LFF 2018 – Happy New Year, Colin Burstead: recensione

Pur non riuscendo a padroneggiare bene la settima arte in quanto mezzo Happy New Year sa divertire e stuzzicare la curiosità.

Le festività sono spesso un’occasione per riunire la famiglia, ma questo non è sempre un bene. A volte abitare lontani e non avere l’opportunità di confrontare le proprie idee con un genitore o un fratello può essere il segreto per restare in buoni rapporti. Almeno così la pensa Ben Wheatley che ha presentato al London Film Festival 2018 il suo nuovo film Happy New Year, Colin Burstead.

Dopo l’intrigante High Rise – La rivolta, Wheatley si concentra su una grande famiglia inglese che decide di passare il Capodanno in una lussuosa tenuta immersa nella campagna. Utilizzando perlopiù una telecamera a mano intima e dinamica, il regista segue i numerosi personaggi interpretati da un cast potente. Primo fra tutti Neil Maskell che ha già lavorato con il regista per l’horror Kill List. Egli è un uomo di mezza età stressato che decide di ospitare una grande festa di Capodanno per motivi ambigui e complessi. Invita la sua famiglia allargata in una casa presa in affitto per l’occasione e parla continuamente dell’importanza della condivisione, anche se la sua espressione non sembra entusiasta all’idea di passare del tempo con i suoi parenti.

Happy New Year, Colin Burstead: poche azioni e molti dialoghi nei film di Ben Wheatley

I suoi genitori, interpretati da Bill Paterson e Moon Mackinchan, non sono proprio due esempi da seguire. Il padre chiede a Colin dei soldi in prestito per qualche progetto commerciale destinato a fallire, mentre la madre, appena arrivata, inciampa sulla porta di casa e finisce sulla sedia a rotelle con una vena polemica e una personalità cinica che ci accompagna per tutto il film. Intorno altri personaggi più o meno interessanti, ma la pecora nera che arriva a sorpresa senza essere stato invitato direttamente da Colin è il fratello David, interpretato da un affascinante Sam Riley. Quest’ultimo porta con sé la nuova compagna, dopo aver divorziato da sua moglie, presente anche lei alla festa e visibilmente rubata dal suo arrivo. Tra la cucina dove fervono i preparativi per la serata, al salotto, fino all’ampio giardino esterno che circonda tutta la casa, i protagonisti si incontrano, confessando i propri segreti o cercando alleati per qualche piccola battaglia personale. L’occhio del regista sembra quello di un imbucato che va curiosando di stanza in stanza per scoprire i punti deboli di una famiglia apparentemente tradizionale.

Riprendendo la formula di film come The Party o Carnage, Ben Wheatley rinchiude i suoi personaggi in uno spazio limitato per lasciare agire solo i dialoghi, le parole e i sentimenti, nel bene e nel male. Happy New Year, Colin Burstead è uno di quei film che esiste solo per la sceneggiatura lineare e brillante, in grado di costruire gradualmente un’atmosfera scoppiettante di una imminente rovina. Non si definisce bene la direzione della storia, ma questa sorta di disorientamento narrativo trova il modo per ricongiungere i vari filoni ed emozionare lo spettatore. Impossibile non percepire l’identità profondamente british di questo dramma da camera quando il cinismo e un umorismo tagliente guidano i vari confronti verbali tra i personaggi.

Happy New Year, Colin Burstead diverte e stuzzica la curiosità, anche se la lunghezza è eccessiva e si perde in qualche ripetizione di troppo. Sembrerebbe più adatto al piccolo schermo o a teatro, e non riesce a dimostrare una piena padronanza del mezzo cinema.

Regia - 3
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2.5
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 2.5

2.5