Talk To Me: recensione del folgorante esordio horror dei Fratelli Philippou

All’interno di Talk to Me c’è moltissimo cinema, da David Cronenberg a Brian Yuzna, fino a Stanley Kubrick, M. Night Shyamalan, Darren Aronofsky, Jordan Peele ed Ari Aster, ma soprattutto ci sono l’ironia, la ferocia, la brutalità e l’inquietudine del nuovo marchio Philippou. La rinascita del cinema horror ha un nome, anzi, due. Talk to Me è al cinema a partire da giovedì 28 settembre. Distribuzione a cura di Midnight Factory, etichetta di Plaion Pictures

Caos, musica ad alto volume e luci al neon. È un party e qualcuno cerca un ragazzo, Duckett. Seguono sfrontate riprese di telefoni cellulari e l’esplosione feroce di una violenza brutale che culmina in suicidio, dinanzi a sguardi attoniti, grida e silenzio. Così comincia Talk to Me, con un’apertura d’effetto che sconvolge per efferatezza, dimostrando fin da subito la natura spietata, adulta e senza sconti del film.

Nella storia del cinema, ci sono moltissimi casi di opere che prima di carburare e coinvolgere lo spettatore nella loro narrazione e atmosfera, scelgono di prendersi un tempo più o meno lungo, che varia a seconda del loro autore, dando vita a sensazioni e attese, a volte soddisfatte, ed altre meno.
Al contrario di questi, ci sono autori che fin dalla primissima sequenza, quella d’apertura, che di tanto in tanto, smaniosa d’esplodere, non permette nemmeno ai titoli di testa dello stesso film di giungere a conclusione, decidono che prima si comincia e meglio è, così da svelare immediatamente le carte in tavola, sia chiaro, non completamente, facendo prigionieri più spettatori possibile, ormai costretti a giocare, osservare e temere, inconsapevoli e impreparati rispetto a ciò che verrà.

Talk to Me dei Fratelli Philippou appartiene al secondo caso, ed è una vera fortuna, oltreché sorpresa.
Però, per chi da tempo fosse seguace e appassionato del canale Youtube, RackaRacka, creato e gestito dai due gemelli australiani Andy e Michael Philippou, classe 1992, all’epoca filmmaker e da oggi cineasti, nonché vero e proprio futuro dell’horror cinematografico, non sorprenderà affatto, o comunque relativamente poco, che il loro esordio Talk to Me, abbia ricevuto oggi il plauso di numerosissime personalità del cinema, tra le quali Peter Jackson, ottenendo un grandioso e unanime consenso internazionale, tanto da parte della critica, quanto del pubblico. Proprio per via di quell’evidentissimo potenziale (in)espresso dai due nel corso di una lunga e divertita gavetta amatoriale – eppure fortemente creativa – messa a disposizione di tutti su YouTube e in attesa di essere (ri)scoperta. Così è stato.

Vedo la gente morta

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Celebre ormai la battuta pronunciata da Haley Joel Osment, nei panni del piccolo Cole Sear che nel cult di M. Night Shyamalan, Il sesto senso, entra in contatto con i morti, dialogando con loro ed osservandoli, restandone traumatizzato e al tempo stesso perfino conquistato.

Ancor prima di Cole però, la medesima capacità sensoriale appartiene a Daniel “Danny” Torrance, un altro bambino di un caso cinematografico horror, ancor più importante e decisivo in termini di Storia del Cinema, rispetto a Il sesto senso, ossia Shining.

Laddove la capacità di Cole viene dichiarata attraverso una battuta di dialogo, quella di Daniel resta inespressa, o altrimenti rivelata da quel dito in movimento che vorrebbe farsi incarnazione di un’anima solitaria, o meglio, di un fantasma, Tony.

Talk to Me, facendo proprie con grande intelligenza e acutezza le due metodologie d’approccio al sovrannaturale operate da Shining e Il sesto senso, lavora sul concetto di portale e di contatto tra regno dei vivi e regno dei morti attraverso l’uso di una specifica comunicazione verbale – un invito diretto -, e di una mano.

O meglio, del calco di una mano, sulla quale sono appuntati simboli, lettere e parole mai realmente identificate – e identificabili – che si vocifera essere appartenuta ad una medium, perciò capace, soltanto una volta stretta e pronunciata la frase “Parla con me” seguita da “Ti lascio entrare”, di mettere in contatto i vivi con l’aldilà. Un aldilà che però non è affatto pacificato e tranquillizzante, piuttosto demoniaco, inquietante e oscuro.

Non è infatti casuale che il male liberato dalla mano, cerchi, fin dai primissimi tentativi di seduta spiritica, d’osservare, spaventare e infine attrarre a sé il più giovane dei partecipanti, l’adolescente Riley (Joe Bird), che pur incontrando il divieto di partecipazione della sorella Jade (Alexandra Jensen), non può che divenirne ugualmente vittima.
Perciò ecco tornare uno dei grandi topos del cinema horror. Il male e l’innocente. Quel connubio capace di dar vita ad uno dei filoni più floridi e ormai abusati degli ultimi anni, quello esorcistico, che prima e meglio di qualsiasi altro si è soffermato sulla questione della forza attrattiva e del potere maligno, inarrestabile e spietato nei confronti dei soggetti più fragili, innocenti e vulnerabili.

Laddove i diciottenni di Talk to Me, fagocitati dal trip allucinato e divertito, che passa in tutto e per tutto per le vie della possessione demoniaca, dunque dell’esorcismo – come esperienza di sballo addirittura privata della sua convenzionale componente alcolica e stupefacente e testimoniata dalla presenza dei filmati e delle fotografie dei cellulari -, si rivelano incapaci di subire l’attrazione maligna pur osservandola direttamente, apparendole impermeabili, agli adolescenti non spetta la medesima sorte, poiché la paura non è ancora superata e i fantasmi conoscono con estrema precisione la porta da abbattere.

Ecco come tutto cambia, mutando rapidamente le sorti del film, da esperienza teen horror, stoner e scanzonata, a vera e propria discesa infernale, nel corso di una sequenza estremamente violenta e difficoltosa da osservare, tanto da percepire – inconsciamente e non – il bisogno o desiderio d’abbassare lo sguardo, sperando nella sua fine.
Eppure quella stessa fine, non può che rivelarsi l’inizio.

Psiconalisi ed elaborazione del lutto tra il cinema di Ari Aster e quello di Jordan Peele

Talk to me - Cinematographe.it

Così come appaiono immediatamente chiare le inevitabili influenze di due titoli cult come quelli precedentemente citati – Il sesto senso e Shining – molto presto, il cinema di Jordan Peele, autore sempre più stimato e celebrato della nuova corrente horror nordamericana, fa capolino, in compagnia del marchio stilistico – ed ormai estremamente personale, perciò riconoscibile – di Ari Aster, prolifico autore di casa A24, con titoli quali Hereditary e Midsommar.

Ed è proprio rispetto al concetto di psicoanalisi che Talk to Me e così i fratelli Philippou dimostrano di aver osservato appieno la lezione dello Scappa – Get Out di Jordan Peele, riflettendo sul peso, dunque gli effetti e le conseguenze sulla vita di un giovane individuo, di un trauma irrisolto e mai realmente elaborato. Ancor più se radicato in profondità, perciò celato nei ricordi dell’infanzia.  

Se però in Scappa – Get Out la psicoanalisi assume l’aspetto di una vera e propria trappola, poiché indotta da individuo terzo, in Talk to Me la dinamica viene sapientemente ribaltata, mutando in autoinduzione, attraverso l’osservazione della cupezza e della disperazione di Mia (una splendida Sophie Wilde) che pur di restare in contatto con il proprio trauma, perciò il fantasma dell’anima, causato dalla prematura morte della madre, assume su di sé la carica maligna rappresentata da quella mano che è al tempo stesso portale e arma, e che sceglie di custodire, replicando in qualche modo le sorti dei differenti possessori dell’anello dell’ormai storica trilogia di Peter Jackson, Il signore degli anelli.

Disfunzionalità familiare ed evidente metafora sociale di una realtà giovanile perduta, desiderosa di dialogo e in conflitto con sé stessa, poiché confusa rispetto alla propria natura, al tempo stesso insaziabile e appagata, si rincorrono senza sosta, intrecciando tra loro l’intimismo drammatico e demoniaco del cinema di Ari Aster e quello più profondamente psicoanalitico eppure scanzonato ed ibrido di Jordan Peele, dando vita ad un’idea di cinema che pur prendendo a piene mani dai nuovi maestri dell’horror, risulta originale, feroce e potente in ogni suo più piccolo frammento.

Talk to Me: valutazione e conclusione

La rinascita del cinema horror ha un nome, anzi, due, Danny e Michael Philippou. Formidabile l’idea di un percorso che nasce sul web, per poi esplodere in tutta la sua forza creativa – e produttiva – sul grande schermo e mercato globale, mettendo in luce un talento spaventosamente unico e capace di sorprenderci da qui a tutto ciò che seguirà questo memorabile horror che decostruisce, per poi immediatamente riscrivere forme, linguaggi ed estetiche del cinema horror classico e moderno, dimostrandoci non soltanto che una nuova via è possibile, ma che ne stiamo osservando la nascita proprio in questo momento.

All’interno di Talk to Me c’è moltissimo cinema: da David Cronenberg a Brian Yuzna, fino a Stanley Kubrick, M. Night Shyamalan, Darren Aronofsky, Jordan Peele ed Ari Aster, ma soprattutto ci sono l’ironia, la ferocia, la brutalità e l’inquietudine del nuovo marchio Philippou.
Memorabile.
Talk to Me è al cinema a partire da giovedì 28 settembre 2023. Distribuzione a cura di Midnight Factory, etichetta di Plaion Pictures.

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4.5
Emozione - 4.5

4.3