Il Trono di Spade 8: recensione del finale

La recensione dell'episodio finale de Il Trono di Spade 8, conclusione di una serie che è diventata una pietra miliare nella storia della televisione

Sappiamo con quale sentimento vi siete approcciati al gran finale. Vi siete seduti davanti allo schermo, qualunque schermo abbiate usato per vederlo, e avete ascoltato le note gloriose che Ramin Djawadi aveva composto nel 2011 per accompagnare un progetto ambizioso. Avete canticchiato quella sigla che, in 10 anni, non vi siete mai sognati di saltare una volta perché, in fondo, faceva parte dell’esperienza. Quelle note hanno risuonato per l’ultima volta stanotte quando (alle 3, ora italiana) è andato in onda il finale de Il Trono di Spade.

È un momento epocale, un fenomeno di massa senza precedenti del quale ci siamo tutti sentiti obbligati a prendere parte. Ha dato vita a teorie matte e complicatissime che hanno provato a immaginare un epilogo che fosse degno di questo nome. Ha provocato polemiche infinite, spesso (molto spesso) insulse e futili. Il Trono di Spade è stato l’evento più seguito di sempre, il più chiacchierato, il più amato e il più odiato insieme. Se questa notte o nei giorni a seguire guarderete questo finale – il primo e unico episodio a essere diretto dagli sceneggiatori David Benioff & D. B. Weiss – vi sentirete parte di un evento senza precedenti e che forse sarà molto difficile eguagliare.

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La stagione 8 de Il Trono di Spade è stata la più seguita, ma anche la più criticata. Qualcuno ha anche firmato una petizione per rifarla, questa ottava stagione. Eppure, poco importa che ai fan sia piaciuta o meno: ciò che conta è l’enorme portata di un prodotto che ha segnato un precedente necessario e fondamentale per il piccolo schermo.

Il Trono di Spade cinematographe.it

Attenzione: seguono spoiler dell’ultimo episodio de Il Trono di Spade

Nonostante tutto questo, però, nonostante l’enorme consapevolezza che quello a cui abbiamo assistito sia una pietra miliare nel mondo dell’intrattenimento che non dimenticheremo troppo presto, viene naturale – in maniera umana, molto umana – chiederci se questo finale sia stato in grado di chiudere con dignità quel progetto ambizioso. È una domanda che sicuramente vi sarete già posti e alla quale, con tutta probabilità, avrete già trovato una risposta. Tenetela bene a mente e usatela per ripercorrere nei ricordi quei 73 episodi che, nel corso di 10 anni, hanno raccontato la storia di Jon, Daenerys, Tyrion, Sansa, Arya, Cersei , Jaime e tutta Westeros.

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Nell’ultimo episodio, andato in onda nella notte tra il 19 e il 20 maggio, abbiamo assistito alle conseguenze dell’attacco di Daenerys ad Approdo del re. Tyrion ha camminato per le strade della capitale, osservando i cadaveri dei cittadini e dei suoi fratelli – Cersei e Jaime – schiacciati dalle macerie della Fortezza rossa. La Khaleesi ha aizzato i suoi uomini, un numero sorprendente e totalmente inaspettato di Immacolati e Dothraki, per l’ultima volta prima di essere pugnalata nel cuore dall’amato: un confuso e inutilissimo Jon Snow. Ad Approdo del re si sono riuniti i re (e regine) dei sette Regni per decidere a tavolino il da farsi e, sotto consiglio di Tyrion, Bran lo spezzato è diventato il nuovo leader del Continente Occidentale (tranne Grande Inverno, che sarà indipendente e guidato dalla regina Sansa).

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Nella sua conclusione, l’episodio 6 de Il Trono di Spade, ci ha mostrato Jon condannato a spendere il resto dei suoi giorni alla Barriera (anche se, come abbiamo visto, si sta dirigendo nel profondo Nord alla guida dei Bruti); Sansa è regina, Arya è partita verso Ovest per scoprire cosa ci sia oltre il mondo conosciuto. Daenerys è morta e il suo cadavere è stato portato via da Drogon furioso verso una meta che non ci è data conoscere, ma non prima di aver ridotto in lava colante il Trono del Re folle. Tyrion è Primo cavaliere e siede nel Gran Consiglio di Bran insieme a Brienne, Davos, Bronn e Sam.

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Ognuno ha dato il suo personalissimo addio alla serie e al pubblico (Jon ha persino accarezzato Spettro in una scena che potrebbe essere usata d’ora in poi per definire il termine “fan service”), concludendo in maniera coerente uno show che, diciamolo, da qualche stagione a questa parte aveva perso tutto il coraggio che gli era rimasto. La grandezza narrativa (quella che aveva ben pensato di eliminare dai giochi Sean Bean, unico grande volto noto della serie e protagonista indiscusso della prima stagione) ha lasciato spazio alle volontà del mainstream e si sa: il grande pubblico vuole i draghi.

Il Trono di Spade cinematographe.it

Coloro che avevano iniziato a seguire quel progetto ambizioso nel 2011 hanno dovuto spostarsi un po’ di lato e lasciarsi sovrastare da tutti gli altri, quelli che hanno iniziato a guardare la serie per un immenso e dirompente “sentito dire”. Tutti hanno iniziato a guardare Il Trono di Spade – vecchi e bambini – e si sa, gli hipster hanno ragione: quando qualcosa diventa troppo conosciuta, abbandona l’eccellenza e lascia spazio a decisioni che accontentino più spettatori possibili.

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Questo finale è blando, ordinato, corretto e sbrigativo, proprio come le ultime 4 stagioni della serie. Ci lascia orfani e abbandonati, in balia di coloro che si avventeranno su quella petizione chiedendo che HBO spenda milioni e milioni (e milioni) di dollari per rifare un’intera stagione dello show più seguito del mondo. Eppure in fondo sentite una sensazione di libertà: è finita, ora possiamo dedicarci ad altro. Possiamo procedere oltre ricordandoci che su quel piccolo schermo – lo stesso dove abbiamo visto scorrere rivoli di sangue dal naso e dalla bocca di Daenerys Targaryen – c’è altro oltre ai draghi e ai metalupo.

Guardiamo all’orizzonte come Arya e prepariamoci agli spin-off che HBO ha già iniziato a realizzare perché si sa: questa è Hollywood e se qualcosa sembra funzionare, ci verrà spinta giù per la gola fino a farcela odiare. Godiamoci il momento di pace.

Regia - 4
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4.5
Recitazione - 4
Sonoro - 4.5
Emozione - 4.5

4.1