Venezia79 – Athena: recensione del film di Romain Gavras

Dall’anteprima nel concorso veneziano all’approdo su Netflix il 23 settembre 2022. Questo il percorso dell’ultima fatica dietro la macchina da presa di Romain Gavras, che scaraventa lo spettatore nel cuore degli scontri tra polizia e i manifestanti di un quartiere della banlieue parigina.

La Settima Arte si è più volte affiancata, sovrapposta o sostituita alle pagine della cronaca nera per  raccontare le fasi salienti dell’escalation di tensione e violenza esplose nelle periferie delle varie latitudini, che hanno portato alla morte, al ferimento e all’arresto di migliaia di persone. Film e documentari hanno così alimentato il dibattito, con la mente che torna alle rivolte e agli scontri di Parigi del 2005 o più di recente a quelli di Minneapolis nati a seguito delle proteste per la morte di George Floyd per mano del poliziotto Derek Chauvin, poi condannato a 22 anni e mezzo di carcere per l’omicidio. A questi e ad altri eventi drammatici è inevitabile che si riallacci il pensiero nostro e di tanti nel momento in cui si legge la sinossi e si assiste ai novanta serratissimi minuti che vanno a scandire l’ultima fatica dietro la macchina da presa di Romain Gavras dal titolo Athena, rilasciata su Netflix il 23 settembre 2022 dopo la presentazione in concorso alla 79esima edizione della Mostra Internazionale D’Arte Cinematografica di Venezia.   

In Athena va in scena la cronaca di una battaglia urbana tra polizia e manifestanti in un quartiere della banlieue parigina

Athena cinematographe.it

Nella pellicola del cineasta transalpino ci ritroviamo a poche ore dalla tragica morte di un tredicenne di origini algerine avvenuta in circostanze inspiegabili, che getta l’esistenza degli altri membri della famiglia nel caos quando uno dei tre fratelli restanti si mette a capo della rivolta scoppiata all’interno della banlieue di Athena, trasformata per l’occasione in una sorta di fortezza sotto assedio dove si consuma una battaglia tra manifestanti e forze dell’ordine. A essere coinvolta è l’intera comunità locale, composta da cittadini di etnie e religioni diverse, a cominciare da quella mussulmana, costretti ad assistere impotenti agli scontri e a lasciare le rispettive abitazioni in un quartiere messo a ferro e fuoco e stretto tra le barricate erette a sua difesa.

La macchina da presa di Gavras si lancia in piani sequenza pirotecnici ed esteticamente spettacolari sul versante coreografico

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Non è la prima volta che il cinema e la serialità francesi scaraventano senza paracadute lo spettatore nell’occhio del ciclone per vivere dall’interno i tumulti e le tensioni crescenti di una banlieue. Prima c’è stato L’odio di Mathieu Kassovitz, poi Les Misérables di Ladj Ly e più di recente la serie Netflix Il leader diretta da Nicolás López e Ange Basterga. In tutte queste occasioni si è assistito al crash test tra fazioni opposte e a lotte intestine sfociate in una guerra metropolitana che ha provocato sangue e distruzione. Conseguenze dirette anche degli eventi che vanno in scena in Athena, con i protagonisti che hanno scelto di stare da una parte all’altra della barricata in nome delle proprie ragioni. Non è un caso che il film di Gavras e il quartiere che gli fa da cornice si chiamino entrambi come la dea della strategia in battaglia, quella che i poliziotti in assetto antisommossa da una parte e rivoltosi armati sino ai denti dall’altra sono chiamati a mettere in atto per prevalere sull’avversario.

Athena è un’esperienza filmica coinvolgente e immersiva che non concede al fruitore nemmeno un momento di sosta per rifiatare

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In Athena si lotta a tutto campo, dentro e fuori dalle catene di palazzi anonimi, fatiscenti e alienanti della periferia parigina. La macchina da presa si lancia sin dal primo fotogramma utile in piani sequenza pirotecnici ed esteticamente spettacolari sul versante coreografico, che arrivano persino a sfidare la forza di gravità quando si fanno largo a visibilità ridotta tra fumogeni, detonazioni, lacrimogeni, proiettili e fiamme. Passa da un punto di vista all’altro per mostrare gli eventi attraverso personaggi simbolo delle varie fazioni in campo, che diventano i nostri occhi in un’esperienza filmica coinvolgente e immersiva. Un’immersione in apnea che non concede al fruitore nemmeno un momento di sosta per rifiatare nel corso della discesa verso l’abisso.     

Le dinamiche narrate in Athena fanno riferimento simbolicamente, tematicamente, concettualmente e drammaturgicamente alla tragedia greca

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La battaglia urbana che si consuma nella pellicola non si limita però alle topografie comuni del quartiere sotto assedio, ma si insinua anche tra le mura di casa, ma soprattutto nei cuori, nelle menti e nelle azioni compiute da membri di una famiglia, per la precisione dei tre fratelli della giovanissima vittima la cui morte ha acceso la miccia della rivolta. Ciascuno assume una posizione precisa nel conflitto, con lo scontro dialettico, ideologico e fisico tra di loro che li mette l’uno contro l’altro, tramutandosi nel motore portante del racconto che Gavras ha scritto a sei mani con Ladj Ly ed Elias Belkeddar. Un intreccio che ha più di un’assonanza con quello al centro de Il Legionario, opera prima di Hleb Papou. Le ostilità e le dinamiche che ne scaturiscono, andandosi poi a riversare sullo schermo nel corso della timeline, fanno riferimento simbolicamente, tematicamente, concettualmente e drammaturgicamente alla tragedia greca. Il ché rende il plot un contenitore di argomentazioni, situazioni e sviluppi universali, senza tempo e geolocalizzazione. Ciò che accade in Athena infatti sarebbe potuto avvenire ovunque e in ogni epoca, del passato o del futuro. Dietro ogni guerra si cela  una manipolazione, una bugia originale che ha spinto la storia a ripetersi dalla guerra di Troia sino ai conflitti contemporanei. Il film di Gavras restituisce un presente che non conosce pace, che si porta dietro lezioni di ieri che non hanno insegnato niente all’oggi e tantomeno al domani.

Regia - 4.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 4.5
Emozione - 4

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