Venezia 78 – Qui rido io: recensione del film con Toni Servillo

Il mito di Eduardo Scarpetta e della sua celebre compagnia Scarpetta-De Filippo rivive nel nuovo film di Mario Martone, Qui rido io.

Mario Martone, dopo Il sindaco del rione sanità, continua la sua personale esplorazione della cultura teatrale partenopea attraverso la lente del cinema. Con Qui rido io, film in concorso al Festival del cinema di Venezia 2021, Martone mette in scena la personalità dirompente del celebre Eduardo Scarpetta, il più importante attore comico e autore commediografo del teatro napoletano tra la fine dell’800 e l’inizio del ‘900, in un momento particolare della sua vita, quando la sua longeva carriera è sul viale del tramonto. L’ingenuo e credulone Felice Sciosciammocca fu la maschera e l’alter ego in palcoscenico di Eduardo Scarpetta, colui che aveva soppiantato Pulcinella e che aveva il potere di raccontare la miseria facendo ridere, ma anche la sua fama avrebbe ceduto il passo di lì a poco ad un realismo meno macchiettistico. In scena c’è l’enorme vitalismo di un attore iconico e le sue contraddizioni di pater familias sui generis. Il film è prodotto da Indigo e Rai cinema e arriverà nelle sale cinematografiche dal 9 settembre.

Qui rido io: la trama

Qui rido io Cinematographe.it

Eduardo Scarpetta è un autore e artista amatissimo: fa ridere il suo pubblico e tanto basta. Le sue commedie sono perennemente sold out, ma la fama di una nuova tragedia del Vate Gabriele D’Annunzio cattura la sua attenzione facendo nascere in lui un senso di rivalsa. Con la voglia di primeggiare sull’autore abruzzese, Scarpetta decide di scrivere e mettere in scena Il figlio di Iorio, parodia della tragedia La figlia di Iorio. Questa scelta espone l’autore napoletano a molte critiche e la sua parodia si rivela un insuccesso, incrinando il rapporto fino ad allora idilliaco con il suo pubblico. La conseguente querelle, poi finta in tribunale, che contrapponeva la nuova generazioni di autori napoletani, che propendevano per un teatro più veritiero che portasse in scena il popolo, e la vecchia guardia più ancorata sulla comicità, logorerà Scarpetta che poi in seguito deciderà di ritirarsi dalle scene.

Il fermento di Napoli e il successo di Scarpetta

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Il film si apre con delle immagini di repertorio girate a Napoli dai Fratelli Lumiere nel 1897. Questa testimonianza cinematografica fa capire quanto Napoli a quell’epoca fosse un centro nevralgico per la cultura europea: c’era il teatro, la canzone e l’industria cinematografica si stava consolidando. Si respirava cultura in ogni vicolo. Scarpetta era uno dei personaggi di punta della cultura napoletana, un visionario e innovatore, padre del teatro moderno, ancora oggi autore rivisitato e messo in scena. Basti pensare a titoli evergreen come Miseria e nobiltàIl medico dei pazziNa santarella commedia che segnò il grande successo di Scarpetta e a cui l’autore fu così grato da intitolare la sua villa al Vomero La santarella, dove figura la scritta “qui rido io”. Come una commedia teatrale, il film è girato esclusivamente in interni, con un impianto solido e cristallino. La sceneggiatura si basa su una forte documentazione da parte degli autori Mario Martone e Ippolita De Majo, ma anche su particolari romanzati, come se quello che si vede in scena fosse un romanzo immaginario scritto da Eduardo De Filippo.

I tempi che cambiano e il nuovo che avanza

Come Pulcinella fu soppiantato da Felice Sciosciammocca, così il tempo di Scarpetta e del suo teatro dialettale, iniziò la sua caduta quando il varietà e il cinema iniziarono ad offrire un intrattenimento più vicino all’esigenza del pubblico. Interessante l’episodio giudiziario che vide coinvolto Scarpetta, in cui l’intero gruppo di nuovi autori napoletani si schierarono contro di lui come usurpatore della vera cultura letteraria Italiana. Solo Benedetto Croce fu solidale al comico napoletano, aprendo così la strada alla riflessione più approfondita sul diritto d’autore.

Il senso della famiglia per il capotribù Eduardo Scarpetta

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Si dice “la famiglia è sacra”, in qualche modo, sicuramente lontano dalla morale comune, lo era anche per Scarpetta. L’attore ebbe 9 figli, non tutti legittimati (come i tre De Filippo – Titina, Eduardo e Peppino, all’anagrafe Passarelli), ma cresciuti come fratelli, frequentando tutti Villa Scarpetta. Il rapporto con i suoi eredi fu con alcuni conflittuali, come con Vincenzo secondogenito a cui era affidata la vera eredità della compagnia a Peppino che in tarda età scrisse l’autobiografia Una famiglia difficile in cui non ebbe parole dolci per suo padre. Eduardo De Filippo invece non ebbe mai un giudizio castigante, ma anche in tarda età si limitò a definire il padre “un bravo attore”. Il tema della paternità negata aleggia in Qui rido io attraverso gli sguardi dei bambini in scena, attraverso i non detti, ma Scarpetta non è ritratto tanto un patriarca amorale (ebbe figli da quattro donne), piuttosto come un uomo che con la sua voglia di rivalsa e riscatto, con una profonda dedizione per l’arte in palcoscenico, riuscì a trasmettere ai figli l’amore per la risata e il teatro.

In fondo la visione dei personaggi femminili in questo film non è quello di individui sottomessi: le donne lavorano, studiano, praticano le discipline artistiche e soprattutto non stanno in un angolo. Tengono testa a Scarpetta come a cercare di domare una personalità troppo forte. Addirittura Rosa, unica moglie di Scarpetta, chiarisce che è a conoscenza di tutti i figli di avuti dal marito con le sue parenti. A Villa Scarpetta però non esiste lo scuorno (vergogna), affermando il volere di una donna che oltrepassa il giudizio della morale comune per superarla e accettare una famiglia allargata.

Qui rido io: la grande interpretazione di Toni Servillo

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Per Toni Servillo, Eduardo Scarpetta è un animale, un predatore di donne, fama, consensi, risate. È chiaro che l’occasione ghiotta di interpretare un personaggio che celebra la vita attraverso la risata era troppo grande per l’attore partenopeo, che ne dà una ottima interpretazione. L’interpretazione è rigorosa, come il teatro vuole, ma anche sincera, lasciando trasparire il vacillamento di un attore che è sempre stato capocomico e quindi trascinatore. Al fianco di Servillo uno stuolo di attori di grande bravura a partire da Maria Nazionale, Cristiana Dell’Anna, Antonia Truppo, Eduardo Scarpetta (pronipote di Eduardo Scarpetta) Gianfelice Imparato e Iaia Forte.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3
Recitazione - 4
Sonoro - 4
Emozione - 4

3.8