Venezia 78 – Il buco: recensione del film di Michelangelo Frammartino

La Calabria continua ad essere la grande ispirazione della cinematografia di Michelangelo Frammartino, regista arrivato in concorso al Festival del cinema di Venezia 2021 con il suo terzo lungometraggio. Il buco è un film che si avvicina ad un’esperienza sensoriale, fatto di inquadrature fisse, prolungate e uno sguardo che cerca di entrare nella profondità della terra, sfruttando il naturale buio della sala cinematografica. A 11 anni di distanza Frammartino torna a raccontare il territorio calabrese e il suo popolo degli anni ’60, contrapponendo il boom industriale del Nord Italia al ritorno alle origini della terra che segnava all’epoca il Sud Italia. Un cinema quello di Frammartino che si allontana completamente dalle logiche commerciali e che fa della contemplazione della natura il punto focale. Il lungometraggio ha vinto il Premio speciale della Giuria di Venezia 78 e sarà distribuito nei cinema da Lucky Red a partire dal 23 settembre 2021.

Il buco: la trama del film di Michelangelo Frammartino

Il buco Cinematographe.it

Durante il boom economico degli anni ’60, l’edificio più alto d’Europa, il Pirellone, viene costruito a Milano, nel prospero nord Italia. Mentre l’industrializzazione prosegue ad altissima velocità, dall’altra estremità del paese, nell’agosto del 1961, un gruppo di giovani speleologi visita l’altopiano calabrese e il suo incontaminato entroterra, immergendosi nel sottosuolo di un Meridione che tutti stanno abbandonando per andare a cercare fortuna altrove. Viene scoperta così, con i suoi 700 metri di profondità, una delle grotte più profonde del mondo, l’Abisso del Bifurto dell’altopiano del Pollino, sotto lo sguardo di un vecchio pastore, unico testimone del territorio incontaminato.

Il Buco è un film contemplativo, che rifugge l’idea di intrattenimento

Il cinema di Michelangelo Frammartino non è semplice da fruire: la staticità dei quadri, la quasi totale assenza di dialoghi e il proseguire senza alcun tipo di accelerazione, possono essere elementi ostici per un pubblico che ama un cinema ad alto intrattenimento. Questa è una premessa necessaria per chi deciderà di andare a vedere ll buco film che racconta la comunità dell’altopiano del Pollino, massiccio dell’Appennino meridionale al confine tra Basilicata e Calabria, che svolge la propria vita e si rapporta con la natura. In particolare sono gli speleologi i protagonisti del film e il loro lavoro di scoperta dell’Abisso del Bifurto. Da un lato la squadra che si cala nel buio di questa frattura naturale, dall’altro un pastore che in superficie svolge la propria vita a pieno contatto con la natura. Il collegamento tra il sopra e il sotto, tra il verde dell’altopiano e il buio delle caverne diviene così metafora dello straordinario, come il cinema e il suo limitare tra il dentro e fuori la sala, tra buio e luce.

Gli unici suoni che sentirete sono quelli della natura

Non ci sono dei veri e propri dialoghi in Il buco: i suoni che si ascoltano sono quelli che escono da una tv che trasmette carosello, i versi della mucche che pascolano, le gocce che cadono dalle stalattiti, il suono di una pietra o di un foglio incendiato che viene gettato negli abissi della spaccatura della montagna. Il film sceglie un tipo di cinema naturalistico per ricreare l’atmosfera quasi mistica che ruota intorno a questa scoperta naturale. Una scelta quasi documentaristica, se non fosse per la ricostruzione degli anni ’60. Il film infatti si apre con un sol filmato d’archivio che mostra l’opera edilizia avveniristica milanese, contrapposta alla scelta di chi dalla modernità decideva di ritornare al sud per immergersi nei territori da cui per necessità era dovuto allontanarsi. In questo senso Il buco parla della nostra epoca, della spaccatura tra sud e nord Italia, ma anche nella scelta di aderire o meno al sistema socioeconomico in cui viviamo fin dagli anni ’50.

Il buco è un’operazione difficile, sicuramente coraggiosa, che richiede allo spettatore voglia di assaporare un prodotto cinematografico completamente diverso dal resto. Michelangelo Frammartino cerca con il suo film di riportare “alla luce” l’invisibile e raccontare un pezzo di storia d’Italia.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.5