Un giorno e mezzo: recensione del film Netflix di e con Fares Fares

La recensione dell’opera prima dell’attore libanese naturalizzato svedese, che porta sugli schermi di Netflix dal 1° settembre 2023 una storia ispirata a fatti realmente accaduti.

Lo abbiamo conosciuto grazie a serie di grandissimo successo come Westworld e Chernobyl, ma anche a film del calibro di Child 44 o La cospirazione del Cairo. Stiamo parlando di Fares Fares, l’attore libanese di origine assira che ha lasciato Beirut quando aveva 14 anni a causa della guerra, rifugiandosi in Svezia con l’intera famiglia. Ed è lì  e da lì che negli anni si è costruito tassello dopo tassello una carriera di tutto rispetto nel mondo della recitazione, collaborando con importanti cineasti e colleghi del panorama nazionale e internazionale. Una carriera, la sua, che ha di recente avuto una significativa svolta con la decisione di passare dietro la macchina da presa e firmare la regia di Un giorno e mezzo, distribuito da Netflix dal 1° settembre 2023. Qui lo vediamo sdoppiarsi per dirigere il film e interpretare uno dei personaggi principali, quello dell’ufficiale di polizia Lukas preso in ostaggio da un uomo di nome Artan che spinto dal desiderio di ricongiungersi con la figlia sequestra lei e l’ex moglie Louise, per poi affrontare con tutti loro un viaggio in auto che li li porterà ad attraversare la campagna svedese durante una calda estate con la polizia alle calcagna.

Un dramma dalle venature thriller on the road che promette e offre con lo scorrere dei minuti e dei km un vortice di emozioni cangianti

Un giorno e mezzo cinematographe.it

Dopo una tesissima parte iniziale ambientata nella sala d’aspetto della clinica dove lavora la donna, che per analogie riporta alla mente John Q di Nick Cassavetes, l’azione della restante fetta di timeline si sposta sulle strade e sulle quattro ruote per dare vita a un dramma dalle venature thriller on the road che promette e offre con lo scorrere dei minuti e dei km un vortice di emozioni cangianti allo spettatore di turno. Queste sono le gocce di carburante che alimentano la pellicola che Fares, con la complicità in fase di scrittura di Peter Smirnakos, ha tratto da fatti realmente accaduti, ma non a un caso in particolare, bensì ispirandosi ad alcune terribili controversie sull’affidamento che si verificano in tutto il mondo. Il ché garantisce al plot e alle figure che lo animano un livello medio-alto di realismo e credibilità rispetto alle dinamiche che si vengono a creare dentro e fuori dall’abitacolo della macchina che condurrà personaggi e il pubblico dal punto A al punto Z, dove quest’ultimo avrà il suo epilogo. Nel mezzo un sali e scendi di tensione che tocca in più di un frangente dei picchi febbrili, come ad esempio nella scena dello scontro fisico e dialettico nel garage di casa dei genitori di Louise, al quale seguiranno una successione si scosse di assestamento sempre più forti che accompagneranno il fruitore sino all’epilogo.

Le performance attoriali e la costruzione della tensione sono i valori aggiunti di Un giorno e mezzo

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La tensione è dunque l’elemento sul quale fa leva Fares per dare una spinta propulsiva al suo film d’esordio, un film che non passerà di certo alle cronache, ma che dimostra una certa compattezza strutturale tanto dal punto di vista della scrittura quanto della messa in quadro. Su entrambi i fronti l’autore dimostra sicurezza e mano ferma, optando per una regia e una scrittura classiche e lineari, completamente al servizio della storia e dei personaggi, con questi che a loro volta acquistano forza, spessore ed emotività grazie alle performance dello stesso Fares e di due colleghi molto affidabile come Alexej Mavelov e Alma Pöysti. Anche le interpretazioni dei due co-protagonisti sono un valore aggiunto dell’opera, con la scena finale che ne è la dimostrazione tangibile. Il tutto contribuisce a donare sostanza a una vicenda intima che nel suo palpitante cuore narrativo e drammaturgico trova il modo di parlare di perdita, tradimenti, amore, pregiudizio e famiglia, con estrema semplicità e senza mai scivolare in stereotipi e luoghi comuni.   

Un giorno e mezzo: valutazione e conclusione

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Per il suo esordio dietro la macchina da presa, l’attore libanese naturalizzato svedese Fares Fares porta sullo schermo un dramma umano dalle venature thriller ispirato a fatti realmente accaduti. Il risultato è un film che si alimenta di tensione ed emozioni cangianti che toccano strada facendo picchi molto alti. Il neo regista dirige con mano sicura un’opera tecnicamente classica e lineare, con l’autore che si sdoppia per interpretare anche uno dei ruoli principali al fianco di colleghi affidabili come Alexej Mavelov e Alma Pöysti. Le performance attoriali sono l’altro valore aggiunto di una pellicola che non passera di certo alle cronache, ma che lascerà una scia emotiva in chi deciderà di vederla.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 4.5
Sonoro - 3
Emozione - 4.5

3.5

Tags: Netflix