Alien: la cupa creazione della colonna sonora

Alien, capolavoro e fautore di un intero genere cinematografico, non riserva un’atmosfera cupa solo nel suo soggetto, ma anche nelle vicende che ruotano attorno alla colonna sonora realizzata dal grande Maestro Jerry Goldsmith, per nulla estraneo al genere sci-fi. Nonostante il clima creato dalla musica presente nel film – ma anche dalla sua occasionale assenza, che fa rimbombare il silenzio dello spazio, come poi avvenne in Gravity – che non lascia temi memorabili, ma funziona con la maestria visionaria di Alien, il compositore aveva in mente una colonna sonora ben più varia e complessa. Goldsmith aveva pensato sostanzialmente alla commistione di due stili: uno orchestrale e tardo romantico, l’altro più innovativo, sperimentale e atonale, quasi a impersonare una sorta di “dicotomia del mistero”. Il primo stile, nella visione di Goldsmith, voleva rappresentare il grande universo sconosciuto, che lui associava a un’aria di romanticismo legata alle esplorazioni e alle conquiste dell’uomo; l’idea era inizialmente confluita in un lirico e maestoso main theme che, con una tromba solista, si allargava alla sezione d’archi, per poi riecheggiare in un misterioso motivo di due note. Insomma, un inizio dotato di una vasta visione poetica del cosmo, che avrebbe poi, pian piano, sconvolto lo spettatore durante il corso degli eventi. Peccato che, però, nella versione finale del film, la predominanza di questa visione musicale sia stata tagliata.

Ecco cosa è successo: il regista Ridley Scott e il montatore Terry Rawlings avevano già disposto delle temp tracks per dare l’ispirazione che desideravano a Jerry Goldsmith, utilizzando anche dei frammenti della sua colonna sonora per Freud – Passioni segrete; già contrario a questo metodo, Goldsmith si vide anche tagliare la predominanza di questo tema a favore di sprazzi di musica più brevi e taglienti, nell’ottica del secondo stile avveniristico pensato dal compositore. Seguendo questa linea, Goldsmith si avvalse di una sofisticata ricerca timbrica, utilizzando in Alien degli strumenti etnici, come i tamburi d’acciaio, la shankha indiana (una conchiglia usata come strumento), lo shofar, il serpentone e un didjeridoo australiano (tutti a fiato), insieme con l’echoplex, un dispositivo elettronico che fa echeggiare a lungo i suoni, dando un senso di vastità all’ambiente. Insieme, la texture era percepita da Goldsmith come un “effetto alieno”. Il compositore giocò con l’atonalità, la dissonanza e le tecniche aleatorie, nascondendo spesso il fraseggio melodico per dare un senso di oscuro mistero, per rendere la tensione, la claustrofobia e l’atmosfera, evitando di esporre una vera e propria musica d’azione, se non con ottoni gravi e percussioni. La colonna sonora di Alien, quindi, per volontà del regista, si presenta sparsa e misurata e si propaga in modo snervante e meccanico, come si può già sentire in Face Hugger:

Fare un’analisi delle tracce della colonna sonora non può però rendere l’idea di come sia la musica in Alien: questo perché Ridley Scott e Terry Rawlings, durante il montaggio, hanno completamente frammentato (per non dire ‘fatto a pezzi’), mescolato, modificato e spostato i pezzi composti da Jerry Goldsmith, integrandoli con le temp tracks di Freud, nonostante al compositore fosse stato già imposto di cambiare diverse volte i brani preparati (Goldsmith lamentò di aver impiegato un giorno per scrivere il maestoso main theme, mentre quello voluto dal regista era una “musica scritta in cinque minuti”). Solo una traccia, “To Sleep”, è rimasta per intero e nelle scene per cui il compositore l’aveva predisposta. Anche durante i titoli di coda, dove era rimasta l’ultima possibilità di salvare il main theme, proponendolo per intero, Rawlings lo combinò all’affine Sinfonia n. 2, la Romantica, di Howard Hanson. Jerry Goldsmith ha riconosciuto il talento visionario di Scott come regista, ma anche la sua (allora) inesperienza con la musica per il cinema e i suoi scopi, ma si è comunque trovato nella situazione di dovergli dire che «lavorare ad Alien è stata una delle più spiacevoli esperienze che abbia mai avuto in questa professione». Probabilmente Goldsmith volle dare una seconda chance a Scott e Rawlings, tornando a lavorare con loro, nel 1985, per Legend… e vide sostituita completamente la sua colonna sonora all’uscita della versione americana del film.

Il compositore ha avuto una sorta di rivincita con la pubblicazione, nel 2007, da parte di Intrada Records, di tutti i brani composti originariamente per Alien, nel loro rispettivo ordine, che propongono un ascolto completo e appagante della “dicotomia del mistero”. Anche nelle attuali versioni home video possiamo vedere Alien sia nella versione finale, sia isolando la colonna sonora come pensata da Goldsmith. Tra i brani pubblicati nel 2007, è possibile ascoltare le versioni estese dei titoli di coda e di “The Landing”, considerato tra i migliori dell’intera carriera di Jerry Goldsmith:

Alien ci dimostra quindi quanto venga reputata necessaria, ancora oggi, la collaborazione tra il regista, il montatore e il compositore, per realizzare un lavoro completo e preciso sotto ogni suo aspetto; non ci sono dubbi sul fatto che la musica che sentiamo nel film sia comunque adatta all’atmosfera, ma il mostro di Frankenstein assemblato da Scott e Rawlings è solo un’ombra distorta, rispetto alle ombre alienanti pensate da un Maestro che sa come gestire ogni sfumatura di musica, dalla più romantica alla più dissonante.

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