La profezia del male: recensione del film di Spenser Cohen e Anna Halberg

Spenser Cohen e Anna Halberg guardano ingenuamente a Wes Craven e a tutta quell’ondata di cinematografia horror e pop a cavallo tra anni 90’ e primi 2000, passando per Final Destination e Urban Legend, così come per le influenze macabre e sinistre proprie del J-Horror, mancando tuttavia di ingegno, violenza ed intrattenimento. Dal 9 maggio in sala, distribuzione a cura di Eagle Pictures

Se dovessimo realmente proporre una definizione di “male”, diremmo probabilmente: tutta quella letteratura (ed è già un complimento definirla tale) che nasce su TikTok, dalla quale scaturisce inevitabilmente una più che riconoscibile, oltreché dimenticabile cinematografia, dapprima romantica, poi horror e così a spasso tra i generi. La vera sorpresa però, nonostante le premesse facciano pensare che sì, La profezia del male di Spenser Cohen e Anna Halberg non può che essere nato tra TikTok, WattPad, Novelist, Mindly e via dicendo, per la sua volontà così fastidiosamente ingenua e sciocca di proporre una giovinezza eternamente sospesa tra idiotismi d’ogni sorta e lampi di genio e coolness altrettanto demenziali, eppure spacciati per seriosi, è che TikTok e WattPad in questo caso non hanno alcuna colpa.

La profezia del male: guardare ai maestri non è sufficiente, a volte serve un’idea

La profezia del male di Anna Halberg e Spenser Cohen - Cinematographe.it

Adattamento del romanzo Horrorscope di Nicholas Adams, verrebbe da dire, ancora fortunatamente inedito in Italia, La profezia del male, horror per teenager diretto dal duo formato da Spenser Cohen e Anna Halberg e scritto dal precedentemente nominato Adams, altro non è, se non l’ennesima riproposizione, o altrimenti, instancabile e al tempo stesso impigrata ricerca da parte degli studios statunitensi, di un high concept capace di porsi tra osservazione nostalgica di una cinematografia che è stata e rilettura della stessa tra new media, coolness giovanile e idiotismi della generazione z.

I riferimenti sono evidenti. Cohen e Halberg non nascondono in alcun momento – e questo è realmente l’unico pregio che si può rintracciare in questo fiacco e dimenticabile horror – la necessità di tornare tanto a Scream di Wes Craven, quanto a So cosa hai fatto di Jim Gillespie, Urban Legend di Jamie Blanks e Final Destination di James Wong, passando inevitabilmente per le suggestioni macabre e sinistre proprie del J-Horror, osservando il tutto attraverso una nuova stilistica da social media, a metà strada tra creepy pasta e podcast horror.

Ancora una volta un gruppo d’amici, ancora una volta una casa immersa tra i boschi, un’antica profezia e così un male che inavvertitamente – oppure no? – viene risvegliato, divenendo in seguito pressoché impossibile da arrestare, se non attraverso una più che prevedibile lettura delle carte. Cohen e Halberg passando per antiche leggende, sciocchi tentativi di sopravvivenza ed una scream queen nient’affatto evocativa – inspiegabile come Olwen Fouéré si sia potuta prestare a questo scempio – cercano in tutti i modi di intrattenere il loro pubblico, senza tuttavia rendersi conto che la noia nasce esattamente da questo, dall’instancabile e forzato tentativo d’attirare e spingere a partecipare.

Non vi è violenza degna di divertimento, non vi è alcun notevole spargimento di sangue, eppure lo sappiamo bene, se c’è una componente che il cinema horror, d’oggi e d’altri tempi, specialmente in termini di splatter e di slasher, non può e non deve evitare, è proprio quella sanguinosa ed efferata, tutto ciò che qui non ci è dato osservare. Infatti, pur muovendosi sulla traccia – va detto, in maniera del tutto pigra, emulatrice e ingenua – del fortunato franchise horror Final Destination, che senz’altro garantiva morti spettacolari, efferate e di inevitabile intrattenimento, La profezia del male, più che inspiegabilmente sceglie di non correre nemmeno questo rischio, tralasciando le sequenze di morte quasi del tutto, presenti questo è certo, seppur relegate al fuori campo.

Qualcuno dovrebbe dunque farsi avanti e gridare a questi giovani autori che no, non è sufficiente guardare ai maestri per riproporli ingenuamente, a volte, si fa per dire, è necessaria un’idea.

La profezia del male: valutazione e conclusione

Se è vero che l’horror d’autore sta rinascendo sempre più, tanto guardando al panorama cinematografico statunitense, quanto a quello europeo, è altrettanto vero che esiste tutt’oggi un’enorme fetta di cinema d’autore in assenza d’autore, così è per La profezia del male. Un horror che procede per già visti, per sorprese mancate e oltretutto largamente anticipate, così per immancabili scivoloni e tentativi più che fiacchi di costruire un’epica nient’affatto interessante, bensì noiosa e ancora una volta dimenticabile.

Non vi è divertimento alcuno in questo horror che sembra dialogare con un pubblico dalle parti del 6+, se non nella derisione più che corretta di tutto ciò che il duo formato da Spenser Cohen e Anna Halberg non smette di proporci, mettendocela tutta – oppure all’opposto, non facendo alcunché – per attirare lo spettatore nella sua rete di sciocca e infantile proposta paurosa generata da incessanti e fastidiosi jumpscares e musiche enfatiche in momenti invece del tutto inopportuni e di poco significato.

La profezia del male è in sala da giovedì 9 maggio, distribuzione a cura di Eagle Pictures.

Regia - 1
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 1
Recitazione - 1
Sonoro - 1
Emozione - 1

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