Toy Story 4 – 5 motivi per vedere il film Disney Pixar

Un capitolo non necessario che sorprende a più riprese sotto molti aspetti, intrattenendo per tutta la durata. Scopriamo 5 motivi per vedere il quarto capitolo di Toy Story, in uscita il 26 giugno.

Siamo giunti al quarto capitolo di una saga che continua ad appassionare milioni di fan. Toy Story ritorna in sala con gli iconici protagonisti Woody, Buzz e gli altri inseparabili giocattoli di Bonnie. In questo divertente epilogo i protagonisti del franchise Pixar devono prendersi cura di Forky, una forchetta/cucchiaio creata da Bonnie che pensa di essere spazzatura e vuole solamente gettarsi nei rifiuti. Inizia un’avventura mirabolante per recuperare Forky, arrivando a conoscere nuovi giocattoli e a ritrovare la vecchia fiamma di Woody, Bo Beep.

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La Pixar continua a sfornare lungometraggi ricchi di azione ed emozione. Con il quarto capitolo di Toy Story lo studio d’animazione fa nuovamente breccia nei cuori degli spettatori, proponendo una continuazione degna di essere raccontata e vissuta. Toy Story 4 sarà distribuito in tutto il mondo in 2D e 3D dalla Walt Disney Pictures e arriverà nelle nostre sale mercoledì 26 Giugno. Ecco i motivi per non perderlo al cinema.

Josh Cooley in cabina di regia riesce a sorprendere

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Josh Cooley, da capo animatore in progetti come Inside Out (2015), Up (2009) e Ratatouille (2007), porta a compimento il quarto capitolo di Toy Story in veste di regista. Il risultato è oltremodo sorprendente. Si avverte la presenza di una macchina da presa che volteggia nelle ambientazioni principali del capitolo, intraprendendo un viaggio spirituale assieme ai protagonisti più amati di sempre. Cooley non si tira indietro di fronte alle parti più riflessive, dove si espongono i problemi esistenziali e le crisi d’identità di Woody, Bo Beep e Forky.

Rafforzare il copione in corso d’opera è un’operazione delicata, ma Cooley sfrutta la pressione esercitata dai fan e dallo studio per dedicare anima e corpo ad un franchise da rilanciare in grande stile. I cambi di tono vengono accolti con rinnovato entusiasmo e fermezza nelle intenzioni. Viene confermato un comparto narrativo solido che si appoggia ad una direzione efficace e in linea con gli standard Pixar.

L’animazione è un segno distintivo che brilla di luce propria

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Un vero e proprio miracolo visivo si presenta sullo schermo. Si alza l’asticella della spettacolarità con una confezione molto ricca di dettagli: dalle condizioni atmosferiche riprodotte alla perfezione (come la scena d’apertura, con una pioggia battente che raggiunge livelli di foto-realismo impressionanti), alla definizione accurata delle espressioni facciali dei giocattoli. Woody, Buzz, Jessie e la compagnia di Bonnie subiscono una trasformazione da gustare avvolti nel buio della sala.

Il regista e il team di animatori hanno lavorato a stretto contatto fra di loro per consegnarci un capitolo che non risultasse riempitivo e poco necessario. La grafica si adatta all’evoluzione caratteriale dei protagonisti, addentrandosi in fasi dinamiche e in svolte drammatiche avvincenti e senza soluzione di continuità. Non si può non menzionare la cura riposta negli scenari, spazi aperti davvero suggestivi tra luna park scintillanti e negozi di antiquariato dall’aspetto lugubre e tenebroso. Un colpo d’occhio non indifferente che rappresenta uno dei punti di forza maggiori della produzione.

La venatura horror richiama le atmosfere del primo capitolo

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Una delle caratteristiche-chiave del franchise è proprio quella di riuscire a cambiare registro con atmosfere e venature indovinate. La componente horror è marcata in questo quarto capitolo, concentrata in un negozio di antiquariato sinistro al primo impatto ma da esplorare in lungo e in largo con i nostri impavidi protagonisti. Si gioca molto sullo stile registico di James Wan, autore di saghe redditizie come The Conjuring e Insidious, e sulle figure dei burattini seguaci di Gabby Gabby, I Benson.

La loro presenza colpisce nel segno, offrendo una tensione che tiene sempre alta la soglia dell’attenzione. Le soluzioni visive abbracciano i cliché tipici dell’horror contemporaneo (prestate attenzione ai vari jumpscare distribuiti nel corso del secondo atto) ma, inserite in un film Pixar, acquistano una nuova identità. Si tratta di una piccola e riuscita aggiunta che richiama a gran voce l’impatto iniziale generato dal primo storico capitolo della serie, dove i giocattoli di Sid riuscivano ad incutere terrore e sgomento.

Il personaggio di Woody subisce un arco evolutivo degno di nota

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Woody è sempre stato l’assoluto protagonista dell’intero franchise di Toy Story. Il volto noto che ricopre il ruolo di guida e di mentore deve fronteggiare un cambiamento rilevante che modificherà l’assetto narrativo del quarto film. Il giocattolo desiderato da Andy diventa una figura secondaria e confinata nell’armadio di Bonnie, in attesa di uscire allo scoperto e divertirsi assieme ai suoi compagni di gioco.

Toy Story 4 non si limita ad inserire un carosello di fughe rocambolesche e inserti comici strategici per intrattenere senza tempi morti: l’inserimento della new-entry Forky è essenziale per rilanciare il personaggio di Woody e fargli compiere un viaggio alla riscoperta della sua coscienza attiva. Da capogruppo ad outsider, di nuovo alle prese con un’avventura fuori dalle mura di casa, la sua evoluzione in termini di carattere e atteggiamento sarà fondamentale per l’economia del racconto. Bo Beep ritorna in scena sconvolgendo ulteriormente i principi e i desideri del cowboy, attento a non deludere le aspettative e le richieste di Bonnie. La sceneggiatura a cura di Stephany Folsom e Andrew Stanton si rivela ispirata, ben lontana dall’essere volutamente strappalacrime.

Un Villain particolare e sorprendentemente empatico

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La vera sorpresa di Toy Story 4 risiede nella bambola Gabby Gabby, un personaggio che, a differenza di Sid, Stinky Pete e Lots-o’ nei precedenti capitoli, presenta delle motivazioni già convincenti che favoriscono l’immedesimazione. Non viene raffigurata come una presenza scomoda o una grave minaccia per i protagonisti. Avviene un salto di qualità ulteriore in termini di definizione dell’antagonista, senza scadere in stereotipi e linee di dialogo approssimative.

Una soluzione efficace che pone tutti i giocattoli sullo stesso piano, partendo dalla patina esilarante fino a sfociare nella parentesi drammatica che colpisce per profondità e cura riposta nel contenuto. La bambola di porcellana si ritaglia uno spazio significativo all’interno del quarto capitolo, specialmente in una fase conclusiva in cui gli oggetti inanimati acquisiscono una forza interiore e una capacità di espressione davvero encomiabile. L’aspetto più sbalorditivo di Toy Story 4 è la totale assenza di villain caratteristici: sempre merito di una scrittura brillante che punta alla novità piuttosto che alla riproposizione di dinamiche già viste nei precedenti capitoli.