Venezia 77 – Cari compagni!: recensione del film di Andrej Končalovskij

Andrei Končalovskij gira in un bianco e nero austero Cari compagni!, opera sulle rivolte operai sovietiche trasformato in dramma.

Quello di Andrej Končalovskij alla 77esima edizione della Mostra di Venezia è un film che si ispira al cinema di propaganda. Girato come un film di propaganda, con argomenti legati alla propaganda, reso visivo attraverso la messinscena austera del cinema di propaganda. Ma, a differenza del cinema di propaganda, è l’umano che va lentamente addentrandosi nella storia sceneggiata da Andrej Končalovskij dal titolo Cari compagni!, che mostra di intraprendere esattamente la strada opposta, uscendo fuori da quell’impianto chiuso e codificato per iniettarlo di un sentimento che è quello più umano e primordiale: l’attenzione verso i propri cari contro le ideologie e istruzioni del partito.

È negli anni dell’Unione Sovietica post Stalin che la narrazione di Cari compagni! si posiziona, per incentrare la propria camera sulla rigidezza delle restrizioni volute e assecondate dal partito, con l’aumento dei prezzi contro una percentuale minima di salari che non coincide con gli interessi del popolo, il quale è in grado ancora di mantenersi, ma ha paura della fame, condizionato da umori scontenti e sommosse lavorative, portate a mettere in atto i piani più rigidi. Segretezza e riservatezza si fanno così parole e protocolli a cui vengono sottoposti, indistintamente, tutti i potenziali nemici del partito, che pur di lottare e difendere i propri diritti porranno sotto rischio la loro vita.

Cari compagni! – La storia dello sciopero di Novočerkasskcari compagni!, cinematographe

In un quadro estetico particolarmente attento all’aria politica e sociale che permeava il periodo storico riprodotto, avvicinando il più possibile il ricordo di quel tempo alla realtà riproposta all’interno dello schermo, Cari compagni! rende con evidenza lo studio fatto da Končalovskij sugli anni del socialismo sovietico materiale documentaristico da maneggiare con minuzia di particolari, per trasporre un equivalente preciso ed evocativo dell’uso comune dell’Unione Sovietica anni Sessanta e utilizzare quelle immagini e sequenze cinematografiche a specchio di un accaduto passato. Scenografie e momenti di massa gestiti con analitica cura dal regista Končalovskij, tanto da riportare alla mente le fotografie di scioperi e ribellioni, luoghi di Stato e ufficiali in divisa di quelle annate e di un 1962 che vede l’evento di Novočerkassk, fatto da cui si avvale dell’ispirazione, prendere incredibilmente vita. E, così, è solamente il racconto in sé a farsi scarto con quello che sarebbe potuto essere un cinema del reale, ricordandosi dunque di appartenere ad un cinema di finzione, pur lasciando sempre molto sbiaditi i confini tra storia e invenzione.

Nella storia che appartiene a Cari compagni! è l’attrice Julia Vysotskaya che trasporta lo spettatore da ambi i lati di un regime che obbliga e punisce, reprime e condanna. Donna dell’alto comando del partito socialista, ma, anche, madre di una giovane figlia rivoluzionaria, è in questo conflitto che la protagonista dovrà cimentarsi, scontro che, nel personaggio e nell’espressione fisica e facciale della sua interprete, trova la sua primaria fonte di interlocuzione con il pubblico, sfruttando molto la compostezza pronta a esplodere su cui va basandosi l’intero sfogo emotivo del film.

La bellezza impenetrabile del film di Končalovskijcari compagni!, cinematographe

Ma, proprio come quella fissità tirata al massimo della Vysotskaya, in quel suo sfarsi nel corso dell’opera cercando di dimenarsi tra il ruolo che le viene richiesto di ricoprire e l’ansietà per il destino della figlia, la pellicola di Končalovskij si trattiene eccessivamente non permettendo a un’empatia minima di far accostare personaggio e spettatore, condizione probabilmente voluta dallo stesso regista, ma che impedisce a Cari compagni! di poter puntare anche sulla sfera del coinvolgimento personale. Se l’autocontrollo muove a favore di un’opera che colpisce proprio per la sua impeccabilità stilistica, in una formalità precisa e ammirevole per i suoi dettagli, è l’assenza di irrequietezza per la scomparsa di questa figlia che manca da suscitare nel pubblico, che sente di aver, così assistito a un’esperienza solamente parziale.

In un bianco e nero che contribuisce all’inflessibilità della presa di coscienza operaia, che si riversa contro il potere che predica il suo bene, ma agisce negli interessi di un contenimento e una morigeratezza imposti, a Cari compagni! viene concesso di respirare solamente sul suo finale, un epilogo che sembra fantasticare sul cinema della Hollywood classica anni Quaranta, per un film di una bellezza tale che rimane, però, alla sua apparenza, romanticizzando quando sta volgendo ormai alla sua chiusura che, per chi è costretto a partire, può costituire la speranza di un nuovo inizio.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2