Deadwood – Il film: recensione del sequel della serie cult HBO

A 13 anni dalla cancellazione della serie western da parte di HBO, tornano lo Sceriffo Seth Bullock e il machiavellico Al Swearengen di Timothy Olyphant e Ian McShane e gli intrighi della cittadina mineraria di Deadwood, per quella che è la degna conclusione della saga.

Nel lontano 2005 esordì ad un anno di distanza dalla programmazione americana la serie tv d’ambientazione western Deadwood (2004-2006) che partita un po’ per gioco e per curiosità si rivelò essere uno dei fiori all’occhiello della programmazione di HBO nella prima decade degli anni Duemila assieme a I Soprano (1999 – 2007), Six Feet Under (2001 – 2005), The Wire (2002 – 2008) e Mad Men (2007 – 2015).

Deadwood rappresentò così una boccata d’aria fresca nel panorama televisivo americano (e mondiale), in un’era pre-Netflix dove era HBO il colosso da battere, e il network in grado di produrre le serie migliori con le narrazioni più suggestive. Nata da da un’idea dello sceneggiatore e produttore cinematografico David Milch, autore anche dello script del film del 2019, la serie vincitrice di otto Emmy Award e di un Golden Globe venne cancellata nel 2007 dopo tre stagioni d’alto livello per via di conflitti tra lo stesso Milch e HBO. Sembrerebbe infatti che i costi di produzione di Deadwood fossero altissimi, oltre a un curioso processo creativo che prevedeva ampie riscritture dell’ultimo secondo.

Deadwood, la mancata quarta stagione e la cancellazione

La cancellazione dello show fu uno shock per il cast, tanto che durante la terza stagione di Deadwood, i volti di Bullock e Swearengen – Timothy Olyphant e Ian McShane – rinegoziarono l’accordo contrattuale al fine di ottenere una paga maggiore, sintomo di come lo show godesse non solo di popolarità ma anche di un nutrito seguito televisivo, grazie anche alla presenza di personaggi realmente vissuti nel XIX secolo, come Wild Bill Hickok (Keith Carradine) e Calamity Jane (Robin Weigert).

A quanto raccontano le cronache, l’HBO propose al vulcanico Milch di proseguire con una quarta (e potenzialmente ultima) stagione di Deadwood, ma la condizione necessaria era che fosse più corta delle 12 puntate a stagione. Milch rifiutò in pieno la condizione promettendo tuttavia di ripensarci nel corso di un weekend – non ne riparlarono più per i successivi tredici anni, sino ad arrivare ad oggi e a Deadwood – Il film (2019).

In ogni caso, Deadwood ebbe dalla sua l’arrivare in un periodo dove l’industria televisiva era ancora troppo acerba nell’apprezzare e comprendere appieno le potenzialità di un prodotto audiovisivo per certi versi sperimentale come Deadwood. La stessa HBO infatti, dieci anni dopo e memore della lezione imparata dalle avventure di Swearenger, ha piazzato il colpo con Westworld (2016-2020), certamente ancora più innovativa e affascinante della precedente Deadwood per via del suo unire il western alla fantascienza mediante un forte sottotesto filosofico-esistenziale sulla dicotomia uomo-macchina.

Deadwood, dove eravamo rimasti?

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Deadwood racconta dell’omonima cittadina mineraria in continuo sviluppo, senza nemmeno un governo e nemmeno riconosciuta dallo Stato del Sud Dakota. È il 1876 e a Deadwood vige soltanto la legge del più forte, o per meglio dire, la legge di Al Swearengen – pioniere e loschissimo padrone dell’unico saloon della cittadina.

Un sottile equilibrio mandato in fumo con l’entrata in scena di Seth Bullock e il socio Sol Star, intenti a costruire una ferramenta; e del cercatore d’oro e pioniere Wild Bill Hickok assieme a Calamity Jane e Charlie Utter (Dayton Callie). La morte dello stesso Hickok durante una partita di Poker, l’arrivo in città di Alma Garrett (Molly Parker) volta a rifarsi e una vita, e dell’imprenditore Cy Tolliver (Powers Boothe) con la socia Joanie Stubbs (Kim Dickens) intenti a costruire un casinò, renderanno i piani del machiavellico Swearengen ancora più complicati.

Tutto precipita con l’insediamento in città di George Hearst (Gerald McRaney), che nella terza stagione si schiera contro tutti i residenti di Deadwood al fine di raggirare la Garrett per ottenere i suoi fondi terrieri; compreso il boss del crimine Al Swearengen e Seth Bullock (Sceriffo dalla seconda stagione dove venne fondato il primo Governo di Deadwood), che appianano i loro rancori per allearsi contro di lui.

Nelle ultimissime puntate della terza stagione, Hearst ordina l’omicidio di Ellsworth (Jim Beaver); per fargliela pagare, l’ex prostituta Trixie (Paula Malcomson) spara a Hearst stesso, ferendolo a una spalla. Come reazione a tutto questo, Hearst, convinto che chi ha tentato di assassinarlo sia stato punito, lascia la città, ma non prima di avere truccato le elezioni locali per garantirsi il potere totale su Deadwood.

Tredici anni dopo – ma dieci a livello narrativo – si riparte da qui.

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Deadwood – Il film, una regia “televisiva” per un ritorno tanto atteso

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Siamo nel 1889 e Deadwood viene finalmente riconosciuta come una cittadina a tutti gli effetti, entrando a far parte dello Stato del Sud Dakota e quindi degli Stati Uniti d’America. Con Deadwood – Il film infatti, Milch ha l’opportunità di chiudere finalmente gli archi narrativi dei propri protagonisti dopo un’attesa lunga più di un decennio.

Non è un caso infatti che il conflitto alla base di Deadwood – Il film sia ancora una volta il confronto tra George Hearst – ora Governatore della California – e la comunità di Deadwood capitanata da un Al Swearengen non in perfetta forma, e dallo Sceriffo Seth Bullock più grintoso che mai. Denotando così una coerenza di narrazione rispetto agli eventi lasciati in sospeso della dodicesima puntata della terza stagione del 2005, che pur con un balzo temporale di dieci anni (narrativi), risultano ben legati e congeniali.

A Deadwood – Il film basta davvero poco per riportare lo spettatore nelle strade dell’omonima cittadina mineraria, appena tre inquadrature di Swearengen e uno scambio di battute sferzanti – ricordando al grande pubblico cos’è che rendeva grande la serie HBO e perché la cancellazione prematura è stata una delle peggiori ingiustizie nel panorama audiovisivo telefilmico.

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La regia non propriamente ispirata e perlopiù “televisiva” e di mestiere, sa valorizzare gli ambienti narrativo nostalgici di Deadwood, ora attraverso inquadrature dal basso verso l’alto per dare profondità agli spazi chiusi, ora attraverso panoramiche con cui esplorare il (non più così) selvaggio West.

Il tutto accompagnato da una fotografia tutta a luce naturale per le scene diurne e diegetiche e artificiali in quelle notturne – dando alla scena un’atmosfera dei bei tempi andati. Prediligendo così una regia di piani e campi lunghi, e piani medi, tralasciando il dettaglio e il particolare, che conferisce alla narrazione un ritmo lento dal tempo dilatato, quasi da episodio speciale di un serial televisivo.

Deadwood – Il film, i limiti invalicabili di un uomo di legge

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In Deadwood – Il film siamo dinanzi a una struttura narrativa (fintamente) corale che si dipana nella creazione di archi volti a intersecarsi al realizzarsi del primo turning point. Il ritorno in scena del super villain George Hearst – e le relative conseguenze del caso – tenderanno a restringere sempre più di più il conflitto alla base della narrazione in un’opposizione dicotomica da western consumato tra eroe e villain.

Il conflitto tra Hearst e Bullock si traduce non soltanto nell’ennesima declinazione del bene contro il male o eroe-villain, piuttosto sulle sfumature legate a quanto un uomo di potere e un uomo di legge possano o meno agire nei limiti della giurisdizione e delle leggi in vigore – e gli eventi dello scoppiettante terzo atto sono in tal senso emblematici.

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La cittadina di Deadwood è si in pieno progresso industriale, ma ha ancora un’anima e un cuore pulsante, quello dei suoi uomini e donne d’onore in scena che mantengono la dimensione narrativa delle stagioni precedenti. Swearengen è ancora uno strafottente dalla parlantina facile seppur fortemente depotenziato dall’avanzare di una condizione fisica non ottimale dopo anni di eccessi. Bullock ancora il paladino della legge e della cosa giusta da fare – più saggio ma anche più ottenebrato.

Così come non è cambiato in niente Utter la cui presenza scenica sarà essenziale per le sorti narrative di Deadwood – Il film. Calamity Jane soffre ancora l’assenza del suo fidato amico e compagno d’avventure Hickok, e Sol e in particolare Trixie, dovranno affrontare le conseguenze di certe azioni con il rientro di Hearst in città.

Deadwood – Il film, la fine e il principio, una nuova dimensione mediale

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Nel complesso, volendo tirare le somme, il sequel/film tv di Deadwood dà ai fan della serie HBO esattamente ciò di cui aveva bisogno, una chiusura intelligente e coerente degli archi narrativi a distanza di tredici anni dalla cancellazione del serial con un paio di sequenze particolarmente suggestive.

L’impressione comunque è che per quanto riuscito, Deadwood – Il film sia arrivato un po’ troppo fuori tempo massimo – di certo non come nel caso di Serenity (2005) con Firefly (2002-2003). Abbastanza insomma, da indurre lo spettatore a rinfrescare gli eventi accaduti “negli episodi precedenti” pur di comprendere appieno i conflitti scenici – seppur comunque didascalici e ben esplicati.

Deadwood – Il film infatti, cerca di ragionare non soltanto come sequel delle tre stagioni della prima decade del Duemila, ma anche come stand-alone, e in tal senso funziona e convince. Deadwood – Il film si inserisce perfettamente nel filone dei western revisionisti, puntando su una caratterizzazione dei personaggi – in particolare del villain – degna del miglior Spaghetti-Western di Leone.

Ed è proprio tale dimensione filmica che sembra essere il terreno più idoneo alla narrazione di Deadwood invece che quella telefilmica, per una fine convincente che parrebbe corrispondere a un nuovo inizio.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2
Emozione - 3

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