Monty Python e il Sacro Graal: recensione del film

Uscito in Italia nel 1976, Monty Python e il Sacro Graal, una pietra miliare del cinema comico e demenziale, è ora disponibile su Netflix.

Monty Python e il Sacro Graal è il secondo film del gruppo comico inglese dei Monty Python, all’epoca principalmente conosciuto per la celeberrima serie televisiva Il circo volante dei Monty Python. Quattro anni dopo l’esordio sul grande schermo con E ora qualcosa di completamente diverso (1971), il collettivo si mette per la prima volta alla prova con una storia unitaria, adattando molto liberamente e con il loro caratteristico umorismo demenziale e a tratti completamente nonsense le leggende del ciclo bretone, in particolare quella di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda. La regia del film è di Terry Jones e Terry Gilliam, entrambi alla loro prima esperienza dietro la macchina da presa per un lungometraggio.

Monty Python e il Sacro Graal

Il leggendario Re Artù (Graham Chapman) batte il territorio della Gran Bretagna nel tentativo di scovare i migliori cavalieri da aggregare alla sua Tavola Rotonda, senza neanche un cavallo, ma con il fido scudiero Patsy che lo segue battendo delle noci di cocco fra loro per simulare il rumore degli zoccoli. Con la squadra composta fra gli altri anche da Lancillotto (John Cleese) e Galahad (Michael Palin), su ordine di Dio in persona il condottiero si mette alla ricerca del mitico Sacro Graal. Il viaggio diviene così un mero pretesto per la messa in scena di una serie di esilaranti e grotteschi sketch.

Monty Python e il Sacro Graal: la leggenda di Re Artù secondo i Monty Python

Monty Python e il Sacro Graal

Con Monty Python e il Sacro Graal ci si trova davanti a un’opera unica e irripetibile, in cui uno straordinario gruppo di comici mette in campo tutta la sua creatività e la sua carica ironica, trasformando un importante pezzo di cultura popolare britannica in un trionfo del surreale, del demenziale e dello stravolgimento di qualsiasi canone narrativo e cinematografico. Fin dai titoli di testa, traboccanti di assurdi riferimenti alla Svezia, veniamo messi di fronte a una pellicola sfrenata e dissacrante, che dà costantemente la sensazione che in ogni momento possa accadere qualsiasi cosa, senza cambiare di una virgola il perfetto disequilibrio del film. La forza visionaria delle animazioni curate da un giovane Terry Gilliam si fonde così con una sregolata caricatura dell’epoca medievale e dei suoi stereotipi e con diversi farseschi e sottili riferimenti alle istituzioni inglesi dell’epoca.

A dare forza a Monty Python e il Sacro Graal non sono però né la critica sociale né la parodia di un’epoca e di un filone narrativo, ma piuttosto l’assoluta libertà con cui i Python danno sfogo al loro estro, che li porta a rendere le limitazioni di budget degli spunti creativi (come l’esilarante coniglio assassino o l’assenza di cavalli aggirata con il rumore delle noci di cocco sbattute da Patsy), a demolire il decantato eroismo cavalleresco e a sfondare ripetutamente la quarta parete con delle trovate tanto stravaganti quanto dannatamente efficaci. Il risultato è un film eccessivo, incontrollabile e inclassificabile, frammentato per lunghi tratti e traboccante di tempi morti, i cui difetti in termini di coerenza interna, continuità e ritmo sono però soppiantati da un’irrefrenabile forza dei singoli momenti, capaci di dare senso e vitalità all’intero film.

Monty Python e il Sacro Graal: una pietra miliare del cinema comico e demenziale

Tanti i momenti memorabili, citati, omaggiati e in alcuni casi scopiazzati senza ritegno nei decenni successivi. Dal passaggio sul ponte della Morte ai cavalieri che dicono Ni, passando per il duello con il cavaliere nero e la visita alle donzelle del castello, fino ad arrivare all’ultima grande e beffarda trovata, ovvero l’assenza dei titoli di coda nonostante l’insistenza della musica d’accompagnamento. Encomiabile il lavoro degli attori, che eseguono con tempi comici perfetti e invidiabile espressività le più disparate gag, cimentandosi in diversi ruoli nel corso della pellicola senza mai perdere in brillantezza. Luci e ombre per quanto riguarda la regia, con lampanti errori di messa in scena ed effetti speciali messi in secondo piano dagli spassosi intermezzi animati e dalla bizzarria di alcune sequenze metacinematografiche.

Particolarmente sgradevole il doppiaggio italiano del film, colmo di stravolgimenti di battute e situazioni, adattamenti errati e forzati e inutili inserimenti di dialetti regionali, decisamente da evitare in favore della versione in lingua originale.

Monty Python e il Sacro Graal

A più di 40 anni dalla sua uscita, Monty Python e il Sacro Graal è ancora un cult del cinema comico e demenziale, nonché una delle vette dell’opera di questi veri e propri maestri della risata. Un film che continua a essere fonte di imperitura ilarità e divertita ispirazione per le nuove generazioni (imperdibile l’omaggio alla pellicola nel finale del romanzo Ready Player One, recentemente adattato per il grande schermo da Steven Spielberg) e che ancora oggi sa farci sorridere sulle assurdità del mondo che ci circonda e sulla nostra distorta visione di esso.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 4

3.9

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