Sulle ali dell’onore – recensione del film di J.D. Dillard
A metà strada tra Dove osano le aquile e Top Gun, J. D. Dillard rimuove tutto ciò che è estetismo patinato, brillante e cool di moltissimi war movies, lavorando sui silenzi, la costruzione dell’inquadratura, il rimosso e il sottotesto. Sulle ali dell’onore risponde dunque ad un’idea di cinema fortemente adulta, riflessiva, virile e a servizio di una piccola – ma grande – storia, quella di Jesse Brown che pur convincendo per qualità di scrittura e regia, rischia di non riuscire mai realmente a spiccare il volo.
Nel 2018 due film sulla medesima tematica raggiungono le prime fasi di produzione, destinati al raggiungimento di due obiettivi – ormai è possibile dirlo – decisamente opposti: il primo, Top Gun: Maverick, salvare il botteghino e dunque le tasche dell’industria Hollywoodiana. Mentre il secondo, Sulle ali dell’onore, offrire al pubblico di piattaforma un’alternativa certamente valida – e casalinga – a quel titolo univocamente osannato e forte di una spettacolarità ulteriormente esaltata dal potere della sala.
Laddove Top Gun: Maverick può – e deve – contare sulla forza dell’effettistica, Sulle ali dell’onore sembra scegliere invece di puntare tutto sul minimalismo estetico, che non corrisponde ad un impoverimento stilistico, piuttosto ad una precisa scelta autoriale capace di lavorare sulla costruzione dell’inquadratura, del dialogo scarno e del carattere drammatico di una narrazione che non potrebbe in nessun caso essere qualcosa di differente. Non vi è leggerezza, piuttosto cupezza. Non vi è entusiasmo, piuttosto rassegnazione. Un cinema di realtà e non di immaginazione.
Chiaramente Sulle ali dell’onore risponde e appartiene ad un circuito cinematografico indipendente che non poggia le sue basi su di una produzione da blockbuster, piuttosto contenuta, perfino esordiente, dimostrando inevitabilmente una grande volontà autoriale che non si ferma dinanzi ad una importante limitazione di budget, proseguendo fino in fondo e realizzando un film dai moltissimi meriti.
Amicizia, discriminazione e ineluttabilità della morte
A differenza di Top Gun: Maverick, il film di J. D. Dillard si focalizza sulla possibile esistenza di una grande amicizia tra due piloti, Jesse Brown (Jonathan Majors) e Tom Hudner (Glen Powell) seppur minata e tormentata dalle ombre minacciose e gelide della seconda guerra mondiale, così come dai tumulti sotterranei eppure concreti di una discriminazione razziale feroce e spietata.
Non vi è alcun desiderio di osservare dinamiche machiste cosparse di olio abbronzante e messe in luce da una scelta estetica profondamente cool, piuttosto una precisa idea di cinema che risponde alla volontà autoriale di Dillard rispetto ad una profonda immersione crepuscolare tra le anime e le umanità, ciascuna differente dall’altra, dei piloti che Sulle ali dell’onore racconta e mostra.
Mettendo in luce tutte quelle che sono le debolezze, le fragilità e le paure, scansando l’ideale eroico e superomistico del pilota che due film come Dove osano le aquile e Top Gun preferiscono di gran lunga, aderendo ad una ricerca cinematografica nient’affatto drammatica, e pur sempre spettacolare così come di grande intrattenimento.
Se è vero che Sulle ali dell’onore non vanta un comparto effettistico di grande rilevanza, è altrettanto vero che il film preferisce concentrarsi di gran lunga sulla costruzione di una sceneggiatura estremamente solida, seppur composta di dialoghi eternamente scarni, che non vogliono in nessun modo apparire superficiali o consapevoli di non aver niente di importante da dire, piuttosto alla ricerca di una maturità e di un realismo assolutamente invidiabili.
La questione dell’aderenza alla realtà dei fatti accaduti non mina in alcun modo il discorso registico e di intrattenimento che il film porta avanti, ed il rischio di avvicinarsi ai prodotti documentaristici viene fin da subito messo da parte.
Queste perché Dillard focalizzandosi sul racconto di un’amicizia sospettosa, attenta e inevitabilmente minata dal carattere gelido, temibile e ineluttabile della guerra e poi della morte rende chiaro fin da subito ciò che il film di fatto è. Ossia, non tanto un film sulla guerra, piuttosto sul come quest’ultima è stata capace – e poi incapace – di annullare il sentimento umano e il legame tra gli uomini.
Conclusione e Valutazioni di Sulle ali dell’onore
Il film di J. D. Dillard pur vantando una scrittura decisamente matura, solida e dalla grande cura, ad opera del duo Jake Crane/Jonathan A. Stewart, così come una regia di merito al servizio di due ottime interpretazioni, e c’è da dire che qui Jonathan Majors è davvero al suo meglio, non riesce mai realmente a spiccare il volo, restando continuamente in sospeso, e in qualche modo indeciso rispetto alla propria natura di genere e di racconto.
Un film cupo, privo di grandi momenti e di catarsi, e talmente pregno di un prolungamento drammatico d’una sofferenza inevitabile osservata con sguardo sorprendentemente distaccato e al di sopra delle parti, da ricordare quello del Dunkirk di Christopher Nolan, certamente più solido ed imponente.
Quella di J. D. Dillard è un’interessante idea di cinema americano e niente affatto hollywoodiano, che siamo curiosi di osservare nel corso della sua evoluzione.
Sulle ali dell’onore è disponibile sul catalogo di Amazon Prime Video e in Home Video.