TFF36 – Blaze: recensione del film di Ethan Hawke

Blaze è poesia. Un racconto cinematografico che parla di musica e del musicista Blaze Foley, una storia d'amore e di arte di grande bellezza.

Il blues molte volte racchiude poesia. Nelle note di una chitarra suonata ai piedi di una lampadina gialla, nelle parole che scivolano come fiumi e vanno ad incastrarsi tra loro creando una rete fatta di storie e leggende. Ed è così che viene raccontata da Ethan Hawke la parabola di Blaze Foley, come se un cantautore con il cappello da cowboy e la pelle rovinata la intonasse davanti ad un pubblico disinteressato e ubriaco.

Non una stella che illumina il proprio ego per poter splendere e vedersi poi spegnere: Blaze, il ritorno dopo anni di assenza alla macchina da presa dell’attore hollywoodiano, è una canzone che risuona dal passato con un amore e un’ispirazione tali da avvolgere in un torpore appassionato tutti coloro che sono disposti ad ascoltare, a vivere quei brani di un musicista che morì come era vissuto, seguendo il proprio istinto. Seguendo i propri dannosi, spirituali e invincibili ideali.

Blaze – Il racconto di una musa, di arte e di un grande amoreblaze cinematographe

È dalla musa di Blaze che il racconto vuole partire per poter poi lasciarsi abbracciare da quei brani registrati all’ombra di un angolo sporco di un locale dimenticato. Da quella “ragazza ebrea con i capelli strani” che entrò nella vita del cantante e la rese degna di testi pieni di significato. Un incontro, una convivenza, un matrimonio. Alternato il tutto tra il racconto della sua esistenza e il giorno della propria morte, proprio come una storiella che diventerà presto materiale per pezzi di artisti squinternati con cui si esibiranno sopra ad un palco.

È il destino degli strani che Ethan Hawke compone, prendendo spunto dal romanzo Living in the Woods in a Tree di Sybil Rosen. Quella Sybil Rosen che lo ha assistito durante la sceneggiatura. Quella Sybil Rosen che ha riempito la vita di Balze Foley e tutto il tormento delle sue canzoni, anche le più dolci, le più innamorate. Una sceneggiatura che sembra uscita nella maniera più naturale, che parla di un musicista come lui stesso parlava della sua arte: in modo diverso, originale. Ricercato, ma senza la presunzione di voler esserlo. Descrivere la musica in versi, con una suggestione da dare i brividi, tanto da far commuovere.

Blaze – Come le leggende possono continuare a vivereblaze cinematographe

Un’idea di sceneggiatura che si trasferisce tutta in un’idea di montaggio incredibilmente poetica a propria volta, che contribuisce a creare il mito del selvaggio Blaze dando, ad ogni fotogramma, un’accezione da percepire, un sentimento che si vuole restituire pieno e violento allo spettatore, anche quando si tratta di cantare dell’amore più privato. Così Jason Gourson stabilisce i contrasti e le assonanze, le divisioni e le connotazioni più intime e affini, con un montaggio che, da ulteriore linguaggio espressivo del cinema, riesce a restituire le emozioni di quella musica che rappresentava un’intera vita.

Un biopic da subire e ascoltare, che scalda come la fotografia curata da Steve Cosens e che restituisce la luminescenza del giardino dell’Eden in cui Blaze e Sybil pensavano di poter soggiornare per sempre, anche mentre calpestavano le strade asfaltate di Austin o Chicago. Ma è ogni volta il richiamo dei piaceri terreni e quel bisogno viscerale di condividere la propria musica che sospinge l’intreccio amoroso tra i due animi affini e di cui Hawke, come Blaze con i suoi brani, ci fa dono. Le persone non possono essere eterne, ma le canzoni sì. E, forse, anche attraverso un film possono continuare a risuonare e a raccontare di leggende, come quella incandescente di Blaze Foley.

Regia - 4
Sceneggiatura - 5
Fotografia - 4
Recitazione - 4
Sonoro - 5
Emozione - 5

4.5