Little Evil: recensione del film Netflix con Adam Scott

La recensione di Little Evil, una commedia horror Netflix in cui Adam Scott si ritroverà a fare da padre adottivo al figlio di Satana.

Stare al passo con le numerose uscite del catalogo Netflix non è cosa facile e si corre spesso il rischio di perdersi qualche titolo, specie quando non si parla di serie tv. Nelle menti della maggior parte delle persone, Netflix è infatti ormai diventato sinonimo di serie televisive di qualità (almeno per quanto riguarda i titoli più conosciuti) perciò si tende a dimenticare che, soprattutto negli ultimi anni, vari film originali sono stati aggiunti al suo catalogo. Il caso più noto è sicuramente quello di Okja (2017), già in concorso al festival di Cannes tra varie polemiche, ma i prodotti che vengono via via aggiunti sulla piattaforma sono quantomeno variegati. Disponibile dal primo Settembre, ultimo della lista è Little Evil, una commedia horror per la regia di Eli Craig, già noto e apprezzato per il suo primo film Tucker and Dale vs. Evil (2010), altra commedia horror di culto che ha debuttato al Sundance Film Festival in quello stesso anno.  

Little Evil: recensione del film con Adam Scott

Per molti sposare la donna perfetta equivale alla realizzazione di tutti i propri sogni e, per questo, Gary (Adam Scott) non fa davvero eccezione. Dopo aver conosciuto Samantha (Evangeline Lilly) e aver passato del tempo con lei, Gary sa di aver trovato la donna giusta perciò non può far altro che acconsentire a quel matrimonio che, è sicuro, metterà per sempre la parola fine alla sua ricerca della felicità. In tutto questo però il nostro protagonista non ha fatto i conti con Lucas (Owen Atlas), il figlio non ancora seienne di Samantha, o meglio, ha dato per scontato che improvvisarsi padre potesse essere una cosa da niente. Ma Lucas non è come gli altri bambini. Eccezionalmente serioso se non a tratti inquietante, ogni volta che Gary si trova vicino al bambino sarà preda di bizzarre situazioni che lo porteranno presto a credere che Lucas sia davvero il figlio nascosto di Satana.

Little Evil è una commedia horror piacevole con alcun battute che colpiscono il segno e personaggi assai godibili che però si perdono in una sceneggiatura che vuole mettere sul tavolo più carte di quante in realtà riesca a giocare

Little Evil: recensione del film con Adam Scott

Che Little Evil non sia un film particolarmente coraggioso lo si capisce fin dalla prima scena. Catapultando lo spettatore nel bel mezzo dell’azione, il regista decide di non prendersi rischi e di mostrare fin da subito l’episodio spartiacque dell’intero film: Samantha che corre disperata fuori casa sotto un temporale per trovare Gary sepolto vivo dal figlioletto nel giardino sul retro il cui primo pensiero, appena liberato, sarà quello di chiedere prontamente il divorzio. Come logico, un tale inizio in medias res richiede necessariamente un flashback che lo segua e così ci ritroviamo ad assistere a tutto quello che è successo a una settimana dall’incidente. Se la prima impressione è che, in questo film, le cose succedano un po’ troppo in fretta, il resto della pellicola difficilmente riuscirà a far cambiare idea spingendo non solo sull’acceleratore ma aggiungendo anche molta, se non troppa, carne al fuoco.

Concepito come un film parodico, Little Evil si prende gioco con leggerezza sia del topos cinematografico dei figli iper pestiferi che del film dell’orrore tout court. Come abbiamo già detto, Craig non è nuovo al genere della commedia horror e se con il suo primo film era riuscito a creare un prodotto vincente che sapesse ben mescolare i due ingredienti a formare un risultato pienamente godibile, con questo suo nuovo film si vede che le frecce al suo arco hanno ormai cominciato a scarseggiare e che la sceneggiatura finisce per appoggiarsi a lustri del passato. Tutto sommato, quei momenti che riescono a strappare un sorriso convinto e talvolta una risata non mancano rendendo il film una pellicola indubbiamente piacevole da guardare per un’ora e mezzo di svago in cui si è deciso di mettere a riposo anche lo spirito critico.

Little Evil: recensione del film con Adam Scott

Little Evil è quel film che non ti aspetti, che ti prepari a disprezzare con forza e a guardare a ciglio alzato ma che alla fine ti conquista un poco e ti fa dire che, comunque, potrebbe esserne valsa la pena

La sceneggiatura è indubbiamente il cavallo di battaglia del film, o almeno avrebbe dovuto esserlo nelle intenzioni del regista e sceneggiatore. Il più grande difetto è quello di affrettarsi verso quell’evento che riesca a capovolgere quel rapporto padre adottivo-figlio assai conflittuale che dava però la cifra stilistica alla prima metà del film per trasformarlo in un idillio famigliare di accettazione reciproca che permetta poi di giungere allo scioglimento finale ampiamente prevedibile. Inoltre, per qualche battuta che funziona a dovere ce ne sono purtroppo altrettante che lasciano tiepidi, nonostante se ne intuiscano le buone intenzioni, aprendo ad alcune scene che talvolta risultano più trash che parodiche. Dalla loro, i personaggi funzionano piuttosto bene – Gary su tutti – con l’unica eccezione di Samantha, la cui scrittura piuttosto superficiale e forse troppo spiccatamente stereotipata rende difficile persino alla buona recitazione di Evangeline Lilly di salvare il salvabile.

Tutto sommato, Little Evil è un film piacevole; un film che conosce i suoi limiti e non si presenta mai per quello che non è. Nonostante quei difetti di cui è disseminata la pellicola a fine visione si resta sorpresi per il prodotto complessivo, specie se ci si era avvicinati a questo con più pregiudizio che condiscendenza.  

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 3.5
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.5

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