Ana de Armas “Fight like a girl” in Ballerina. Come cambia l’action!

Ana de Armas, nello spin-off di John Wick Ballerina, in sala il 12 giugno 2025, ci dimostra che si può costruire un immaginario action sempre più svincolato dall'egemonia maschile.

Ogni film, anche il più insignificante, il più imperfetto, vive due volte: per se stesso, e per quello che può dirci sul mondo o, più prosaicamente, sul cinema. Ballerina, regia di Len Wiseman, con Ana de Armas, Keanu Reeves, Ian McShane, Angelica Huston e non solo, arriva nelle sale italiane il 12 giugno 2025 per 01 Distribution. È il primo spin-off del franchise action più importante e celebrato degli ultimi anni, la saga di John Wick – a benedire la produzione, il film vanta il prolungato cameo di mr. Wick in persona, Keanu Reeves – e conta anche al di là del suo valore produttivo di action laterale a una saga di successo da cui è lecito aspettarsi belle cose al botteghino. Ballerina è un film da tenere in considerazione anche per il modo con cui affronta una questione centrale: come si costruisce un action davvero moderno? La risposta che il film offre è tutt’altro che definitiva, è imperfetta e forse un po’ incoerente, ma è comunque un dignitoso tentativo. La risposta, ha molto a che fare con Ana de Armas.

In Ballerina, con Ana de Armas, non c’è solo la storia di una donna che vuole prendere il controllo della propria vita, ma molto di più

Ballerina; cinematographe.it

Ballerina – qui la recensione – è uno spin-off, ma non solo. A livello strutturale, l’etichetta cucita sulla pelle del film è racconto di formazione. La cosa ha la sua importanza. La protagonista si chiama Eve Macarro (Ana de Armas) e la sua storia va situata nell’intervallo tra il terzo e il quarto film della saga. Sappiamo che John Wick tornerà al cinema, nonostante il carattere estremamente definitivo del quarto film. Sappiamo che non si tratterà di un prequel e nemmeno di un sequel tradizionale; è quindi possibile che in John Wick 5 Ana de Armas e Keanu Reeves combatteranno insieme. Ballerina serve anche a costruire il pedigree di una nuova (anti)eroina in grado di accompagnare e – all’occorrenza – bilanciare il carisma del protagonista storico.

La vita di Eve non è facile. Cresce sola con il padre fino a quando quest’ultimo non viene ucciso dagli scagnozzi del Cancelliere (Gabriel Byrne). Orfana, viene raccolta da Winston Scott (Ian McShane), il proprietario del Continental Hotel, che non potendo provvedere direttamente alla sua educazione la affida al clan dei Ruska Roma sotto la guida del boss Angelica Huston. Eve cresce nella doppia veste di ballerina e (soprattutto) killer, sempre sulle tracce del Cancelliere. Non è solo vendetta; farla pagare al responsabile della morte del padre è anche un modo per riprendere il controllo della propria vita, fino a quel momento definita dall’intervento degli altri. Il sottotesto di Ballerina è: siamo il prodotto dell’arbitrio del destino o possiamo esercitare un qualche tipo di controllo sugli eventi?

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La protagonista cerca di esercitare il controllo uccidendo. Il film è la cronaca dei tentativi, prima incerti e zoppicanti, poi sempre più elaborati, con cui Eve (la prima donna) definisce se stessa. Una cosa rilevante, di Ballerina, è che sembra mancare quasi del tutto il punto di forza universalmente riconosciuto dei quattro film di John Wick: la leggibilità e l’estetica forte dei combattimenti. Qui è tutto più contorto e caotico, e in parte dipende da un certo trambusto fuori scena; sappiamo che la regia di Len Wiseman non ha convinto e che è stato necessario l’intervento di Chad Stahelski, padre nobile e autore degli altri film della saga, per una serie corposa di riprese aggiuntive. Ma non solo. La natura più grezza e imprecisa dell’azione ha un senso recondito: Eve deve imparare a lottare così come, intorno a lei, il cinema commerciale e Ballerina devono imparare a proporre un tipo di action che non ceda allo stereotipo.

Una tappa, importante, di un percorso altrettanto importante

La canzone del film, “Fight like a girl”, firmata Evanescence e K. Flay, non si inventa nulla. Il titolo riprende una battuta del film e ci porta al nocciolo della questione: come deve combattere, una donna, in un moderno film d’azione? La risposta è spaventosamente ovvia: deve farlo rimanendo se stessa. Arrivarci però non è stato facile, per il cinema americano. Al netto di un’azione imperfetta e qualche cortocircuito a livello di sceneggiatura, Ballerina è un film innovativo perché non dà l’impressione di lasciarsi condizionare dagli errori del passato. Eve impara a combattere, e il film con lei. Il problema dell’action al femminile – espressione, di per sé, abbastanza ghettizzante – è parte di un problema più grande: la rappresentazione femminile.

Il primo a pensarci, nel recinto di genere, è stato James Cameron, ma la “sua” Sarah Connor (la interpreta Linda Hamilton) – la protagonista di Terminator (1984) e seguenti – è una donna mascolinizzata e non per libera scelta, ma perché in quel frangente era difficile immaginare una donna al comando di un genere e un universo tipicamente maschili e quindi, per funzionare, bisognava necessariamente farla somigliare a un uomo. Una visione abbastanza retrograda, che può essere scusata perché era il primo, storico, passo nella direzione giusta. Più discutibile è la volontà di proseguire sulla stessa china, senza innovare, messa in campo in anni più recenti dalla Marvel con Scarlett Johansson/Vedova Nera, letteralmente una Sarah Connor dei nostri giorni, e, in misura minore, con Brie Larson/Captain Marvel. Forse lo spessore interpretativo di Florence Pugh in Thunderbolts* – in estetica e immaginario molto vicina a Vedova Nera – è un passo in avanti. Ma ancora, ognuna di queste protagoniste ha un’identità che è modellata in risposta a influenze esterne.

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Ballerina non costruisce, nel look, nella fisicità e nell’azione, una protagonista mascolinizzata o più aderente a una visione tradizionale (e maschilista) della femminilità. Eve Macarro è semplicemente se stessa; forgia la sua identità uccidendo e il suo talento di killer – ironia nerissima – è la strada verso una libertà che non si limita al personaggio ma riguarda anche il genere action. Si possono rintracciare due precedenti illustri. Lisbeth Salander, la protagonista del caso letterario “Uomini che odiano le donne”, al cinema è stata aggressiva (Noomi Rapace) o più aggraziata e poetica (Rooney Mara). In entrambi i casi, e nella fonte letteraria – senza esagerarne la portata rivoluzionaria – la sua natura androgina e la non convenzionalità (sessuale e di genere) erano la risposta rabbiosa ai guasti di una società patriarcale e, insieme, un’esplosione di libertà e autodeterminazione.

La seconda ispirazione è la stessa Ana de Armas, che nell’ultimo Bond (per ora), No Time to Die, rubava la scena al bravissimo collega Daniel Craig con la sua Paloma, un insolito mix di autoironia, sex appeal e carisma action. L’attrice cubana giocava con lo stereotipo della Bond Girl ribaltandolo, anzi, facendolo proprio a pezzi per mostrarci plasticamente che, anche nelle maglie strette e nella limitata possibilità di innovazione del cinema commerciale, è possibile sperimentare con successo. Ballerina è un ulteriore passo nella direzione giusta, al netto degli evidenti limiti. Perché è comunque lo spin-off di un originale maschile. E la legittimazione del personaggio di Eve dipende, ancora una volta, dall’ombrello simbolico di un protagonista, Keanu Reeves, che santifica il film agli occhi del pubblico con il suo cameo. Eppure, Eve percorre Ballerina combattendo come una ragazza, qualunque cosa l’affermazione significhi per lei (e solo per lei). È, a conti fatti, un colossale racconto di formazione. Di un personaggio, di un film, di un certo modo di fare il cinema, di un immaginario. Bisogna progredire in questa direzione.