Un dollaro d’onore: recensione del film di Howard Hawks

Recensione di Un dollaro d'onore (1959) di Howard Hawks, probabilmente il più grande western mai realizzato, al cui interno si cela un'anima patriottica elaborata in un racconto d'amicizia virile e redenzione; con John Wayne e Dean Martin.

Esistono pellicole capaci di superare la soglia del tempo, diventando automaticamente immortali, è il caso di Un dollaro d’onore (1959) di Howard Hawks con protagonisti John Wayne, Dean Martin, Walter Brennan, Ricky Nelson e Angie Dickinson, che a sessant’anni dal rilascio nelle sale cinematografiche può tranquillamente essere celebrato come uno dei più grandi (se non addirittura il più grande) western della storia del cinema mondiale tanto da essere ritenuto a oggi inferiore soltanto a Sentieri selvaggi (1956) di John Ford.

A differenza di Sentieri selvaggi che rielabora l’eterno e inflazionato conflitto tra cowboy e indiani in una dimensione di pura maestosità consegnando ai posteri l’epica di Ethan Edwards (interpretato da John Wayne) nella mitologica Monument Valley; Un dollaro d’onore procede invece verso una dimensione del conflitto più intima e cittadina, dove Rio Bravo diventa il contesto narrativo per procedere verso un inno all’amicizia virile in una fiaba di redenzione e onore.

Non solo perché Un dollaro d’onore (Rio Bravo titolo originale) ha segnato – assieme al susseguente Soldati a cavallo (1959) del sopracitato Ford – il dietrofront della scelta di John Wayne di appendere il cappello al chiodo per dedicarsi al cinema bellico dopo la chiusura perfetta di Sentieri selvaggi; ma anche per il peso specifico assunto negli anni dalla pellicola di Hawks.

Un dollaro d’onore, El Dorado, Rio Lobo… Hawks cita sé stesso?

La formula vincente del cinema d’assedio con un forte sottotesto emozionale alla base de Un dollaro d’onore infatti, è stata ripetuta più e più volte. La pellicola del 1959 ha infatti affrontato lo stesso destino de L’uomo che sapeva troppo (1934) di Alfred Hitchcock o di 1997: Fuga da New York (1981) di John Carpenter, ovvero far parte di quella categoria di film che sono stati oggetto di remake da parte dello stesso regista.

Proprio come L’uomo che sapeva troppo (1956) o il bistrattato Fuga da Los Angeles (1996) rispettivamente dei sopracitati Hitchcock e Carpenter, anche Un dollaro d’onore è stato rielaborato dal proprio regista e non una, ma ben due volte. El Dorado (1967) e Rio Lobo (1970) dello stesso Hawks infatti, sono il remake diretto e improprio di Un dollaro d’onore.

Nel caso di El Dorado siamo dinanzi a una pellicola dall’intreccio certamente più solido di Un dollaro d’onore, con Robert Mitchum nel ruolo che fu di Dean Martin e un giovane James Caan in quello di Ricky Nelson – a mancare però è quella magia che soltanto la pellicola del 1959 era in grado di dare. Discorso diverso invece per Rio Lobo una rievocazione dell’opera capostipite e non già di un effettivo remake – l’unica certezza è il ruolo di John Wayne in camicia azzurra, fazzoletto rosso e cappello a visiera.

 

Un dollaro d’onore – John Carpenter, Distretto 13 e 1997: Fuga da New York

Un dollaro d'onore cinematographe.it

L’amore del sopracitato Carpenter per il cinema di Howard Hawks era già chiaro da La cosa (1982) remake diretto de La cosa da un altro mondo (1951) dello stesso Hawks nonché aggiornamento del concept alle estetiche della fantascienza degli anni Ottanta. Ma per scoprirne le radici bisogna andare sino al 1976 e precisamente a Distretto 13 in cui Carpenter non solo modella la narrazione sulla base de Un dollaro d’onore, ma utilizza lo pseudonimo John T.Chance per accreditarsi come montatore.

Un dollaro d’onore per Carpenter rappresenta infatti il film ideale tanto da essere rievocato apertamente dal sopracitato Distretto 13 e Fantasmi da marte (2001), e nelle dinamiche “buddy” da Grosso guaio a chinatown (1985) e del sopracitato 1997: Fuga da New York che diventerà il “suo” Un dollaro d’onore in quanto rifatto quindici anni più tardi con Fuga da Los Angeles dal concept pressoché identico – proprio come El Dorado.

Un dollaro d’onore: la trama del film

Un dollaro d’onore racconta dello sceriffo John T. Chance (interpretato da John Wayne) alle prese con un gruppo di banditi capeggiati dal perfido Nathan Burdette (interpretato da John Russell), un ricco latifondista del luogo, che terrorizzano la cittadina di Rio Bravo.

Quando Chance arresta per omicidio Joe Burdette (interpretato da Claude Akins), il fratello di Nathan, iniziano un susseguirsi di minacce del fratello capo-banda.

Per contrastare la minaccia dei temibili Burdette, Chance improvviserà una squadra di soccorso assieme al vice-sceriffo ubriacone Dude (interpretato da Dean Martin), del vecchio vice-sceriffo sciancato Stumpy (interpretato da Walter Brennan), del giovane pistolero “Colorado” Ryan (interpretato da Ricky Nelson) e dell’affascinante giocatrice d’azzardo Feathers (interpretata da Angie Dickinson).

Un dollaro d’onore: il cuore d’oro di John Wayne e Dean Martin in quel di Rio Bravo

Un dollaro d'onore recensione howard hawks

La narrazione alla base di Un dollaro d’onore si muove così mediante l’edificazione di una struttura narrativa classica dall’andamento lineare, attraverso un ritmo sincopato, con cui Howard Hawks – tra momenti drammatici, comico-brillanti, romantici e musicali – porta in scena l’epopea del John T.Chance di Wayne attraverso una regia attenta in cui si nota da subito la mano autoriale di un maestro come Hawks, fatta di piani medi e piani americani con cui entrare in empatia con la squadra dei deboli e imperfetti di Rio Bravo.

La pellicola di Hawks muove tutta sui personaggi, sulle relazioni instauratesi e sull’evoluzione degli stessi; non è un caso che il punto di forza di Un dollaro d’onore sia la caratterizzazione dei personaggi in scena, tutti con una specifica debolezza, nessun impavido, con delle sfumature che però li rendono indimenticabili.

A partire dal vice-sceriffo Dude, il “Borrachon” di Dean Martin, ferito d’amore, alcolizzato, il cui arco narrativo di redenzione è una di quelle cose che fanno bene al cinema; o allo Stumpy del tre volte Premio Oscar Walter Brennan, anziano, malconcio, scorbutico, ma pronto a tutto per il bene della causa. Fino allo sceriffo John T.Chance di John Wayne, generoso e senza macchia, ma “solo” contro una banda di criminali, con un debito d’onore e di riconoscenza verso Dude.

Se l’arco narrativo del Chance di John Wayne è pressoché immutato nel dipanarsi della pellicola –  essendo funzionale come sostegno per i personaggi imperfetti che gli gravitano intorno – lo stesso non può dirsi per lo stesso Dude di Martin, le cui debolezze vengono accantonate per poi riemergere nel corso della narrazione, per poi diventare finalmente un uomo completo.

Un dollaro d’onore: le canzoni del capolavoro western con John Wayne

A questi si aggiungono il Kid di Ricky Nelson – speculare di Dean Martin ma giovane e inesperto, e l’interesse amoroso di Chance – la Feathers di Angie Dickinson – che seppur relegata al “solito” ruolo da damigella da salvare, risulterà decisiva nel terzo atto muovendo Chance verso un riaprirsi alla vita.

Personaggi imperfetti quindi, difettati, deboli se soli ma forti e inarrestabili se uniti, che vedono nei Burdette la propria nemesi, tra terre rubate, alleati freddati e redenzioni personali. Il duello finale diventa così l’opportunità per la squadra di Chance di realizzarsi, trovando così il proprio compimento – a sottolineare l’aspetto umano alla base della narrazione. Un dollaro d’onore è infatti un’opera sull’amicizia dall’ambientazione western.

Un dollaro d’onore e Mezzogiorno di fuoco – due facce della stessa medaglia

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Un dollaro d’onore è la risposta di Howard Hawks allo scenario nichilistico e non-patriottico proposto da Mezzogiorno di fuoco di Fred Zinnernan (1952), dove se il Willy Kane di Gary Cooper non trovava aiuto da parte di nessuno all’interno della cittadina, trovandosi così in un assordante silenzio di paura contro la banda di Frank Miller, qui invece il John T.Chance di John Wayne ha il sostegno di tutta la città nella battaglia contro i Burdette.

Muovendosi così nell’ambiente narrativo di Un dollaro d’onore – la cittadina di Rio Bravo in fremente attesa della resa dei conti – esaltato dalla regia di un maestro come Hawks, che tra Il fiume rosso (1948) e Hatari! (1962) è riuscito a valorizzare il talento di John Wayne come nemmeno fu in grado di fare John Ford tra Ombre rosse (1939) e la Trilogia della Cavalleria (1948-1950) – mettendo in scena l’ideale patriottico americano in una favola comune di buoni contro cattivi.

Il forte sottotesto d’amicizia virile e degli ideali di onore, fedeltà e redenzione sopracitato infatti, permette a Un dollaro d’onore di andar contro agli “ideali traditi” da Mezzogiorno di fuoco dove l’aspetto eroico viene esaltato da un sottotesto alla base di egoismo e cinismo che evidentemente si confaceva alla visione cinematografica –  e di vita – di Zinnernann ma non di Hawks.

Un dollaro d’onore, probabilmente il più grande western mai realizzato

Un dollaro d'onore recensione howard hawks cinematographe.it

Sulle note di Rio Bravo ci accingiamo a tirare le somme su quello che probabilmente è il più grande western mai girato alla pari con Sentieri selvaggi di John Ford – ironicamente non da un regista specializzato nel genere come lo stesso Ford, ma da un rielaboratore di immaginari come Hawks. Il regista di Susanna (1938) è stato capace negli anni di aggiornare il suo cinema evolvendosi a sua volta, ma mantenendo sempre una propria impronta caratteristica dalla commedia sofisticata, al noir, passando per la fantascienza e proprio il western.

Non è un caso infatti che due dei più grandi western della storia del cinema siano firmati proprio da Hawks (e siano entrambi maturi e strepitosi) – l’altro è Il fiume rosso (1948), che a Ford piacque così tanto da commentare a proposito della performance di John Wayne come il mandriano Dunson: “Non avrei mai creduto che quel gran figlio di p*****a potesse recitare.”

Potremmo raccontare ancora dei tanti motivi sopracitati per cui Un dollaro d’onore è tra i più grandi film mai concepiti nella storia, ma ne basta appena uno: il frame del John T.Chance di Wayne che sta per accingersi ad affrontare i Burnett al gran completo. Telecamera posizionata ad altezza terreno, interno buio, Wayne che dà le spalle alla cinepresa e si dirige verso il conflitto. La messa in scena ricorda la poetica e perfetta sequenza conclusiva di Sentieri selvaggi di John Ford sulle note di The sons of the pioneers.

A differenza dell’Ethan Edwards di Sentieri selvaggi che sta per uscire di scena camminando verso l’orizzonte, il John T.Chance di Un dollaro d’onore “sta rientrando” dirigendosi verso il conflitto e verso la risoluzione dello stesso, assieme alla sua squadra di deboli e imperfetti di Rio Bravo; come lo stesso Wayne il cui ritorno al cinema western verrà di lì a poco premiato con l’Oscar al miglior attore protagonista per il ruolo di Rooster Cogburn ne Il Grinta (1968).

Regia - 5
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 5
Recitazione - 5
Sonoro - 5
Emozione - 5

5