La vita invisibile di Euridice Gusmao: recensione del film di Karim Aïnouz

Recensione di La vita invisibile di Euridice Gusmao una delicata riflessione sul ruolo della donna nell'America Latina degli anni cinquanta, visto dagli occhi di due donne - sorelle - allontanate dalla vita, ma profondamente vicine.

Premiato al 72° Festival di Cannes nella categoria Un Certain Regard come Miglior film, La vita invisibile di Euridice Gusmao (2019), tratto dall’omonimo romanzo di Marta Batalha e diretto da Karim Aïnouz, è stata certamente una delle sorprese del festival francese. La pellicola del regista brasiliano si distingue per una sorprendente e quasi disarmante umanità – e una delicatezza di toni – nel trattare una tematica così difficile – e dolorosamente attuale – come il ruolo della donna in una società prettamente patriarcale. Una tematica che in La vita invisibile di Euridice Gusmao si va a inserire nel tessuto sociale dell’America Latina degli anni Cinquanta, ma che oggi più che mai può essere traslata, attualizzandola ai giorni nostri.

Tra i paesaggi incontaminati dell’enigmatica sequenza d’apertura e per tutto il dipanarsi della pellicola, La vita invisibile di Euridice Gusmao ci mostra la vita di due donne – sorelle – Euridice (interpretata da Carol Duarte) e Guida (interpretata da Julia Stockler) e di come il destino le abbia allontanate nella forma, ma non nello spirito; due spiriti affini che affronteranno nel corso di un viaggio chiamato vita, gli stessi dolori – seppur in forma differente.

La vita invisibile di Euridice Gusmao, un doppio arco narrativo valorizzato da una regia di dettagli

La vita invisibile di Euridice Gusmao cinematographe.it

In La vita invisibile di Euridice Gusmao ci ritroviamo dinanzi a una sceneggiatura che sin dall’enigmatica sequenza iniziale in cui campeggiano dei tribali titoli di testa dal rosso acceso, ci fa intuire che la vita di Euridice e Guida sarà caratterizzata dalla continua ricerca della presenza della propria sorella. Un percorso infatti, che grazie al punto di svolta che conclude il primo atto, rompe gli equilibri e delinea una struttura narrativa a doppia ramificazione, dove le linee narrative di Euridice e Guida si dipaneranno come binari paralleli dai percorsi identici nel dolore e nella forma, ma senza mai toccarsi, solo sfiorandosi, nella continua e incessante assenza dell’una nella vita dell’altra.

Nel farlo, nel farci immergere lentamente nella vita delle due sorelle, la regia di Aïnouz si fa prevalentemente di inquadrature a piano medio nei momenti intimi, senza dar mai profondità all’ambiente e concentrandosi principalmente nel delineare ora i volti, ora i corpi in scena. In un susseguirsi di piani medi, legati tra loro, da piccoli inserti di dettagli, di sospiri e di nevrosi dei personaggi in scena, dando così profondità allo stato psicologico dei personaggi.

La vita invisibile di Euridice Gusmao cinematographe.it

Una scelta registica in forte contrasto, invece, con l’ambiente narrativo de La vita invisibile di Euridice Gusmao le cui scelte cromatiche prevalentemente “a pastello” – dalle tende azzurre ai colori viola – tendono quasi a sottolineare una certa vivacità d’animo in ambienti spenti, castranti, privi di vita. La fotografia – che cammina di pari passo con la sopracitata regia di Aïnouz , attenta e delicata, ha una certa grana in superficie, dal sapore – anche per via delle tematiche trattate come il male di vivere e la spensieratezza dei giovani (e illusori) amori –  di un cinema dei tempi che furono, valorizzato dall’uso di flebili e delicate fonti di luce naturali nelle scene diurne, e da elementi diegetici, in quelle in notturna.

La vita invisibile di Euridice Gusmao: il ruolo della donna nella società declinato in due personaggi dicotomici

I caratteri di Euridice e Guida in La vita invisibile di Euridice Gusmao rappresentano un po’ un conflitto dicotomico tra due entità che, in un modo o nell’altro non sono che le due facce della stessa medaglia, quella della donna inserita in una società patriarcale, maschilista e fortemente limitatrice dei propri sogni e aspirazioni. Euridice è infatti l’archetipo di una donna attenta, ligia al dovere, timorata della figura patriarcale, e (quasi) invisibile nel vestire e nel incedere nella vita; Guida invece è ribelle, appariscente passionale e in contrasto continuo con l’autorità – archetipo di chi viene ingannato per Amore ma che continua a gettare il cuore oltre l’ostacolo, alla ricerca del proprio posto nel mondo.

I binari narrativi delle sorelle de incedono così in modo parallelo ma nella stessa forma, tra sogni infranti e speranze mai chete, in vite ora di solitudine, ora di “solitudine in compagnia”, ora in un matrimonio senza Amore, ora in una vita dissoluta; e nell’opposizione tra un aborto procurato e un bambino indesiderato e abbandonato. Gesti inconsulti, reazioni rabbiose, nel tentativo di aggrapparsi ancora e ancora una volta a una flebile speranza di vita normale e indipendente – lontana da chi dice no, provando a realizzare ancora una volta i propri sogni, che siano essi il diventare una pianista di successo, o semplicemente avere un equilibrio familiare. Vite il cui denominatore comune sono gli status sociali, le etichette che la società (di uomini) impone o tenta di imporre, nei confronti di una donna, sia essa “madre”, moglie” o altro – in contrasto con ciò che tali status determinano o si aspettano che determinino.

La vita invisibile di Euridice Gusmao cinematographe.it

In tal senso, gli uomini de La vita invisibile di Euridice Gusmao – Antenor (interpretato da Gregório Duvivier), il marito di Euridice, a Manoel (interpretato da Antonio Fonseca) il padre di Euridice e Guida  sono meschini, ridicoli e limitanti nel vedere la propria vita con il paraocchi. Portando così, nel terzo atto, a subire violentemente la rottura degli equilibri ingiusti di una vita, quella di Euridice, falsata e resa invisibile dalle volontà maschili di padre prima e marito poi.

La vita invisibile di Euridice Gusmao: una riflessione sul valore della famiglia e sui legami sociali

Ne consegue, in La vita invisibile di Euridice Gusmao una riflessione che per certi aspetti rievoca quella che si desume dalla visione di Shoplifters di Hirokazu Koree’da, ovvero di come i legami che scegliamo di creare siano necessariamente più forti di quelli di sangue, perché non desunti o dati dalla natura, ma perché deliberatamente creati – arrivando perfino, nel caso di Guida, di rinascere sotto una nuova identità, allontanandosi definitivamente dal proprio passato e dalla famiglia tanto cercata negli anni. Fino alle battute finali dove, in una sequenza rievocatrice de I ponti di Madison County (1995) di Clint Eastwood, si ha l’ulteriore conferma di come il legame tra Euridice e Guida, possa superare anche i confini del tempo.

Al di là del riconoscimento all’ultima croisette, La vita invisibile di Euridice Gusmao ci ricorda una preziosa lezione sul valore della famiglia e dei legami che contano davvero, in una piccola gemma di pellicola, autentica rivelazione di questo scorcio di 2019.

Il film, diretto da Karim Aïnouz, verrà rilasciato nelle sale cinematografiche il 12 Settembre 2019. È prodotto da Canal Brasil, Pola Pandora Filmproduktions e RT Features e in Italia è distribuito da Officine UBU.

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 5

4.5