Il Maestro: recensione del film da Venezia 82

Il Maestro è un film che emoziona senza artifici, capace di alternare leggerezza e dolore con grande naturalezza

Un campo da tennis come teatro di vita, un’estate che si fa spartiacque, un passaggio silenzioso dall’infanzia all’adolescenza. Il Maestro, presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia 2025, è l’ultimo lavoro di Andrea Di Stefano, scritto insieme a Ludovica Rampoldi e interpretato da Pierfrancesco Favino (che consolida il sodalizio con il regista dopo il successo de L’ultima notte di Amore) e dal giovane Tiziano Menichelli. Un’opera che catapulta il pubblico negli Ottanta, in un’epoca in cui il tennis in Italia oscillava tra mito e frustrazione: da un lato la gloria mancata di Panatta e Barazzutti, dall’altro la febbre popolare per uno sport che prometteva disciplina e successo. In questo scenario si innesta la vicenda di un adolescente caricato di aspettative e di un uomo incapace di reggere la propria eredità. La fotografia di Matteo Cocco cattura la luce calda e malinconica delle coste italiane, il montaggio di Giogiò Franchini costruisce un ritmo che alterna cadute e rinascite, mentre le musiche di Bartosz Szpak sottolineano l’ironia e il dolore di un percorso condiviso. Nel cast anche Giovanni Ludeno, Dora Romano, Valentina Bellè, Astrid Meloni ed Edwige Fenech. Una produzione Indigo Film e Indiana Production, sostenuta da Vision Distribution e Sky, che intreccia racconto sportivo e formazione emotiva.

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Chi è davvero il maestro?

Il Maestro cinematographe.it

Felice ha tredici anni e un peso troppo grande sulle spalle: quello delle ambizioni paterne. Dopo anni di allenamenti e sacrifici, arriva il momento decisivo, i tornei nazionali. Il padre, incapace di ascoltarlo come figlio ma vedendolo unicamente come un progetto da perfezionare, lo affida a Raul Gatti (Pierfrancesco Favino), ex tennista che ostenta un passato glorioso ma vive tra bugie e fallimenti. Da qui nasce un viaggio lungo la costa adriatica: di torneo in torneo, una sconfitta dopo l’altra, tra incontri formativi, attimi di libertà che illuminano un’estate inattesa ma necessaria. Tra Raul e Felice cresce un legame imprevisto, fatto di scontri e confidenze, fino a ridefinire il significato stesso di “maestro”.

Sotto la superficie sportiva, Il Maestro indaga la fragilità dei legami familiari e la ricerca di equilibrio emotivo. Il film parla di padri che non sanno esserlo e di figli costretti a sostenere il peso di intere genealogie. Il tennis diventa metafora di vita: ogni scambio di palla è uno sbalzo d’umore, il passaggio dai regionali ai nazionali corrisponde al passo verso l’età adulta. Raul affronta i fantasmi che riaffiorano lentamente, mentre Felice sperimenta per la prima volta la possibilità di scegliere. L’uno è irresponsabile e sregolato, l’altro vittima del rigore paterno: opposti che si incontrano, si riconoscono e si insegnano a vicenda un diverso modo di stare al mondo. Chi è davvero il maestro? Probabilmente entrambi, perché entrambi lentamente comprendono come colmare un vuoto.

Il Maestro: valutazione e conclusione

Andrea Di Stefano cinematographe.it

Il Maestro è un film che emoziona senza artifici, capace di alternare leggerezza e dolore con grande naturalezza. Favino offre una delle sue interpretazioni più vulnerabili, restituendo a Raul la disperazione e la vitalità di un uomo a metà, mentre Tiziano Menichelli convince con una recitazione spontanea e incisiva. Alcuni personaggi secondari risultano macchiettistici, caricature forse volute ad amplificare il contrasto tra i due protagonisti. L’equilibrio evocato dal tennis – tra attacco e difesa, tra controllo e abbandono – diventa immagine della vita stessa, del bisogno costante di bilanciare desideri e limiti. È un’opera agrodolce, che fa ridere e piangere, che permette di empatizzare con due destini apparentemente lontani ma uniti dalla stessa ricerca di libertà. Un film di formazione, ma anche un film sul fallimento, sulla possibilità di rinascere e di trovare, almeno per un’estate, un maestro dall’altra parte della rete.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.4