Una giusta causa: recensione del film con Felicity Jones

Mimi Leder porta al cinema con Un giusta causa la storia di Ruth Bader Ginsburg, interpretata dalla candidata all'Oscar Felicity Jones. Ecco la recensione

Pochissime personalità sono state più importanti per le donne di Ruth Bader Ginsburg, pochissime hanno lottato con tanto ardore, determinazione ed efficacia nel difendere i diritti delle donne e non solo, nell’ergersi a simbolo di giustizia, uguaglianza e verità. Sull’incredibile vita della magistrata newyorkese, una delle sole quattro donne a essere entrata a far parte della Corte Suprema degli Stati Uniti, la regista Mimi Leder (quella di Deep Impact, The Code e Un Sogno per Domani) ha tratto Una Giusta Causa (oggettivamente un’orrenda traduzione italiana dell’originale On the Basis of Sex) con la lanciatissima Felicity Jones nei panni della battagliera principessa del foro.

Sceneggiato da Daniel Stiepleman (nipote della Ginsburg), Una Giusta Causa sceglie di dare molto risalto alla vita privata della protagonista, a mostrarne l’enorme elenco di piccole e grandi umiliazioni che altro non fecero che gettare benzina sul fuoco dell’anima di una ragazza, una donna, decisa a prendersi ciò che le spettava di diritto: la possibilità di avere le stesse chance dei colleghi maschi di inseguire quella felicità e realizzazione personale che i vertici della società americana di quegli anni, bigotti e reazionari, si ostinavano a negare in modo anacronistico.

A fare da contraltare al personaggio della Jones, al suo essere sopra le righe, c’è un Armie Hammer complice, charmant e perfetto esempio di marito rispettoso e solidale, per quanto oggettivamente l’ex divo di Chiamami col Tuo Nome cominci a trovarsi un po’ relegato in ruoli da gentleman d’altri tempi, una sorta di Cary Grant un po’ fuori tempo massimo. Tuttavia sia lui che il resto del cast, formato da Justin Theroux, Sam Waterson, Kathy Bates e Jak Reynor, sono perfetti nel regalarci un’immagine realistica delle donne e  degli uomini di quell’America della contestazione, in bilico tra futuro e passato.

Una giusta causa Cinematographe.it

Una giusta causa: l’interpretazione di Felicity Jones

Su tutto e tutti però si erge lei, Felicity Jones, che guida Una Giusta Causa con un’interpretazione forte, appassionata, facendo della sua Ginsburg tutto tranne che un personaggio perfetto o angelico, anzi, in diversi momenti la si vede cedere o eccedere, presa da uno scoramento comprensibile verso una gabbia invisibile che costringeva lei e le donne del suo tempo a sottostare a diktat assolutamente fuori da ogni logica.

Film di un’altra epoca per ciò che riguarda la regia classica ed efficace della Leder, ha però il difetto di calcare troppo la mano su una retorica di maniera alquanto eccessiva, culminata in un monologo finale che per quanto appassionato, non fa che sottolineare i difetti concettuali di un film che anche dal punto di vista visivo è troppo autocelebrativo.

La fotografia di Micheal Grady infatti è sovente troppo patinata e morbida, troppo pulita per un racconto che dovrebbe celebrare l’adamantina determinazione di una spartana del foro, in un’America troppo legata ad abiti firmati, luci plasticate e pettinature perfette.

Una giusta causa - Cinematographe.it

Una giusta causa: il messaggio femminista di Ruth Bader Ginsburg

Film pieno di vitalità e di buone intenzioni, Una Giusta Causa non fa il salto di qualità che serve, rimane troppo legato all’agiografia rinunciando a essere un vero biopic, per quanto sia lodevole l’intento di parlare più della donna in certi frangenti che del magistrato, dell’avvocatessa che cambiò per sempre la storia delle donne d’America.

Ma si può perseguire sia l’una che l’altra strada, il cinema lo ha mostrato più volte, non è necessario scegliere tra le due, e qui risiede l’errore principale di un film che può e deve essere apprezzato per la bontà del messaggio, l’importanza della tematica e l’ottima prova del cast.

Tuttavia, lo si vuole ripetere, merita di essere visto e farà conoscere al pubblico italiano una nobile e importantissima figura del vero femminismo, quello audace, senza mezze misure, realista e fatto di stoica volontà e non di quel “radical chicchismo” ipocrita che sovente nei nostri giorni fa più male che bene alle donne.

Ottima la colonna sonora dell’esperto Mychael Danna, che sovente risolleva e valorizza l’atmosfera di un film capace comunque di regalare grandi momenti di vibrante intensità.

Una giusta causa arriva nei nostri cinema il 28 marzo 2019.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3.5
Emozione - 3

3