Glass – L’interpretazione muscolare di James McAvoy

L'attore James McAvoy usa ogni muscolo e ogni nervo del suo corpo e ne dà prova impressionante nei film Split e Glass con le sue innumerevoli identità.

James McAvoy ha ventitré personalità e, tutte e ventitré, hanno la loro postura. Incurvata, austera, virile, femminile. McAvoy lavora con il corpo, prima nei sotterranei dello zoo in Split, poi nel manicomio dell’enigma mentale e supereroistico di Glass. La creazione di un personaggio affetto da un disturbo dissociativo dell’identità, che parte dalle ricerche di M. Night Shyamalan e si adatta alla fisionomia dell’attore scozzese. Ma anche l’interprete deve adattarsi alla sua taglia. Alle sue diverse taglie. Che aumentano, si restringono, si ridimensionano e si allungano a seconda della personalità che ha trovato in quel momento la strada per la luce. Il fuoriuscire di una serie di individualità che James McAvoy restituisce nella maniera più fisica concepibile. E che, pur passando principalmente per il corpo, offre ai film una prestazione attoriale che oltrepassa i limiti e si raffigura tutta attraverso la carne.

È una recitazione muscolare quella che distingue McAvoy dalle performance della sua cinematografia e da quella di molti attori che si approcciano a canoni di interpretazioni solitamente più classici. Rendere il corpo umano strumento primario per definire i caratteri di ogni identità e, per completezza, dell’intera presenza del personaggio primario di Kevin nelle dinamiche delle pellicole. I tessuti muscolari si contorcono nelle espressioni di McAvoy, una maschera elastica che, nel giro di pochi istanti, ha la capacità di storcersi e rimodellarsi a seconda delle necessità, della personalità esposta, dello svolgimento del racconto.

Il linguaggio espressivo e la fisionomia di James McAvoyglass cinematographe

Il linguaggio facciale dell’interprete permette allo spettatore, appena tra quest’ultimo e l’uomo sia andato ad instaurarsi un rapporto di confidenza in cui subentra la malattia, di entrare in sintonia con ogni differente individualità descritta dal cineasta. Patricia e le sue sopracciglia inarcate e i movimenti composti e controllati, Danny con i suoi occhiali e l’atteggiamento distaccato, Hedgwin con l’adorabile zeppola e la scioltezza dei bambini. Ogni personalità non è mai uguale a nessun altra, mai simile a nessun altra. James McAvoy non nasconde il trucco. Non attende di essere al di fuori del campo per, letteralmente, cambiare. Lo fa a scena aperta, lo fa con una flessibilità naturale. E lo fa risultando incredibile non soltanto in un ruolo, ma in svariate parti.

Facoltà comunicativa che dialoga in maniera eloquente con le intenzioni di Shyamalan e che l’attore riporta con una facilità spiazzante, che connota la sua nomina di ottimo interprete. Non confinandosi al solo volto, ma agendo come su di materiale plasmabile nell’integrità della sua figura. È nella più spaventosa delle identità che McAvoy porta ad un livello superiore la propria presenza scenica. La Bestia, l’essere superiore, sovrumano, soprannaturale in cui l’attore incanala le forze, che estende il lavoro affrontato con le altre identità per focalizzarlo tutto sulla tensione delle sue fattezze.

La Bestia e i migliori personaggi di James McAvoyglass cinematographe

Quando James McAvoy dà modo alla Bestia di palesarsi non va dimenticando la propria impostazione attoriale, non fa in modo che venga meno per dare via libera al corpo di ergersi a masso dell’attenzione su cui lo spettatore deve concentrarsi. È certo che una trasformazione massiccia del performer avviene, ma viene supportata dall’intelligenza di McAvoy di non puntare solo sulla prestanza dell’individuo non-umano, ma di utilizzarla per portare a compimento l’evoluzione del suo personaggio. Occupando l’intero spazio di azione, la Bestia è la canalizzazione del terrore che l’interprete rende tirata, pelle sul punto di strapparsi e in cui ogni nervo scoperto è un simbolo dell’esistenza pericolosa e selvaggia della personalità rimasta silente.

Una prova che non vuole celarsi dietro alla muscolosità della Bestia, ma che vuole sfruttarla come veicolo espressivo, senza mostrarsi come una fossilizzazione fisica messa in atto solamente per ovviare al problema dell’interpretazione. Una sfida che James McAvoy supera con eccellenza, annoverando come uno dei migliori personaggi della sua filmografia quello di Kevin Wendell Crumb tra i migliori personaggi della sua filmografia. Anzi, i suoi ventitré migliori personaggi.

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