per moltissimi versi inedito per quanto concerne il suo modo di fare e concepire la Settima Arte. Il ché potrebbe fare storcere il naso ai suoi estimatori da una parte e sorprendere i detrattori dall’altra, o magari metterli finalmente d’accordo come sembra stia accadendo da quando il film è approdato su Prime Video lo scorso 27 luglio 2023 e dal livello di gradimento positivo registrato sin qui tra gli abbonati alla piattaforma.

The Covenant è un dramma bellico dalle venature action che si muove con scioltezza, efficacia e convinzione nel solco della tradizione del genere

The Covenant cinematographe.it

Pur mantenendo il ritmo serrato e il piede sull’acceleratore, il regista britannico lavora in sottrazione rispetto allo stile cinetico e pop per il quale è conosciuto e si è fatto conoscere dal pubblico e dagli addetti ai lavori. E non poteva fare altrimenti data la natura dell’operazione in questione che lo ha portato a un approccio decisamente più classico e meno ludico alla materia, alla storia e ai personaggi che la animano. Ora che questo sia il segnale di un cambio di rotta o una semplice parentesi solo il tempo potrà dircelo, ma a giudicare dai progetti in cantiere (da The Ministry of Ungentlemanly Warfare al sequel di Aladdin)  non si può escludere l’ipotesi che possa alternare film e serie riconducibili a entrambe le modalità. Nel frattempo ci godiamo questo The Covenant, un dramma bellico dalle venature action che si muove con scioltezza, efficacia e convinzione nel solco della tradizione del genere di riferimento al quale la pellicola appartiene in tutto e per tutto.

Una pagina sconosciuta della Guerra in Afghanistan

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Pur non ispirandosi a una storia specifica e realmente accaduta, Ritchie e i suoi compagni di scrittura Ivan Atkinson e Marn Davies (gli stessi del precedente Operation Fortune) raccontano una dolorosa e triste realtà sconosciuta ai più e relativa alla Guerra in Afghanistan che ha portato in un ventennio alla morte di oltre 50 mila interpreti afghani assoldati dall’esercito americano durante la campagna militare in terra straniera. E infatti inizialmente il film avrebbe dovuto chiamarsi The Interpreter, con la mente dello spettatore che in virtù di questo non poteva non tornare a un’altra fetta di storia del passato narrata sul grande schermo in cui si intrecciavano i destini di soldati americani e interpreti, ossia il Windtalkers di John Woo. Poi però si è deciso di optare per The Covenant, mantenendo comunque intatta l’idea di partenza che ci catapulta senza rete di protezione  al seguito di un sergente dell’esercito statunitense che nel suo ultimo turno di servizio in Afghanistan resta gravemente ferito e viene portato miracolosamente in salvo proprio da un interprete locale, che per farlo mette a rischio la sua stessa vita. Nelle due ore circa si assiste alle fasi che scandiscono il prima, il durante e il dopo salvataggio, con il regista di Hatfield che nell’arco della timeline attinge a quelle che sono le dinamiche ricorrenti e di repertorio del filone bellico: dalla lotta eroica dietro le linee nemiche del contingente di turno alla missione pericolosissima di salvataggio ed estrazione, passando per il survivor movie in terra ostile e il traumatico ritorno a casa.

Per il suo film, Ritchie attinge all’intero “arsenale” narrativo e drammaturgico del war movie

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Ritchie attinge dunque all’intero “arsenale” narrativo e drammaturgico del war movie, compresi temi e stilemi, adattando anche il suo stile prepotente e appariscente alle esigenze del racconto e del filone. Il risultato affronta tematiche, dinamiche, riflessioni e soprattutto emozioni mai minimamente sfiorate dall’autore, che mostrano quanto questo sia capace di misurarsi con altro che non sia riconducibile al gangster movie e ai suoi derivati, genere nel quale, al netto di evasioni e tradimenti, ha partorito le cose migliori. The Covenant gli ha regalato e ci ha regalato un cineasta diverso, ma non per questo snaturato, capace di fare un passo indietro e mettersi al servizio della storia e dei personaggi, quando abitualmente si era soliti assistere al contrario. Non resta comunque a digiuno di azione con conflitti a fuoco degni di nota (su tutti quello che va in scena a partire dall’irruzione e dall’imboscata nel deposito armi dei talebani), ma la rende parte integrante e non motore trainante, realistica e non frenetica al punto da risultare nella stragrande maggioranza dei casi iper-realistica. Qui tiene a freno gli istinti primordiali e firma una regia meno eclettica e invasiva, ma non per questo priva di impatto e adrenalina. Per il resto si affida a una coppia d’interpreti davvero ben assortita formata da Jake Gyllenhaal e Dar Salim, entrambi perfettamente in parte e veicolo con le rispettive performance di forti emozioni cangianti.

The Covenant: valutazione e conclusione

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Un inedito Guy Ritchie ci regala un war movie solido narrativamente e privo di quei fronzoli tecnici caratteristici del suo cinema, con il quale mette da parte la sua cifra stilistica ultra-pop e cinetica dei precedenti optando per un approccio più realistico, ma soprattutto attento ai personaggi e alle dinamiche emozionali. Non manca l’azione e tutto il campionario del filone bellico, che il regista britannico chiama in causa nell’arco delle due ore a disposizione. Ad aiutare Ritche in questo inaspettato e per quanto ci riguarda piacevole sconfinamento in un genere mai battuto prima, due bravissimi attori come Jake Gyllenhaal e Dar Salim, che nei panni rispettivamente di un sergente dell’esercito e di un interprete afghano offrono al film e al suo pubblico delle performance dure fisicamente e dal forte impatto emotivo.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4
Emozione - 4

4