Le mura di Bergamo: recensione del documentario di Stefano Savona

La cronaca e le conseguenze dell’ondata pandemica su Bergamo e dintorni al centro del toccante e doloroso instant movie realizzato da Stefano Savona e da un gruppo di coraggiosi studenti del CSC di Palermo.

C’è chi il passaggio di un ciclone preferisce vederlo da lontano e chi invece quello stesso ciclone ha deciso di osservarlo dall’interno, via via sempre più vicino sino a raggiungerne l’epicentro. Stefano Savona è uno di quei registi a cui il coraggio non è mai mancato e lo testimonia una gran parte dei titoli della sua pluripremiata filmografia, che lo hanno portato in zone particolarmente calde sul fronte bellico ad altissima densità di rischio e pericolo per documentare in presa diretta gli avvenimenti in corso o per mostrare gli effetti delle ferite ancora sanguinanti di rivolte, tensioni interne e conflitti armati. Un coraggio che non è venuto meno neppure quando si è trovato alla guida di un piccolo ma valoroso “battaglione” di giovani colleghi, suoi ex studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo, con il quale è andato – tornandoci più volte per due anni – a documentare quanto accaduto a Bergamo e dintorni durante il Covid-19, entrando di fatto nella red zone dove si è combattuta una delle guerre tra vita e morte più drammatiche e letali dell’ondata pandemica per comporre un’opera corale battezzata Le mura di Bergamo.

Le camere guidate da Stefano Savona entrano nell’occhio del ciclone per raccontare dall’interno i giorni della pandemia nell’epicentro bergamasco

Le mura di Bergamo cinematographe.it

Il documentario, presentato in anteprima mondiale al Festival di Berlino 2023 nella sezione Encounters e di recente in alcune kermesse nostrane come il 24° ShorTS International Film Festival (dove al regista è stato conferito il Premio Cinema del Presente) e il 18° Sole Luna Doc Film Festival, prende il via nel marzo del 2020, quando la città di Bergamo, dentro le sue mura, è un corpo malato e martoriato. L’epidemia di Covid-19 è scoppiata con un’esplosione violenta e inaspettata. Le strade si sono svuotate, gli scambi azzerati, gli incontri proibiti. Disconnesso dagli altri ogni corpo è solo all’interno delle sue mura. Ogni immagine, ogni memoria è un frammento fragile del mosaico che fino a ieri componeva la topografia urbana. Dopo gli incubi di questa notte infinita, i sopravvissuti si risvegliano in una città sconosciuta. Il desiderio di fare ritorno a casa è forte ma altrettanto forte è il terrore di non ritrovare chi si era lasciato. Il corpo della città è un organismo devastato che prova a reagire. Medici, infermieri, pazienti, volontari, e anche chi non ha vissuto direttamente il dolore della malattia cerca un proprio ruolo nel processo di guarigione collettiva. Raccogliere e raccontarsi le storie di chi non c’è più diventa una maniera per rielaborare il lutto privato e collettivo, per ricomporre quel tessuto intimo, familiare e sociale che la pandemia ha lacerato e per ragionare sul bisogno di una nuova ritualità della morte.

Le mura di Bergamo è un instant movie le cui immagini, suoni e parole hanno avuto modo nel frattempo di sedimentare prima di approdare sullo schermo

Le mura di Bergamo cinematographe.it

Quanto raccolto in quei mesi di lotta per la sopravvivenza dove in molti non ce l’hanno fatta o hanno perso affetti diventa la materia prima e incandescente di un instant movie le cui immagini, suoni e parole hanno avuto modo nel frattempo di sedimentare prima di approdare sullo schermo. Il risultato è un viaggio di andata e ritorno dall’Inferno, quello venutosi a creare in terra sotto forma di pandemia. Savona e il suo gruppo con scandagliante quanto rispettosa cura etica si focalizzano sugli sgomenti, errori e dolori che hanno marchiato in maniera indelebile quel periodo. Lo hanno fatto con rispetto, tatto, sensibilità, discrezione, senza mai invadere o violare la sfera più intima, senza mai calcare la mano sulle situazioni così da evitare quella strumentalizzazione della sofferenza altrui tipica della tv del dolore. Sta qui il grande merito di Le mura di Bergamo, ossia nell’approccio con il quale si è andati a registrare quei tragici eventi. Un approccio, quello messo in atto dagli autori, basato sulla ricerca della giusta distanza, quella necessaria di volta in volta per raccontare a parole e per immagini e suoni situazioni emotivamente molto complesse, ma anche per entrare in contatto con i soggetti incontrati in quei giorni.

La cronaca in presa diretta attraverso una pluralità di punti di vista è alla base del racconto di Le mura di Bergamo 

Stefano Savona, cinematographe.it

La molteplicità degli hardware ha permesso di dare forma e sostanza a una narrazione filtrata da diversi punti di vista, individuando poi un luogo cittadino dove questi sguardi convergono e le persone colpite da lutti possano ritrovarsi. Quel luogo dove alcuni sopravvissuti trovano rifugio emotivo e umano si tramuta in una sorta di agorà sotto l’occhio delle camere, che prima di allora avevano operato in piena autonomia osservando e pedinando i protagonisti tra ambulanze, terapie intensive, reparti Covid, agenzie funebri, cimiteri, strade e abitazioni private. Ne viene fuori un affresco corale tanto dal lato di chi ha filmato che da quello di che è stato filmato. Un affresco che ti porta a scontrarti con un vasto ventaglio di emozioni cangianti che lasciano nella retina e nel cuore dello spettatore di turno delle cicatrici profonde.

Le mura di Bergamo: valutazione e conclusione

Le mura di Bergamo cinematographe.it

Le mura di Bergamo nasce come un instant-movie per poi sedimentare e arrivare sullo schermo con un carico devastante di emozioni cangianti che riportano il pubblico ai giorni della pandemia. Lo fa con un approccio rispettoso che non spettacolarizza mai la sofferenza altrui. Attraverso una molteplicità di sguardi e punti di vista riesce a raccontare per immagini, suoni e parole sempre con la giusta distanza gli eventi e le persone che ne sono state loro malgrado protagoniste. Un documentario intenso e toccante che lascia nella retina e nel cuore dello spettatore di turno delle cicatrici profonde.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Sonoro - 4
Emozione - 4.5

4

Tags: Berlinale