As Bestas – La terra della discordia: recensione del film di Rodrigo Sorogoyen

Rodrigo Sorogoyen con As Bestas firma il miglior esempio possibile di cinema western moderno guardando a Peckinpah, Lumet, Boorman e Eastwood.

Presentato nella sezione Premiere del Festival di Cannes 2022 e poco dopo alla 17° edizione della Festa del Cinema di Roma nella sezione Best Of 2022, As Bestas, sesto lungometraggio del regista spagnolo Rodrigo Sorogoyen, si aggiudica 9 premi Goya risultando uno dei casi cinematografici più interessanti e memorabili dell’anno passato, non a caso designato come film della critica dal Sindacato Nazionale Critici Cinematografici Italiani.

Rodrigo Sorogoyen – Documentarismo, cinema politico e impegno sociale

As Bestas - Cinematographe.it

Sorogoyen, come tutti i grandi autori di cinema e letteratura, non è mai alla finzione più pura e sconfinata che sceglie di rivolgere il suo sguardo, così come la sua lente da regista e narratore, bensì alla realtà, o ancor meglio, a tutto ciò che di un fatto di cronaca realmente accaduto è rimasto celato. Non è interessante perciò quello che è stato raccontato e mostrato, piuttosto quello che è stato omesso, e che è rimasto nell’ombra. Ecco dunque che il riferimento qui diviene esplicito e Sorogoyen torna a far luce sul mistero della scomparsa di Martin Verfondern, precedentemente narrata e analizzata all’interno del notevole documentario Santoalla, scritto e diretto da Andrew Becker e Daniel Mehrer.

Laddove il documentario preferiva l’imparzialità, pur suggerendo una macabra – e piuttosto argomentata – via allo spettatore, Sorogoyen forte di un cinema ancora una volta politico e dalla vena spiccatamente sociale e di denuncia – seppur filtrata dai linguaggi di genere – dopo Che dio ci perdoni, Il regno e Antidisturbios, sceglie di prendere una posizione netta e chiara perseguendola fino alla fine, realizzando un’opera cinematografica che è a tutti gli effetti profondamente contaminata e ibrida, perciò a metà strada tra documentarismo – o cinema verità -, dramma e western moderno.

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Ancora una volta, pur trattandosi di un film di finzione, As Bestas, frutto di un’istanza sociale autoriale evidentissima e onnipresente, riesce nell’impresa molto spesso ardua e irrintracciabile altrove di genere caos, tensione e pathos rispetto ad accadimenti assolutamente realistici, quotidiani, talvolta perfino minimalisti, scansando dunque la spettacolarità e l’azione estremizzata inevitabilmente parte dei linguaggi del cinema di genere recente, a favore di un dinamismo psicologico e tensivo fortissimo che ruota attorno ai volti, alle atmosfere, ai luoghi e a dei piccoli ma graduali mutamenti capaci di dar vita a conseguenze dagli esiti drammatici, se non addirittura orrorifici.

As Bestas è un film che più di ogni altro racconta molto del suo autore rivelandone immediatamente poetica, estetica e istanze narrative. Quello di Sorogoyen è un cinema che ragiona sui volti e sul contrasto tra i corpi e gli spazi, molto spessi ampi e sconfinati nei quali questi ultimi si muovono, permettendo inoltre allo spettatore fin dalla primissima inquadratura, di calarsi in un immaginario dal realismo inquietante, all’interno del quale serpeggiano incessantemente sussurri e grida di pericolo, violenza e morte. Ecco spiegate le fucilate in lontananza udite da Antoine…

Stranieri nella terra di nessuno… o del più forte – As Bestas guarda ai maestri, pur non avendone bisogno

Così come il Philippe Héraud di Il vento fa il suo giro, anche Antoine e Olga di As Bestas sono due agricoltori che vengono da lontano e che nella speranza illusoria e ingenua di ricominciare una nuova vita altrove, si stabiliscono in una tanto splendida quanto desolata vallata della Galizia, interfacciandosi ben presto con la chiusura mentale e le imposizioni violente e angoscianti di uno o più individui del posto, disposti a tutto pur di costringere alla fuga quegli stranieri presuntuosi e arroganti che non soltanto non conoscono il lavoro duro come loro, ma che rifiutano perfino di sostenere economicamente la vallata non accettando l’installazione di un complesso di pale eoliche norvegesi dal dubbio profitto e soprattutto dal dannoso impatto sul territorio.

A differenza del Philippe Héraud di Giorgio Diritti, Antoine e Olga si rivelano essere persone colte, preparate, appassionate e rispettose tanto della vita altrui, quanto della loro stessa scelta compiuta con il trasferimento in quella vallata, e come tali si rivelano essere persone anche piuttosto passive, nonché vere e proprie vittime di un luogo che è in tutto e per tutto terra di nessuno, nel quale la legge non esiste, almeno, non per come la conosciamo noi, fatta eccezione per quella del più forte, rappresentato in questo caso da Xan (Luis Zahera) e Lorenzo Anta (Diego Anido), due fratelli allevatori temuti e rispettati da tutti gli abitanti del posto, che alla stregua di Antoine (Denis Ménochet) e Olga (Marina Foïs) restano in silenzio, subendo la violenza e l’aggressività degli Anta senza mai ribellarvisi, finché tutto cambia e gli equilibri della vallata mutano tragicamente.

Rodrigo Sorogoyen, dopo i notevoli Che dio ci perdoni e Il regno, dimostra ancora una volta di essere un autore profondamente legato e interessato ad una cinematografia del passato, mossa da istanze narrative tanto politiche, quanto sociali, difficilmente rintracciabili nel panorama attuale e che rimandano inevitabilmente al cinema di autori estremamente differenti tra loro quali Sam Peckinpah, Sidney Lumet, John Boorman e Clint Eastwood.

È proprio in As Bestas che il cinema di questi quattro autori rivive ancora una volta, trovando respiro e spazio, pur svanendo lungo il percorso, a favore di uno sguardo e di una poetica personalissima del cineasta spagnolo che consapevole di una finzione soltanto parziale generata da uno studio attento, se non addirittura maniacale dei fatti narrati e modellati per esigenze filmiche, si fa via via documentaristica, per poi tornare al dramma e ancora una volta al western moderno, mutando continuamente, senza porre mai distanze tra la macchina da presa e i volti dei suoi personaggi e interpreti.

Il dolore è donna – La sopravvivenza all’abbandono e la dedica

Laddove As Bestas sembra rispondere positivamente alle attese dei suoi spettatori, convinti ingenuamente di ritrovarsi dinanzi ad un qualsiasi lungometraggio a metà strada tra dramma e thriller dagli esiti annunciati, se non del tutto scontati, è proprio raggiungendo la prima metà del film che Rodrigo Sorogoyen, un po’ alla Alfred Hitchcock di Psyco, decide di cambiare improvvisamente le carte in tavola, sorprendendo e costringendo la narrazione di As Bestas ad una nuova ripartenza, differente, eppure simile a quella precedente, operando un cambio di tono destabilizzante e necessario per la riuscita del film, così come dei suoi punti di vista e delle sue dinamiche emotive, prima tra tutte, quella del passaggio dal maschile al femminile.

Se in un primo momento è ad Antoine che attribuiamo sicurezza, controllo e soluzione del conflitto, ben presto Sorogoyen ci dimostra che sbagliamo, concentrandosi sulla forza inavvertita, imprevedibile e dolorosa di Olga che non soltanto diviene personaggio per eccellenza Eastwoodiano, perciò capace di portare su di sé una carica simbolica chiave dell’intero accadimento, risultando temibile e fragile al tempo stesso, ma anche metafora di una condizione molto spesso assente nel cinema dell’oggi, quella del dolore, elaborato e sostenuto incessantemente e strenuamente dalle figure maschili, che qui svaniscono e tutto ricade sulla donna che nonostante tutto e tutti sopravvive al dolore, senza smettere mai di combattere per la verità e la conquista della propria libertà.

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Non è dunque casuale che Rodrigo Sorogoyen scelga di chiudere il film sull’inquadratura di un volto femminile in primissimo piano segnato dal dolore, ma anche dalla pacificazione, così come non è casuale la scelta di dedicare As Bestas alla donna che ha contribuito a rendere pubblica questa storia, in nome di un’istanza sociale che è di ringraziamento doveroso e di conforto al tempo stesso, Olga.

Tutto questo poiché la sopravvivenza è donna e l’uomo può – o deve – soltanto soccomberle.

As Bestas: conclusione e valutazione

As Bestas di Rodrigo Sorogoyen è il miglior esempio possibile di cinema adulto capace di mutare di genere in genere senza tuttavia perdere mai la propria anima, nascendo come dramma, per poi divenire western moderno disperatissimo e violento, fino alla sua resa documentaristica che aderisce ai volti e ai corpi senza distanziarsene mai, permettendoci di ammirare tre magistrali interpretazioni cui il sesto lungometraggio di Rodrigo Sorogoyen deve la sua sorprendente e meravigliosa riuscita, quelle di Denis Ménochet, Marina Foïs e Luis Zahera. Un film monumentale e anomalo che più facilmente avremmo potuto rintracciare in una cinematografia del passato e che inaspettatamente è figlio del presente e di un sempre più meritevole cineasta spagnolo quale è Rodrigo Sorogoyen.

As Bestas è al cinema a partire da giovedì 13 aprile, distribuzione a cura di Movies Inspired.

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 4.5
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4.5
Sonoro - 4.5
Emozione - 4.5

4.5