Tau: recensione del film Netflix di Federico D’Alessandro

La nostra recensione di Tau, nuovo film originale Netflix diretto da Federico D'Alessandro e interpretato da Maika Monroe, Ed Skrein e l'Oscar Gary Oldman

Tau è un film originale Netflix del 2018, distribuito dal celeberrimo servizio di streaming il 29 giugno. La pellicola è diretta da Federico D’Alessandro (già supervisore artistico per alcuni prodotti del Marvel Cinematic Universe come Captain America: The Winter Soldier, Ant-Man e Doctor Strange) e ha per protagonisti Maika Monroe (già vista in It Follows), Ed Skrein e il premio Oscar Gary Oldman, che per l’occasione presta la voce all’intelligenza artificiale che dà il titolo al film.

Tau: la (non) intelligenza artificiale secondo Netflix
Tau

La ladruncola Julia (Maika Monroe) viene rapita e fatta prigioniera nella sua abitazione iper tecnologica da un misterioso e inquietante scienziato chiamato Alex (Ed Skrein). Dopo avere sottoposto Julia a esperimenti ai confini della tortura, l’uomo introduce la ragazza al suo assistente Tau (Gary Oldman), un’intelligenza artificiale da lui stesso sviluppata. Julia è quindi chiamata a cercare di piegare la resistenza del suo carceriere virtuale per salvare la pelle e riguadagnare la libertà.

Tau

Netflix continua la sua politica di film originali, fatta di poche produzioni meritevoli e molti buchi nell’acqua, soprattutto per quanto riguarda le produzioni di genere. Tau non si discosta da questo trend negativo, rivelandosi, nonostante le buone premesse, uno sbiadito riciclo di spunti già visti e rivisti nel cinema di fantascienza, appesantito da una totale inconsistenza nella caratterizzazione dei personaggi e da un comparto tecnico e visivo che mostra più volte la corda. Ciò che stupisce negativamente del film di Federico D’Alessandro è la sconcertante incertezza narrativa, che porta a vanificare fin dai primi minuti tutte le potenzialità del racconto.

Tau: un fiacco B-movie fantascientifico affossato dall’assenza di un’accettabile caratterizzazione dei personaggi

Dopo un incipit oltremodo frettoloso, che ci dice tutto e niente della protagonista, veniamo trasportati in un’abitazione che, con effetti speciali incerti, ci viene mostrata come il trionfo della tecnologia. Un aspetto che, insieme alle torture a cui viene sottoposta Julia e all’aura di mistero che circonda l’enigmatico Alex, ci porta a sperare in uno sviluppo ricco di tensione e colpi di scena della fuga della protagonista, volto a scandagliare progressivamente gli arcani che la circondano. Purtroppo, non assistiamo a nulla di tutto questo. Tau si concentra infatti totalmente sul personaggio di Julia e sulla fisicità della Monroe, la quale, pur confermandosi una dignitosa scream queen, non dispone dell’espressività e del carisma necessari per caricarsi il film sulle spalle.

Ad affossare qualsiasi possibilità di empatia con la protagonista è una quasi imbarazzante superficialità a livello di caratterizzazione dei personaggi, che nega incomprensibilmente allo spettatore qualsiasi punto di riferimento utile a immergersi nel racconto. Passi per la forzatura di fondo che vuole uno scienziato decisamente abbiente costretto a rapire persone comuni per i suoi esperimenti invece di pagare dei volontari, possiamo chiudere un occhio sulla caratterizzazione da scienziato pazzo di Alex, banalmente ricalcata su quella di Ex Machina, ma è inammissibile non trovare in tutto il film un solo punto di contatto con la personalità di Julia, una motivazione alla sua presenza alla casa, qualche demone personale da cui fuggire, un minimo accenno di arco del personaggio.

Tau: un nuovo buco nell’acqua per Netflix

L’unico risvolto minimamente interessante diventa così il rapporto fra Julia e Tau, coscienza artificiale che dimostra ben più umanità rispetto al creatore. Nulla di nuovo sotto il sole, ma i dialoghi fra la protagonista e questa sorta di Hal 9000 3.0, mai veramente inquietante o totalmente emozionante, aiutano a distogliere l’attenzione da un ritmo narrativo praticamente nullo e da una messa in scena risibile, che ondeggia senza costrutto fra effetti speciali a basso costo e un’estetica al neon oltremodo posticcia. Spiace vedere un interprete di alta caratura come Gary Oldman prestare la sua preziosa voce e la sua indiscutibile professionalità a un progetto tanto confusionario e dozzinale, ma neanche la sua presenza basta a rendere Tau un prodotto minimamente interessante o godibile.

Tau

Tau ci mette nuovamente di fronte a quello che al momento è il più grande tallone di Achille di Netflix, ovvero la piattezza e la mediocrità dei suoi film originali. Una pellicola fiacca e priva di qualsiasi spunto originale, che non aggiunge nulla di nuovo al genere e incapace di lasciare un minimo segno del suo passaggio nell’animo dello spettatore.

Regia - 2
Sceneggiatura - 1.5
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 1.5
Emozione - 1.5

1.8

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