La caccia: recensione del film di Marco Bocci

Al suo secondo lungometraggio da regista, Marco Bocci si confronta con un dramma nero e disperato, che sfiora l’horror proseguendo oltre.

Prima di La caccia e dopo appena un anno dal notevole cortometraggio Incline al benessere: forse perde la salute cercandola, nel 2019 approda nelle sale cinematografiche italiane un piccolo film che è già capace di raccontare e mostrare una visione personalissima di un autore destinato a far parlare di sé. Quel film si intitola A Tor Bella Monaca non piove mai e pur essendo un esordio ha tutte le carte in regola per ambire – e poi raggiungere – un consenso critico di tutto rispetto muovendosi tra un moderno neorealismo ed una commedia grottesca di vaga ispirazione Coeniana capace di offrire al suo pubblico una delle ultime grandi interpretazioni dell’ormai compianto Libero De Rienzo.

A quattro anni di distanza da quell’esordio un po’ Coeniano e un po’ Pasoliniano, Marco Bocci torna alla ribalta dirigendo La caccia, un dramma nero e disperato che sfiorando l’elevated horror si confronta con estetiche e modelli narrativi decisamente estranei all’attuale panorama cinematografico italiano e molto più direttamente ascrivibili ad un modello di cinema nordamericano che guarda tanto al tema della provincia, quanto a quello degli ultimi.

Legati dal sangue

Luca (Filippo Nigro) è un giovane imprenditore che vorrebbe espandersi nel settore delle vendite d’auto. Ha successo nel suo lavoro, però non è abbastanza, Luca infatti è indebitato con un pericoloso criminale della zona che ha tutta l’aria d’essere un dandy fuori tempo massimo con il pallino della malavita. Là dove il successo non basta, comincia l’incubo e i soldi diventano l’unica motivazione di Luca per continuare a vivere, o meglio, sopravvivere.

Silvia (Laura Chiatti) vive confinata in un piccolo appartamento in compagnia di una giovane straniera pagata per dare alla luce il figlio che in seguito Silvia crescerà. Le due donne condividono però un passato di violenze e dipendenze destinato a rendere sempre più turbolenta e drammatica la loro operazione privata.
Mattia (Pietro Sermonti) isolato in un salone/abitazione nel quale lavora come pittore e vive come reietto, si nasconde in un enorme giaccone invernale da senzatetto, con tanto di cappello calato sulla testa, barba folta e volto segnato da stanchezza e dolore. Mattia è un creativo, ma non è libero, sopravvive infatti ai ricordi e ad un passato traumatico con l’aiuto di una giovane compagna con la passione per la musica e di un desiderio che sempre più spesso torna a fargli compagnia, quello della morte, così vicina, eppure così lontana da raggiungere per mano propria.

Giorgio (Paolo Pierobon) è il dipendente di una grande catena immobiliare, o così pare. Ha un lavoro stabile e questo dovrebbe essergli sufficiente. Le preoccupazioni però sono di natura familiare. Moglie e figlia infatti non fanno altro che chiedergli soldi e condizioni d’agiatezza che Giorgio in nessun modo è in grado di procurar loro. Una truffa però può cambiare la sua vita.

La caccia - Cinematographe

Luca, Silvia, Mattia e Giorgio, quattro individui le cui vite sembrerebbero scorrere su binari distantissimi tra loro, sono in realtà fratelli, legati non soltanto dal sangue, ma anche e soprattutto da un trauma del passato che si è rivelato capace di distruggere ciascuna delle loro vite rendendo il rapporto fraterno qualcosa da cui fuggire, senza avvicinarsi mai.

Dopo anni di distanza però, nel giorno della morte del padre, i quattro costretti a riunirsi per questioni di testamento ed eredità nella villa di campagna nella quale sono cresciuti e tra le cui mura hanno osservato e vissuto il trauma che si è poi rivelato capace di condurli alla fuga, non possono far altro tornare a quella stessa violenza familiare che li ha mutati in essere disperati, privi di moralità, e speranza, ricorrendo ancora una volta alle volontà paterne, dunque alla caccia.

Marco Bocci realizza un film corale che con sorprendente sapienza di scrittura permette la coesistenza di quattro narrazioni apparentemente slegate tra loro che nel convergere improvviso e inaspettato dei differenti destini in un finale unico, si rivela capace di aprire sempre più strade ad un film che se inizialmente si potrebbe incasellare nel dramma, nasconde in realtà nella sua oscurità tematica di disperazione grottesca e sadismo, una fortissima direzione horror che prende piede sempre più, risolvendo catarticamente ogni nodo e svelando perciò la natura vera e propria di un film anomalo, coraggioso e atipico sul male che nasce nella famiglia e che solo il cinema horror è in grado di analizzare e raccontare fino in fondo, senza fare sconti a nessuno.

L’intera prima parte del film riflette sui legami di sangue e le conseguenze di uno stesso trauma, mostrandoci quattro interpreti in stato di grazia dar corpo e anima – laddove presente, dappertutto e da nessuna parte – ad individui spietati, odiosi, crudeli e respingenti la cui osservazione non è mai pacificatoria, piuttosto distruttiva o autodistruttiva, eppure niente è mai estremizzato o condotto all’esagerazione, piuttosto giustamente scarno, radicale e drammaticamente reale, e così anche la battuta di caccia più e più volte evocate nel corso del film.

Nel nome del padre

Nel corso degli ultimi due anni di cinema, sempre più autori cinematografici si sono confrontati con la propria autobiografia, perciò tanto sulla loro vita, quanto sull’arte concentrandosi ancor più sul rapporto con una determinata figura genitoriale, madre, padre, fratello o che altro spingendo gli spettatori a domandarsi che cosa possa essere mai accaduto all’interno di quella famiglia e sensibilità emotiva, senza giungere mai ad una risposta concreta.

Marco Bocci con La Caccia si unisce a questa folta schiera. Il film, riflettendo infatti sul trauma dell’infanzia di quattro individui, analizza le conseguenze di esso in relazione ad un legame assolutamente controverso, turbolento, inspiegabile e psicologicamente violento tra un padre con il pallino – o peggio – della caccia ed i suoi quattro figli costretti, fin dalla tenera età, a prendere parte a quel rituale di morte, un po’ gioco scanzonato e un po’ tecnica di sopravvivenza da rispettare e amare maniacalmente, senza mai abbassare la guardia.

In nome di un padre – e della sua fine – che è stato inevitabilmente causa di un male e di un trauma sopravvissuto fino alla generazione dei figli, una battuta di caccia conclusiva, che poi dà il titolo al film, non può che risultare la scelta più coerente, intelligente e cattiva nel suo significato più spregevole e ambizioso.

La caccia è infatti una resa dei conti che ruota attorno alla morte e non alla vita e che meglio di qualsiasi altra scelta o espediente narrativo consegna il film di Bocci ad una dimensione così definitivamente sadica e cinica da farsi beffe della borghesia imbellettata e buonista di molto cinema italiano pur non divenendo mai satira, perciò conquistando e sorprendendo incondizionatamente proprio per questo suo gusto sprezzante e nerissimo che non siamo affatto abituati a ritrovare nel cinema nostrano e che fortunatamente le produzioni Versace e Curti di Minerva Pictures, stanno sempre più mettendo in luce.

La caccia: valutazione e conclusione

Non c’è speranza nel secondo lungometraggio di Marco Bocci. Ogni destino è mortifero, crudele, sadico e immorale. Raramente ritroviamo film così decisi e stilisticamente interessanti e personali come La Caccia, la cui cattiveria tematica e stilistica senza precedenti, forte di una scrittura altrettanto mesta e intensa ci permette di tornare al cinema d’esordio di autori come Peckinpah, Haneke e Coen.

L’interpretazione feroce e memorabile di Paolo Pierobon poi vale il prezzo del biglietto e quel taglio finale di Marco Bocci ci ricorda ancora una volta che un altro cinema italiano è possibile e che il suo è sempre più da tenere d’occhio e osservare attentamente.  Un autore incredibilmente interessante… che cattiveria, che film La caccia.

Presentato in anteprima al 40° Torino Film Festival e all’edizione del 2023 del Riviera International Film Festival, La caccia di Marco Bocci è finalmente al cinema a partire da giovedì 11 maggio 2023 distribuito da Minerva Pictures con Rai Cinema.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 3.5

3.3