Mulan (2020): recensione del live-action Disney di Niki Caro

Con Mulan, Niki Caro dipana il suo messaggio fondamentale arricchendo la trama principale con notevoli suggestioni visive e dense metafore, portando a compimento un piccolo grande colossal.

Dopo accese diatribe sul casting, attacchi all’attrice protagonista (per una poco gradita presa di posizione politica sulle recenti proteste di Hong Kong) e i numerosi rinvii dell’uscita, Mulan, il live-action Disney di Niki Caro remake del film d’animazione del 1998, arriverà direttamente su Disney+ il 4 settembre, con un costo aggiuntivo di 21.90€ rispetto all’abbonamento mensile.

Una scelta – quest’ultima – senza dubbio discutibile, che mette seriamente a rischio il successo di un film che appare nato per il cinema, oltre a rivelarsi il miglior live-action Disney finora realizzato. Sì, perché la storia di Mulan, tratta da una suggestiva leggenda cinese che pone basi antiche al girl power che permea i più recenti prodotti televisivi e cinematografici, permette alla figura della donna protagonista di prendere vita e mettere in risalto il proprio valore con estrema agilità, grazie alla sola potenza della narrazione e senza la necessità di apportare radicali modifiche alla trama del film d’animazione, come invece accaduto – ad esempio – col comunque bellissimo Aladdin, in cui Jasmine assume un ruolo inedito nel live-action.

La leggenda di Hu Mulan

Mulan, Cinematographe.it

Per chi non conoscesse la leggenda di Hu Mulan, la storia narra le gesta di un’eroina cinese che si arruolò in un esercito di soli uomini, descritto in un famoso poema cinese, forse scritto dal filosofo e scrittore Liang Tao nel VI secolo (le tracce dell’opera originale sono andate perdute). Da qui il racconto cinematografico della figlia di un onorato guerriero cinese, poco incline a diventare moglie e molto più portata per l’avventura, che dopo aver deluso la propria famiglia per tutto ciò che concerne quelle che in quel tempo e luogo erano ritenute le qualità di una femmina, decide di prendere il posto del padre al fronte, rischiando la vita per combattere al suo posto contro lo spietato esercito del Nord.

La Mulan del cartone animato era già perfettamente delineata per essere trasposta in carne e ossa, in un’operazione in cui la regista Niki Caro ha deciso semplicemente di espandere le sue doti e il suo sentire in un’apprezzabilissima dimensione wuxia, in cui il draghetto Mushu – inviato dagli antenati per proteggere la ragazza –  lascia spazio ad una più esoterica e simbolica Fenice, che guida la giovane guerriera attraverso la sua nobile missione: risparmiare la vita dell’anziano e malato padre e combattere al suo posto. La nuova Mulan è inoltre dotata di un potente “dono” che le permette di muoversi con un’agilità e destrezza fuori dal normale: una qualità che – per raggiungere il suo massimo potenziale – sottintende una piena onestà e contatto con se stessi, come suggeritole dal nuovo personaggio antagonista, che appare sotto le mentite spoglie del falco degli Unni ma che – in realtà – è una potente guerriera che opera al fianco del nemico per poter trovare il proprio posto nel mondo, dopo tante persecuzioni.

Per il resto, ogni ritocco alla storia originale appare funzionale al messaggio ma non ne modifica la natura, mantenendo il focus sulla storia di una straordinaria combattente, ostacolata dalla sola colpa di essere donna.

Mulan: una guerriera leale, coraggiosa e sincera

Mulan, Cinematographe.it

Le tre parole incise sulla spada dell’amato padre guidano l’impresa di Mulan: in un mondo dominato da un maschile in cui la tanto decantata virilità non sembra poi essere necessariamente la caratteristica principale, la protagonista impara e poi insegna che non c’è coraggio senza paura, sottolineando come quella che nelle donne viene scambiata spesso per fragilità non è altro che l’erronea convinzione che una mente più sensibile non sia portata per imprese che richiedono forza e determinazione. Un’idea che Mulan scardina tassello dopo tassello, decidendo di lasciar esplodere il proprio potenziale e risorgendo dalle sue stesse ceneri, proprio come l’Araba Fenice che ne guida l’impresa. E che ricorda a tutti che per rinascere spesso è necessario morire, lasciandosi alle spalle un’identità ingombrante e limitante, che non ci rappresenta.

Niki Caro dipana il suo messaggio fondamentale arricchendo la trama principale con notevoli suggestioni visive e dense metafore, portando a compimento un piccolo grande colossal in cui ogni scelta appare misurata e corretta, sostenuta da un cast in cui nessun personaggio appare fuori posto e ogni attore è perfettamente in parte, prima su tutti la bravissima Liu Yifei.
Assolutamente vincente anche la scelta di non inserire canzoni nel film, perfettamente funzionale al tono della pellicola, che sacrifica la fruibilità per un pubblico di piccolissimi a un racconto intenso e sincero, che la storia originale meritava e di cui questo momento storico aveva particolarmente bisogno. Resta, comunque, la presenza di un’ottima colonna sonora, in cui il tema musicale del film d’animazione irrompe sullo schermo nel momento più intenso e rivelatore, strappando qualche lacrima di commozione.

Mulan è un film bellissimo, che non meritava la penalizzazione della sua sfortunata distribuzione. Ma che speriamo riceva una seconda occasione in tempi migliori, magari ai prossimi Oscar.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

4