Il cinema di Christopher Nolan in 7 step: inizio e fine, fusione e fissione

Da Oppenheimer fino a Following, a ritroso e verso avanti lungo una filmografia densa e straordinaria

Il cinema di Christopher Nolan è un enigma: o meglio, un rompicapo, un complesso mosaico di ossessioni, visioni, storie, che si sovrappongono, che rileggono la Storia e parlano di vendetta, ossessione, inganno (dello sguardo), tormento, spingendosi fino ai confini tra la realtà e la sua percezione relativamente ai personaggi messi in campo.
Un cinema monumentale e concettuale, che si muove sempre intorno alla colpa delineata da temi epistemologici e metafisici esplorando le profondità della moralità, la costruzione del tempo e la natura plasmabile della memoria.

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Ogni suo film contiene una sfida, un esperimento: come Tenet, del 2020, che tenta di ricreare l’andamento palindromo del quadrato del Sator; o Memento, del 2000, nel quale la storia parte dalla fine andando indietro, e ogni 15 minuti si interrompe per raccontare cosa sia successo dall’inizio.
Di seguito, proveremo a ricostruire l’intera filmografia di Christopher Nolan utilizzando il percorso proprio di quest’ultimo film, accostando le sue opere e cogliendone le similitudini per poter restituire almeno in parte il senso del suo cinema.

1. Fine e inizio nel cinema di Christopher Nolan: Oppenheimer (2023) – Following (1998)

La storia di Robert Oppenheimer, inventore della bomba atomica, non è raccontata sotto forma di biografia, ma con una narrazione che si biforca: da un lato, in bianco e nero, la ricostruzione oggettiva del processo a Lewis Strauss, mente delle controversie udienze davanti alla commissione per la sicurezza del personale dell’AEC, in cui venne revocata l’autorizzazione di sicurezza al fisico padre della bomba atomica. Processo nel quale non fu riconfermato dal Senato degli Stati Uniti come Segretario al Commercio.
Dall’altra parte, parallelamente, scorre invece la narrazione in soggettiva (e quindi a colori) dello scienziato che nel 1942 viene reclutato dall’esercito americano per guidare il cosiddetto Progetto Manhattan per sviluppare una bomba atomica.

Sempre in bianco e nero è Following, l’esordio alla regia di Nolan del 1998. Ed è un esordio che si lega alla perfezione con l’ultimo film, ad oggi, del regista londinese, già ben definito nella sua estetica ed etica, mentre si frantuma l’ordine cronologico delle vicende per disorientare lo spettatore, ma sempre e comunque affascinato dai diversi aspetti della moralità umana e dalla costruzione (s)oggettiva del tempo dipendentemente dalla natura malleabile della memoria e dell’identità personale.

Oppenheimer, come il giovane senza nome protagonista di Following, sono due personalità sottili e inafferrabili, che si muovono ai confini, liquide, con una loro idea ben precisa della morale e dell’etica e conseguentemente una visione del mondo fortemente soggettiva.

Oppenheimer è febbrile, magmatico, è un film che deve ricomporre il suo stile dopo un’esplosione atomica, un film che lascia storditi perché si insinua in quella percezione del protagonista che osserva con gli occhi sfuggenti di Cillian Murphy un mondo sul quale tenta di avere una presa.

2. Labirinto mentale: Tenet (2020) – Memento (2000)

Il quadrato del Sator è un’iscrizione latina ricorrente, in forma di quadrato magico, composta da cinque parole: sator, arepo, tenet, opera, rotas. La loro giustapposizione, nell’ordine indicato, dà luogo a un palindromo, vale a dire una frase che rimane identica se letta da sinistra a destra e viceversa. La stessa frase palindroma si ottiene leggendo le parole del quadrato dal basso verso l’alto purché ogni riga sia letta da destra verso sinistra.
Nolan tenta l’impossibile: riportare la costruzione del quadrato all’interno della struttura narrativa cinematografica. Per questo racconta di un agente segreto conosciuto solo come il Protagonista, che deve impedire la Terza Guerra Mondiale sfruttando lo scorrere del tempo. L’unico modo che ha per farlo sembra essere racchiuso in una parola, appunto Tenet (2020), che potrebbe permettergli di svolgere le sue azioni al di là del tempo reale manipolando il tempo stesso con una tecnica chiamata inversione. Non si tratta quindi di un viaggio nel tempo, però, bensì di un’alterazione del flusso, che apporta una deviazione del corso naturale delle cose. L’inversione è l’idea della materia con una sua entropia invertita, quindi attraverso il tempo in senso inverso, relativamente alle persone.
Un’impresa impossibile, quella di filmare materia ribollente (atomica) come questa: eppure, resterà probabilmente come uno dei punti centrali della poetica di Nolan, tra tempo non lineare ed entropia dell’informazione. È poi un film che riporta il regista indietro, ai tempi di Memento (2000) altro suo grande rompicapo sotto forma di lungometraggio.

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La perdita della memoria recente fa precipitare Leonard Shelby (Guy Pierce) in un incubo: tra false piste e personaggi enigmatici cerca di risalire all’identità di colui che ha stuprato e ucciso sua moglie. Memento è un film capostipite di una serie di opere che hanno fatto della destrutturazione temporale e spaziale il punto di forza, anzi il fulcro della trama.
Chi siamo? Che cosa siamo senza memoria? Quanto influiscono i ricordi nella formazione della personalità? E quanto influisce la percezione della realtà nel fare di noi quello che siamo? Domande vertiginose per un percorso altrettanto vertiginoso, che probabilmente necessitava di quel percorso a rebours ormai rimasto nella storia del cinema mentre riscriveva la grammatica del linguaggio.

Ogni tecnica rimanda ad una metafisica, diceva Bazin. E quanto mai calzante è la definizione per il cinema di Nolan e per il suo straordinario Memento.
L’idea che stava alla base del secondo film, a ben guardare, era proprio quella di due linee temporali che procedevano in senso opposto l’una all’altra (identificate, una volta ancora, dal Bianco e Nero e dal Colore) e finivano per convergere. Stessa cosa accade, più o meno, in Tenet: se in nel secondo film la struttura narrativa, il montaggio, il colore danno la consistenza filmica all’idea, nell’altro tutto si fa profilmico (anche qui ogni tanto ci si orienta con i colori, il Rosso e il Blu, ma solo in maniera sommaria).

3. Pausa: Dunkirk (2017) – Insomnia (2002)

Nel 2012 Christopher Nolan spiazza ancora una volta, non con la grammatica di un film ma con la materia stessa che va a raccontare: Dunkirk infatti va sulla spiaggia di Dunkerque, in Francia, tra il 27 maggio e il 4 giugno 1940, osservando l’evacuazione delle forze Alleate schiacciate sul canale della Manica (l’operazione Dynamo). Lo fa correndo su tre diverse traiettorie temporali che però, contrariamente a quanto ci si poteva aspettare, non si intersecano mai. È da questo punto di vista che il film è il testo nolaniano più scarnificato di tutti, una matrice che elimina ogni umore da sci-fi e ogni colore tra il nero e il giallo. È però in queste premesse che si confina lo sguardo dello spettatore, che dopo l’iniziale sbigottimento si ritrova un tema fin troppo lineare e senza scossoni.

Dunkirk non è però un caso isolato: anche Insomnia, terzo lungometraggio del 2002, a ventuno anni di distanza dalla sua uscita, è uno dei più dimenticabili, oltre ad essere l’unico nel quale il regista non firma anche la sceneggiatura. Remake aritmetico dell’omonimo e anonimo film norvegese del 1997, Insomnia mette in scena un duello interpretativo tra Al Pacino e Robin Williams, in un paesaggio che fa dello spaesamento cronologico la sua caratteristica (siamo in Alaska, dove la luce illumina sia il giorno che la notte. La mise en abyme del film è perfetta e straordinaria, ma più letteraria che cinematografica, perdendo qualche colpo sul finale.

4. Preparativi: Interstellar (2014) – Batman Begins (2005)

Si dice ogni tanto che i film migliori di Christopher Nolan siano quelli nolaniani: e per nolaniano si intende un film con un protagonista mentalmente instabile, una situazione di disagio psicologico magari afflitto da un complesso paranoide, in un contesto di spaesamento spazio-temporale.
È per questo che le fredde geometrie di Interstellar hanno lasciato interdetti, addirittura in qualche passaggio richiamando altri autori come Malick o Shyamalan. Il film è sembrato allora fin troppo ambizioso nel suo travalicare le dimensioni del blockbuster, scardinando i limiti del cinema commerciale, mettendo alla prova lo spettatore sempre un po’ di più.

E parlando di cinema mainstream, cosa c’è di più popolare del cinecomics e di Batman?
Il cavaliere oscuro è uno dei personaggi letterari a fumetti più interessanti e stratificati di sempre: e ha ovviamente attirato su di sé sempre l’attenzione del cinema. Nolan decide di raccontare l’oscurità dietro e sotto la maschera: spazza via però il gotico di Tim Burton e il kitsch di Joel Schumacher, registi dei precedenti quattro film, scavando nella psicologia di Bruce Wayne per trovarne il lato a lui più congeniale. Puntando allora sul dramma umano, riflettendo l’assenza di superpoteri, riprende quanto detto sopra (protagonista mentalmente instabile in una situazione di disagio psicologico) e restituisce uno dei Batman, anzi forse il Batman più centrato e coinvolgente di sempre. Batman Begins e Interstellar, sono due film, ognuno a modo suo, interlocutori perché preparatori.

Se il secondo, come abbiamo visto sopra, usava la fantascienza classica e umanistica per scardinare le regole e andare oltre il cinema hollywoodiano di largo consumo, il primo prende un simbolo del merchandise e lo trasforma in un personaggio vertiginosamente profondo. Neanche Batman Begins è un film perfetto, specialmente per una seconda parte poco compatta dove l’amalgama dell’inizio perde consistenza, una volta costruito il mito. Ma c’è pur sempre un sontuoso apparato scenografico che porta fino alla fine un’operazione spettacolare, imprescindibile per quello che verrà – o è già venuto.

5. Il melodramma nel cinema di Christopher Nolan: Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno (2012) – The Prestige (2006)

Il Cavaliere Oscuro – Il Ritorno, del 2012, contiene in sé le tracce di un melodramma rovesciato, tra le lacrime di Tom Hardy e il Batman che si muove sempre di più nei tortuosi labirinti mentali di Memento, come se qualcosa in questo terzo capitolo della trilogia andasse fuori controllo.

Similarmente, nel 2006 esce sugli schermi quello che forse è l’apice di un certo cinema di Nolan, ovvero The Prestige: questo sì un vero e proprio melodramma, talmente scoperto nelle sue intenzioni e nei suoi svelamenti d’autore da essere oggi un film teorema. Matematico, programmatico nel suo manipolare ed orientare a proprio piacimento non solo la sceneggiatura (tratta da in libro di Cristopher Priest) ma anche e soprattutto lo sguardo dello spettatore, obbligandolo a seguire la storia sotto l’ottica da lui fornita. The Prestige è un thriller e poi diventa qualcos’altro, nel momento in cui la non-linearità della storia aggiunge dettagli saltando avanti e indietro nel tempo, scivolando di lato, scartando e accumulando dettagli.

Il film del 2006, insieme al terzo capitolo del Cavaliere Oscuro, vive delle complesse relazioni che si stabiliscono fra i due protagonisti (in uno Borden e Angier, rispettivamente Christian Bale e Hugh Jackman, a loro volta scissi in doppie personalità; nell’altro, il Batman sempre di Bale e il Bane di Hardy) in posizioni oppositive con le inevitabili dinamiche contraddittorie.
Ma è una costruzione tipica del cinema di Nolan, una tragica danza a due che riflette il tema del doppio che a sua volta si stende su tutta la struttura del film.
Sono però proprio Borden e Angier ad avere il trattamento più approfondito, simboli di approcci all’arte e quindi, simbolicamente, alla vita, differenti, destinati a rimanere altri da loro stessi e quindi a scontrarsi incessantemente, eternamente, attirati dalla loro natura fratta.

6. Viaggi al termine del tempo e della notte: Inception (2010) – Il Cavaliere Oscuro (2008)

Inception (2010) Joseph Gordon-Levitt

Inception, del 2010 è forse il film più noto di Nolan: ed è la deflagrazione irrefrenabile dell’immateriale, l’apologia del cinema come macchinario teso all’accumulo di immaginario.
Il Cavaliere Oscuro, del 2008, è invece un film che rappresenta uno dei connubi più riusciti tra spirito autoriale ed esigenze di massa, sviando i compromessi tra introspezione e spettacolo ma tirando dritto per la sua strada.

Inception e Il Cavaliere Oscuro sono uno lo specchio dell’altro, in un mondo artistico, quello del regista, nel quale il Sogno (del primo) è il nucleo centrale circumnavigato dalla storia, mentre l’incubo (del secondo) è l’incursione delirante in un universo superomistico.
Entrambi costituiscono in qualche modo il cuore del cinema di Christopher Nolan, autore teso fino allo spasimo, fin dall’inizio, verso una sua idea di cinema ben precisa che mentre esondava i confini del classico lo ricostruiva secondo criteri precisi, portando dentro il meccanismo mainstream un cuore palpitante autoriale – in qualche modo, lambendo i confini dell’avanguardia teorica.

Nello stesso, identico modo in cui tutti i personaggi tendono al superamento degli stretti vincoli creati dall’uomo (insomma, dalla realtà).
È per questo che il capitolo centrale del trittico sull’eroe di Gotham City è il migliore, per la presenza del Joker di Heat Ledger, animale selvatico che devia intelligentemente dall’aura di maledettismo che lo accompagna nelle sue declinazioni più pop, trovando l’esatta chiave di lettura per la sua maschera clownesca e raccapricciante, ovvero la tragica e terrificante messa in scena delle proprie debolezze, che sono quelle di tutti noi.

7. Inizio e fine nel cinema di Christopher Nolan, ancora e per sempre

I personaggi delle storie di Christopher Nolan sono rappresentazioni simboliche del cinema stesso, insomma: e questo fin da Following, dove il pedinatore è lo spettatore e Cobb è il cinema, un cinema che però inganna e manipola chi lo guarda, esercitando un potere supremo e assoluto facendo vedere, come in un prestigio, solo ciò che si vuole far vedere.

Un cinema, quello di Oppenheimer, che scoppia in maniera sempre più roboante passo dopo passo, con una forza atomica perché consapevole del potere di imporre la propria visione su uno spettatore che si crede pedina attiva mentre diventa oggetto passivo.
Una vorticosa e perenne struttura circolare, spaventosa e bellissima, costruita meticolosamente e attentissima a mantenere in chi guarda l’illusione di potersi fidare delle proprie percezioni, attribuendo un senso oggettivo e soggettivo a quello che vede.