Fino a prova contraria: spiegazione e analisi del finale del film

La regia di Fino a prova contraria è proiettata nel dare un senso alle seconde opportunità di tutti i personaggi, nonostante tragedie personali e fraintendimenti.

Fino a prova contraria – titolo originale True Crime – è un film del 1999 prodotto, diretto e interpretato da Clint Eastwood e ispirato all’omonimo romanzo di Andrew Klavan, pubblicato nel 1995.

Fino a prova contraria Cinematographe.it

Steve Everett (Eastwood) è un giornalista di Oakland con un passato da alcolista, cui viene dato l’incarico di scrivere un articolo sull’esecuzione del condannato a morte Frank Beechum (Isaiah Washington IV) reo – secondo l’accusa – di aver ucciso una giovane donna per giunta bianca. Steve, con la scusa di scrivere il pezzo, inizia ad indagare sul caso perché sospetta che Frank sia stato condannato ingiustamente.

Everett, quindi, ha solo 12 ore prima dell’esecuzione, per provare l’innocenza di Beechum. Tra testimonianze-chiave e punti di vista divergenti, Everett arriva alla conclusione che il vero colpevole è un certo Warren, un giovane che però è deceduto due anni dopo l’assassinio della giovane donna bianca. L’insistenza di Steve nel portare a termine la sua personalissima indagine, lo porta al licenziamento. La chiave del mistero è tutta in un medaglione che Everett vede per caso in tv, e proprio grazie a quell’elemento capisce quale sia la verità.

Fino a prova contraria: il finale

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Abituati a vederlo protagonista di grandi western, si fa fatica a concepire Clint Eastwood nelle vesti, insolite, di un giornalista con il pallino dell’investigazione. Tutto il film è incentrato in quelle 12 ore durante le quali Everett, deve riuscire a dare un senso non solo alle indagini e all’articolo che sta scrivendo, ma anche e soprattutto un senso alla propria vita.

Nella pellicola infatti, abbiamo due vite che non si incrociano mai se non alla fine, ma che camminano parallele per tutta la durata del film. Il fiuto per la verità, nonostante l’abuso di alcol, porta Steve a cercare di salvare quello che per lui è un perfetto sconosciuto. Nel disastro totale della propria vita, dalla dipendenza al tradimento, fino alla separazione dalla moglie, c’è quel lavoro che tiene stretto con le unghie e con i denti e che, in certo senso lo aiuterà a redimersi, a riscattarsi dal proprio passato per diventare un uomo migliore. L’unica luce nell’esistenza disastrosa di Everett è l’adorabile figlia, che non solo tira fuori il meglio di lui, ma è anche il motivo per cui Steve incontrerà per la prima volta l’uomo a cui ha salvato la vita.

La scena finale del film è particolarmente d’effetto: due uomini così diversi e così lontani durante tutta la durata del film, che finalmente iniziano a dare un nuovo senso alle proprie vite. La regia di Fino a prova contraria è proiettata nel dare un senso alle seconde opportunità di tutti i personaggi, nonostante tragedie personali e fraintendimenti: il finale della pellicola si sintetizza nel corretto equilibrio tra il dovere, la giustizia e i crimini commessi, ovvero, la morte della giovane donna bianca e l’esecuzione del giovane uomo nero. Il finale, dunque, non è per nulla scontato e fino all’ultima scena, porta lo spettatore a sperare/credere che gli eventi precedenti abbiano portato ad un epilogo bello, ma soprattutto giusto.