Noir in Festival 2021 – Hammarvik: recensione dei primi episodi della serie TV svedese

La recensione dei capitoli inaugurali della prima stagione della serie creata dalla regina del giallo scandinavo Camilla Läckberg, presentati in anteprima al 30°Noir in Festival a una manciata di mesi dalla messa in onda su laF.   

Tra le occasioni che ogni anno ci regala il Noir in Festival c’è anche quella di poter vedere in anteprima gli episodi inaugurali di alcune serie televisive prossime al rilascio in Italia. Nelle passate edizioni il pubblico della kermesse lombarda ha avuto la possibilità di vedere con mesi di anticipo rispetto alla messa in onda i pilot o i primi capitoli di serie come The Killing Season, The Fall 3, Cardinal, Maigret, Trapped o Stockholm Requiem. Come quest’ultime anche quella offerta con un piccolo antipasto nella 30esima edizione della manifestazione co-diretta da Marina Fabbri e Giorgio Gosetti arriva diritta dalle terre del Nord, per la precisione dalla Svezia, pronta a debuttare su laF (Sky 135) a maggio. Stiamo parlando di Hammarvik – Amori e altri omicidi, la prima serie televisiva firmata dalla regina del giallo scandinavo Camilla Läckberg.   

L’assaggio dei primi due episodi degli otto complessivi di Hammarvik delude le attese lasciando l’amaro in bocca

Hammarvik - Cinematographe.it

La curiosità alla pari delle aspettative di conseguenza non potevano non essere alte nei confronti di quello che si presenta come il debutto nelle vesti di autrice e showrunner della celebre scrittrice di Fjällbacka, i cui romanzi, dopo il successo planetario (ha venduto oltre 24 milioni di copie in 60 Paesi ed è stata tradotta in 40 lingue, numeri che la rendono oggi la sesta scrittrice più letta in Europa), sono poi diventati i capitoli di una Collection di successo come Omicidi tra i fiordi. Purtroppo al momento non si può parlare con lo stesso entusiasmo di questa nuova esperienza, poiché l’assaggio dei due episodi degli otto complessivi (da 50 minuti ciascuno) che vanno a comporre la prima stagione di Hammarvik (di cui è già stata confermata la seconda) hanno lasciato l’amaro in bocca per quello sarebbe potuto essere, ma non è stato.

Colpi di scena andati a vuoto e cliffhangher deboli non invogliano lo spettatore a proseguire la visione

Hammarvik - Cinematographe.it

Di norma prima di pronunciarci bisognerebbe quantomeno attendere il giro di boa di una serie. Precedenti sul grande schermo ci hanno insegnato che la svolta e il cambio di passo sono sempre dietro l’angolo, pronti a risollevare le sorti e  a dare nuovo slancio alla produzione audiovisiva di turno. Quante volte, infatti, ci sono voluti più episodi del dovuto per ingranare e mandare a pieno regime il motore drammaturgico. Di esempi ce ne sono tanti. Motivo per cui rimandare una valutazione a quando si hanno più elementi in mano per giudicare sarebbe cosa buona e giusta.  Dall’altra parte chi ben comincia e a metà dell’opera e i 100 minuti ai quali abbiamo assistito nel corso del 30° Noir in Festival non lasciano intravedere miglioramenti sostanziali. Hammarvik sembra destinato a restare sotto la soglia della sufficienza, incapace di invertire la rotta a causa di una trama mistery che stenta a decollare. Gli episodi iniziali, i primi colpi di scena e i cliffhangher di quella che con molta generosità hanno ribattezzata “la Big Little Lies svedese” si dimostrano molto deboli, di quelli che non invogliano un potenziale spettatore a proseguire la fruizione.

Hammarvik: la sensazione è quella di un potenziale inespresso, rimasto solo a livello embrionale, destinato a rimanere tale

Hammarvik - Cinematographe.it

Eppure qualcosa nelle indagini dell’agente di polizia Johanna Strand (Disa Östrand) avrebbe un potenziale, ma pare inespresso, rimasto solo a livello embrionale e destinato a rimanere tale. L’intreccio tra passato e presente, che spinge la protagonista a tornare al suo villaggio d’origine per indagare su un cold case che la riporterà indietro a una tragedia irrisolta diciotto anni prima, avrebbe tutte le carte in regola per attirare l’attenzione degli appassionati del crime e delle detective-story. A maggior ragione se ambientati in una terra che nella letteratura di genere e nelle sue trasposizioni audiovisive sulla media e lunga distanza ha fatto e continua a fare scuola.

A non convincere è un plot che mescola senza soluzione di continuità l’elemento noir alla soap opera

Hammarvik - Cinematographe.it

L’Hammarvik del titolo, luogo immaginario la cui topografia è stata ricostruita in un posto sulla costa occidentale svedese che si chiama Vänersborg, fa da cornice alla classica e apparentemente intricata trama poliziesca, in cui si fanno largo anche le vicende sentimentali (una vecchia fiamma che si riaccende per amore adolescenziale), affettive (il presunto suicidio dell’amica del cuore) e familiari (la morte della madre e il rapporto conflittuale con il fratello). Il sorgere di one-lines e di sottotrame incastonate nella spina dorsale del racconto finiscono così per il gettare le basi dell’architettura orizzontale. Insomma tanta carne al fuoco, soprattutto dal punto di vista tematico, con una ricetta che chiama in causa gelosia e avidità, bullismo e violenza domestica. Ingredienti principali che l’autrice con la complicità del quartetto di registi (Tereza Andersson, Peter Lindmark, Andreas Lindergard e Åsa Kalmér) hanno voluto amalgamare in un plot che mescola senza soluzione di continuità l’elemento noir alla soap opera. Un mix che a noi e non solo è rimasto decisamente indigesto. Il tentativo di fare convivere e coesistere i due toni, con relativi modus operandi, non attirava già nella teoria, figuriamoci nella pratica. E quello che abbiamo visto scorrere sul piccolo schermo non ha fatto altro che confermarlo.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 2
Recitazione - 2
Sonoro - 2
Emozione - 2

2.1