Ultras: recensione del film Netflix di Francesco Lettieri

La recensione di Ultras, il nuovo originale Netflix prodotto in collaborazione con Indigo Film e Mediaset, esordio alla regia di Francesco Lettieri e con protagonista Aniello Arena.

Ultras del 2020 è il nuovo originale Netflix di lingua italiana (o partenopea), prodotto dal colosso dello streaming insieme a Indigo Film e Mediaset. La pellicola segna il debutto alla regia di un lungometraggio per Francesco Lettieri, regista napoletano classe 1985 con alle spalle un lungo percorso nella scena dei videoclip musicali (oltre 60 realizzazioni all’attivo), il cui successo gli è valso delle collaborazioni prestigiose con alcuni dei nomi più importanti della scena musicale italiana, come Calcutta, i Thegiornalisti, Noyz Narcos, Carl Brave x Franco126, Motta e Liberato, artista, quest’ultimo, che firma anche la colonna sonora del film.

La fotografia è curata dall’uomo di fiducia di Lettieri, Gianluca Palma, mentre la sceneggiatura è stata scritta da Peppe Fiore (Non uccidere, The Young Pope) insieme al regista stesso. Nel cast troviamo Aniello Arena, l’uomo che Garrone ha voluto a tutti i costi per il suo Reality e tra i cui lavori recenti ci sono titoli come Fiore Gemello, Dogman e La Paranza dei Bambini, accompagnato dalla due volte vincitrice del David di Donatello Antonia Truppo, Ciro Nacca, Simone Borrelli, Salvatore Pelliccia e Daniele Vicorito.

Ultras esce in alcuni cinema selezionati il 9, 10 e 11 marzo, mentre la sua uscita su Netflix è prevista per il 20 marzo 2020.

La trama di Ultras ci porta nel mondo degli Apache

Aniello Arena, cinematographe.it

Gli Apache sono il gruppo di ultras più importante di Napoli, ma fa fatica a rinnovarsi, diviso tra il nuovo corso, composto da giovani rampolli svincolati dai vecchi valori, e i membri originali, attaccati a principi ormai superati e incapaci di esercitare il controllo come un tempo, soprattutto a causa delle conseguenze delle loro azioni in gioventù, tra cui i numerosi Daspi e diffide che li costringono lontani dall’azione.

Il capo e simbolo degli Apache è Sandro (Arena), stancato da anni di violenza, scontri con la polizia e le altre tifoserie e dalle limitazioni che impone la vita allo stadio ma, nonostante questo, costretto tutt’ora ad occuparsi dei problemi legati ad un mondo che sente sempre più distante. Specialmente ora, che l’incontro con Terry (Truppo) ha delineato per lui la fino a poco fa insperata possibilità di avere una vita normale.

Dal canonico lato opposto della barricata c’è Angelo (Nacca), sedici anni, giovanissimo membro del gruppo, orfano di un fratello maggiore vittima di quella stessa vita a cui lui tanto agogna e da cui Sandro cerca, in qualche modo, di proteggerlo, tenendolo lontano dalle pericolose estremizzazioni in cui è facile rimanere coinvolti.
Quest’anno però, a quattro giornate dalla fine, la squadra è in vetta al campionato in un testa a testa serrato per uno scudetto che da tanto tempo manca e, in un clima di tensione in continuo crescendo, tutto può succedere prima che la stagione finisca.

Destini incrociati nel film Netflix Ultras

Ultras, cinematographe.it

L’opera prima di Lettieri non è stata pensata per essere un viaggio all’interno delle logiche del complesso mondo degli ultras, bensì come un racconto più tradizionale, in cui si parla di spaccati di vita, due per la precisione, e un incrocio di destini. Il centro della narrazione sta infatti nell’amicizia tra Sandro e Angelo, diametralmente opposti nelle intenzioni e nei sentimenti verso il gruppo e, soprattutto, nelle stagioni della vita in cui si trovano, ma legati a filo doppio da un rapporto viscerale che li porta a ricalcare i classici ruoli di padre e figlio.

Sandro, interpretato da un ottimo Aniello Arena, la cui storia personale si intreccia in qualche modo con quella del personaggio, disincantato dai valori che lo hanno accompagnato per tutta la vita, è ormai lontano dal senso di appartenenza che ha sempre contraddistinto i membri del suo gruppo. Eppure non riesce, per un senso di responsabilità che ha sempre più il sapore della costrizione, a staccarsi del tutto. Il primo motivo si chiama Angelo, il quale vede invece negli ultras la possibilità di avere una vera famiglia, di appartenere a qualcosa, come lo fu per suo fratello prima della tragica scomparsa. Il gruppo diventa importante dunque solo in funzione loro, come una madre da cui non si riesce a tagliare il cordone ombelicale, per un motivo o per l’altro, e la realtà del tifo organizzato non è mai la vera protagonista della pellicola.

Ultras preferisce osservare quella realtà con occhio esterno, come esterno è l’occhio che guarda lo stadio, e solo timidamente ogni tanto si affaccia: si raccontano i raduni solo come episodi lontani, non c’è mai una visione nitida dell’attività in curva, non vengono mai citate squadre di calcio reali, concedendosi solo un riferimento a “i romanisti” e alla “festa della Dea”, e soprattutto gruppi di tifoserie esistenti. Una pellicola insomma che ribadisce a gran voce il suo status di opera di fantasia (come di fantasia sono le immagini al termine della ricostruzione in apertura di un pezzo della storia del Calcio Napoli) e durante la quale si ha quasi l’impressione che la tematica del tifo sia un modo per parlare di altro, che è correlato, ma non ne è il cuore. Attenzione però, la decisione di non approfondire un argomento anche così scomodo non conduce per forza alla via più semplice, perché comporta una messa in gioco maggiore della creatività dietro alla scrittura della storia.

Ultras: l’opera prima di Francesco Lettieri

Ultras, cinematographe.it

Francesco Lettieri ha avuto la piena fiducia della produzione, perché se lo merita, perché è stato scelto e perché è un bravissimo regista con del potenziale che in questa occasione ha mostrato. Il film è una sua creatura, lo si vede da tante piccole cose sia a livello visivo sia per la libertà concessagli nel mettere mano in diversi reparti oltre la regia.

Innanzitutto la presenza di Gianluca Palma alla fotografia, l’occhio di Lettieri, che da tempo lo accompagna dietro la macchina da presa. Alla sua anima espressiva si affida per catturare la bellezza intramontabile della sua città natale, le sue atmosfere, il suo clima bipolare e la sua forte tradizione, ricostruendone in parte colori e ricercandone minuziosamente luci e angolazioni. A questo accompagna una regia fresca, moderna e veloce, divertendosi e sperimentando sin da subito con un piano sequenza di apertura che riassume in parte il senso estetico della pellicola, ma a cui fanno seguito le zoommate da primi piani a campi totali e viceversa, i cambi di fuoco a velocità variabili, le inquadrature ricercate, la valorizzazione degli ambienti e soprattutto delle ottime scenografie (i murales più di una volta assolvono la funzione di cornice della storia e lo fanno molto bene), riuscendo nell’impresa di non tradire una poetica che gli ha donato il successo nel mondo dei videoclip, ma anzi ribadendo il suo grande senso del racconto urbano. Il risultato è un’ottima opera prima in termini di regia, anche se, ovviamente, qualcosa ancora non settato su un linguaggio cinematografico maturo si registra a lungo andare.

L’idea visiva del film è quindi molto ben delineata, perché, con i suoi eventuali limiti, non va mai fuori giri, ma risulta più meno sempre bilanciata, anche grazie al montaggio e al montaggio sonoro, pane quotidiano di Lettieri. Nonostante tutto questo, che è positivo ed è bello e funziona, Ultras corre il rischio tangibile di rimanere inghiottito da quel sempre più ingombrante immaginario cinematografico che ha come protagonista Napoli e le storie di Napoli da cui, concretamente, il film di Lettieri non riesce a distinguersi. Aspettiamo la seconda perché la seconda ci deve essere!

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 2.5

2.8

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